Da sempre la bella stagione è il simbolo della rinascita. Della natura ma non solo. Un periodo dell’anno in cui si respira, nell’aria, il desiderio di rinnovarsi, la necessità di rigenerarsi, la voglia di ricominciare. Ed è in questo clima che, da tempi antichissimi, in Basilicata si svolgono i riti arborei. Cerimonie tradizionali che simboleggiano un nuovo inizio materiale e spirituale per la comunità, superato il grigiore e le difficoltà dell’inverno.
Riti arborei, tra rinascita e tradizione
I riti arborei affondano le loro origini in un passato lontano e si svolgono in diverse parti del mondo e d’Italia. È in terra lucana, però, che trovano la loro massima espressione, appuntamenti imperdibili, con l’arrivo della bella stagione, non solo per i locali ma anche per i viaggiatori che vogliono respirare il forte legame del territorio con i suoi antenati.
Si tratta di cerimonie solenni, scandite da rituali ben precisi in un dualismo perfetto tra sacro e profano. L’apice della manifestazione si raggiunge con l’innesto del tronco di un albero nella cima di un altro, a simboleggiare non solo il risveglio della natura ma anche l’auspicio di fecondità e fertilità per gli individui e la comunità intera.
In Basilicata sono otto i comuni che mantengono viva la tradizione dei riti arborei: Accettura, Castelmezzano, Castelsaraceno, Oliveto Lucano, Pietrapertosa, Terranova del Pollino, Rotonda, e Viggianello. Terre di boschi e tradizioni autentiche, in cui vengono fatte rivivere le “nozze” tra piante, spesso con una “cristianizzazione” del culto, visto che il rituale viene fatto coincidere con i festeggiamenti di santi e patroni del paese in cui si svolgono.
Seppur ci siano alcune differenze da una località all’altra, ciò che hanno in comune tra loro è il forte senso di appartenenza e lo spirito identitario che da sempre caratterizzano queste manifestazioni. Con i maggiaioli e i cimaioli che fanno a gara per poter prendere parte al “corteo degli sposi” e guidare, con fierezza, lungo tutto il percorso, la coppia di alberi. Un modo per manifestare il legame indissolubile con la propria terra e la propria storia, in un’atmosfera festosa fatta di balli, canti e condivisione.
Gli otto comuni lucani in cui si svolgono i riti arborei si raggruppano in due aree. La prima è quella del “Maggio”, che comprende la zona del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane. Più nel dettaglio, i paesi di Accettura, Castelmezzano, Oliveto Lucano e Pietrapertosa. Perché sia definita così non è chiaro (il motivo, però, non sembra essere legato al mese in cui si svolge il rito, visto che non è sempre il quinto dell’anno). Sembra possa derivare da maior, maggiore, ad indicare la scelta dell’albero più grande e più alto che viene scelto nel bosco per la cerimonia del matrimonio come “sposo”, oppure potrebbe far riferimento alla dea Maja, divinità che personificava la fertilità della terra, in quanto a lei era dedicata la festa della fecondazione arborea.
I riti del Maggio
Il rito arboreo più famoso nell’area del Maggio è, indubbiamente, quello di Accettura. La cerimonia, conosciuta anche come “matrimonio tra due alberi”, è dedicata a San Giuliano, patrono del paese, e si svolge in un arco di tempo che va dall’Ottava di Pasqua alla domenica del Corpus Domini. L’evento prevede le “nozze” fra un cerro di grandi dimensioni scelto la prima domenica dopo Pasqua nel bosco di Montepiano, e una pianta di agrifoglio scelta la domenica successiva nella foresta di Gallipoli Cognato. Nel giorno di Pentecoste i due futuri “sposi” vengono portati nella piazza del paese in Largo San Vito, accompagnati dai rispettivi schieramenti di maggiaioli e cimaioli, tra canti, balli e degustazioni di vino e prodotti tipici lungo il percorso. Una volta arrivati in Largo San Vito, il tronco e la cima vengono innestati insieme dando vita a un unico albero in un’atmosfera festosa e solenne.
A Castelmezzano, invece, il rito si svolge in concomitanza con i festeggiamenti di Sant’Antonio da Padova, il 12 e 13 settembre. Come da tradizione, nei boschi del Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane vengono individuati i più begli esemplari di tronco di cerro e di cima di agrifoglio. Il primo, simbolo del vigore maschile, viene trasportato in piazza da una coppia di buoi, mentre la seconda, la parte femminile, è trasportata in corteo fra balli e canti. Lungo il tragitto, non mancano le soste per assaggiare le prelibatezze locali come i crosti, dolci tipici fatti con il miele. Una volta celebrata l’unione, il nuovo albero è pronto per essere scalato e per permettere ai più coraggiosi di impossessarsi dei premi posti sulla sua sommità.
