Marina Lalli sul turismo: «Dobbiamo promuovere l’Italia come meta sicura»

Sì al piano Colao e alle ipotesi del governo per il rilancio del turismo all’insegna della sicurezza, no ai freni dei burocrati, che devono trasformarsi in semplificatori. Marina Lalli dallo scorso 7 maggio è il nuovo presidente di Federturismo, portavoce dell’intera filiera produttiva con 21 associazioni di categoria che rappresentano strutture alberghiere, tour operator, servizi museali, esercizi funiviari, discoteche e locali di intrattenimento. Aderiscono a Federturismo sette imprese di particolare rilievo, fra cui Trenitalia e Sea Milano, e numerose associazioni territoriali di Confindustria. Presente su tutto il territorio nazionale, la federazione si rapporta con la parte prevalente del comparto e quindi con il suo peso economico nel Pil nazionale.

Ospite del Digital Debate organizzato da Hdrà con il ministro Francesco Boccia sul rilancio del sistema Italia, Marina Lalli fa il punto sul settore nella fase dell’immediato dopo Covid-19 e alla vigilia di una difficilissima stagione estiva.

Pensiamo post Covid-19: come vede la situazione a breve termine?
«È una situazione in divenire. Tutti gli attori del sistema sono consapevoli che i prossimi mesi, soprattutto quelli estivi, passeranno senza lasciare grandi soddisfazioni economiche: nello stesso tempo però c’è la volontà di attraversare questo periodo lavorando perché, anche se qualcuno ha deciso di non riaprire, la maggioranza sa che il turismo non può fermarsi. In questo quadro, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte danno spazio a diverse interpretazioni e modelli di applicazione. Tutti, governo incluso, siamo stati presi alla sprovvista: i tempi di reazione non potevano essere immediati né si poteva capire subito come reagire adeguatamente. Siamo davanti a una situazione completamente nuova. Potremo uscirne grazie alla volontà di ciascuno e, ovviamente, con aiuti governativi che al momento arrivano per coprire le emergenze e non come risolutori della questione globale».

Sicurezza e questione economica sono le due variabili più importanti. Come sta reagendo il settore?
«Deve essere chiaro che se non riusciamo a comunicare all’estero la nostra sicurezza continueremo a essere il Paese più sognato, ma saremo anche quello meno visitato. Dobbiamo quindi promuoverci come meta sicura, che è quello che il visitatore straniero vuole per muoversi da casa: e il desiderio di poter tornare a viaggiare è forte. L’Italia deve giocar bene questa partita: in questi giorni ci stiamo concentrando con i ministeri preposti e a livello europeo stiamo creando un sito in cui ogni Paese deve inserire i parametri di sicurezza, incluso il numero di ricoveri in terapia intensiva. Alcune nazioni hanno iniziato a popolarlo di contenuti, l’Italia non ancora. È necessario rassicurare anche con i prezzi pur se, a livello di logica aziendale, dovrebbero essere quasi raddoppiati per rientrare nei nuovi costi di adattamento. La volontà di gran parte dei nostri associati è proprio quella di mantenere l’offerta ai livelli a cui eravamo abituati perché questo può consentirci anche di mantenere la nostra posizione sul mercato come destinazione finale e allo stesso tempo permetterci di continuare il vitale lavoro di cambiamento generale del settore per una ripresa che, pur se non prevedibile nei prossimi mesi, ci sarà comunque e che dovrà trovarci preparati».

La questione, adesso, è essere prospettici. Comprensibile l’attitudine assistenzialista del governo per le necessità impellenti, ma occorre approfittare del momento per creare una strategia generale che riordini un comparto che prima dell’emergenza dava il 13% del Pil. Secondo lei c’è la possibilità che se ne esca perlomeno più organizzati in termini di struttura e di coordinamento?
«Se i burocrati non si rendono conto che devono diventare semplificatori, noi non possiamo pensare di andare molto lontano: devono cambiare mestiere, come ha affermato anche il ministro Boccia nel Digital Debate. Le sue parole mi lasciano sperare che il grado di consapevolezza sia ormai radicato anche a livello governativo: occorre intervenire in questo atteggiamento mentale a fianco delle misure di sostegno. Prima di tutto, serve un cambio radicale della mentalità del Paese e di chi gestisce la parte amministrativa e burocratica: certo è che, se ogni volta che dobbiamo intervenire su qualcosa di fattivo per il settore siamo costretti a scrivere una nuova legge, i tempi diventano biblici. Noi dobbiamo agire e semplificare le regole che ci sono. Avere la burocrazia imperante frena al tal punto da impedire di dare risposte in tempi ragionevolmente accettabili in qualunque situazione: e davanti a una pandemia questi limiti sono ancora più visibili. Questo è quello che oggi spaventa e frena tutti gli attori del comparto».

Alla fine il cambiamento arriva sempre dalle persone. E lei ne è un esempio, dato che ha accettato un ruolo così importante il 7 maggio 2020, in piena pandemia.
«Io sono una ottimista, ho bisogno di credere ogni volta che siamo al punto di svolta. Sono convinta che le regole possono esserci se ci sono persone che, rendendosi conto che vanno cambiate, decidono di farlo. Per il rinnovo del settore è necessario avere le persone giuste al posto giusto e al momento giusto. Così, ad esempio, la decisione del ministro Franceschini in un precedente governo di rivedere i criteri di nomina dei direttori dei musei è stata una scelta illuminata che ha cambiato il modo di fare museo in Italia e tutti ne abbiamo beneficiato. Esempio di come una scelta giusta, presa da un decisore, possa cambiare lo status quo delle cose. Per questo noi dobbiamo continuare ad essere ottimisti e a spingere il governo a dotarsi di persone competenti nel settore turismo, che possano poter fare la differenza. Per aggiustare ciò che non funziona più abbiamo bisogno di competenza, nel turismo come in ogni ramo pubblico e privato. La consapevolezza parte da noi italiani. Noi imprenditori dobbiamo comunque essere sostenuti dal governo perché in un settore economico come il nostro la parte privata è il motore, deve farsi trovare pronta ed è sufficientemente matura da riuscire a cambiare passo, ma la scelta di svoltare deve arrivare per forza di cose dal governo: deve essere una scelta di sistema nazionale».

Un commento sul rapporto presentato al governo da Colao che, pur se “declassato” a mera consulenza, offre ottimi spunti di riflessione e anche di azione. E pone finalmente il turismo nella posizione che merita.
«Ho molto apprezzato il ruolo centrale riservato al turismo in questo piano di rilancio: è importante perché questa attenzione al nostro mondo non è scontata. Condividiamo le premesse su digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde e inclusione perché sono temi che abbiamo sempre sostenuto. Il ruolo di brand iconico riservato all’Italia del turismo e della cultura ci piace, così come la volontà di parlare di una strategia a medio-lungo termine. Ci piace molto la sburocratizzazione spinta che permea l’intero rapporto, in quanto la burocrazia è il nostro grande male. Abbiamo qualche dubbio sull’ipotesi di fare un nuovo Piano Strategico Territoriale, visto che ne abbiamo uno relativamente nuovo, redatto da questo ministro (sebbene nella sua scorsa legislatura) e quindi potremmo comunque attuare quello. Così come per la promozione siamo d’accordo, ma per la commercializzazione ritengo sia utile lasciare solo in capo alle aziende questa attività e non centralizzarla. Si poteva fare un passo in più, spingendo per un ministero del Turismo».

 



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