Nel comune di Oliveto Lucano il rito arboreo avviene, invece, nel mese di agosto. Solitamente la prima domenica viene scelto e tagliato il tronco, mentre il 10 viene recisa la cima (entrambi scelti fra gli alberi della foresta di Gallipoli Cognato). Come avviene la cerimonia? Scendendo dal Monte Croccia, in località Piano Torcigliano, si tiene il primo incontro fra i “promessi sposi”. Un percorso, quello a piedi, per nulla semplice, tanto che il tronco, anziché essere trasportato da buoi come da tradizione, è portato con un trattore. La cima, più leggera, è invece tenuta in spalla da aitanti giovani del paese che si muovono accompagnati da balli, canti e succulenti banchetti. Una volta che i due protagonisti arrivano in via del Maggio, avviene l’innesto fra gli alberi e la simbolica unione, sotto lo sguardo protettore di San Rocco che benedice i due sposi.
Si chiama U’ Masc’ il rito arboreo che, ogni anno, va in scena a Pietrapertosa la domenica successiva al 13 giugno. Viene celebrato in onore di Sant’Antonio e vede i due alberi, scelti nel bosco di Montepiano e sfrondati qualche giorno prima del “matrimonio”, trasportati di prima mattina lungo il corteo nuziale. Lo “sposo”, portato da coppie di buoi (paricchij). La sposa, invece, dai massari (gualani). Una volta arrivati al Convento di San Francesco il rito, ai piedi del campanile, giunge al termine con la spettacolare unione del tronco alla cima. A conclusione della cerimonia, arriva la grandiosa scalata dell’albero da parte di un maggiaiolo, il quale, aggrappato a una delle corde utilizzate per innalzare il tronco, si arrampica fino alla punta ricolma di premi, muovendosi e ballando a testa in giù.
La Sagra dell’Abete
I quattro comuni restanti – Castelsaraceno, Rotonda, Terranova di Pollino e Viggianello – sono quelli, invece, in cui il rito arboreo prende il nome di “Sagra dell’Abete“. Si trovano nell’area compresa tra il Monte Alpi e le cime del Pollino.
A Castelsaraceno il cerro e l’agrifoglio lasciano il posto a un tronco di faggio e una cima di pino, i cosiddetti ‘ndenna e cunocchia. La manifestazione si svolge nelle prime tre domeniche di giugno, in occasione della festa patronale dedicata a Sant’Antonio. La prima domenica viene scelto e tagliato il faggio più bello fra gli alberi del Parco Nazionale del Pollino (non in un luogo qualsiasi ma in località Favino, ai piedi del monte Alpi). La seconda si identifica la cima, che viene scelta e tagliata sul monte Armizzone. La terza, infine, si svolge la processione che vede incontrarsi i due “sposi” per la prima volta. Il culmine del rito si raggiunge nella piazzetta di Sant’Antonio, dove avviene l’innesto e l’innalzamento del nuovo albero con l’auspicio, per tutti, di una grande rinascita.
A Rotonda, invece, la cerimonia si celebra dall’8 al 13 giugno. La “sposa” e lo “sposo” sono la rocca e l’a’ pitu, un abete e un faggio. I due alberi vengono scelti all’interno del Parco del Pollino, in due località distinte – i boschi di Terranova di Pollino e quelli di località Pedarreto – e poi tagliati e sfrondati. In un clima di festa allietato da balli, canti e buon cibo, le piante vengono portate lungo il percorso in un’atmosfera che unisce la tradizione pagana degli antichi inni legati alla fertilità e all’abbondanza alla spiritualità religiosa legata alla figura di Sant’Antonio. Nelle varie giornate vengono imbandite, in tutto il paese, grandissime tavolate pronte ad accogliere chi compie il rito da tutta una vita e chi, invece, lo fa per la prima volta. Ripiani ricoperti di pasta rigorosamente fatta in casa, insaccati, panetti di Sant’Antonio e vino realizzato con le uve locali provenienti dai vicini vigneti, in alcuni casi, plurisecolari.
Decisamente differente è il rito arboreo di Terranova di Pollino, l’unico, in Basilicata, a non celebrare l’unione fra un tronco e una cima mediante l’innesto. Di alberi, infatti, ne viene tagliato solo uno, il cosiddetto A Pit, vale a dire l’abete più alto e dritto fra quelli presenti nel bosco di Cugno dell’Acero. Una volta identificata la pianta, alcuni uomini provvedono a staccare la cima, poi riattaccata con l’innesto nel giorno della festa di Sant’Antonio, e a trasportarla in spalla o con l’aiuto di buoi fino al paese dove, in occasione della festa patronale del 13 giugno, viene innalzata e scalata dai più coraggiosi. È quello il giorno in cui avviene il “Raduno dei Mastri Pitaioli”, in un clima di festa fatto di balli, danze e canti popolari che risuonano in ogni angolo del paese. Tra fatica e divertimento, con i ragazzi che si arrampicano e le donne che, dalle porte delle loro case, continuano ad offrire cibo.
Ottavo e ultimo comune, ma non per importanza, Viggianello, dove il rito arboreo si ripete, in tre diverse località, per tre volte durante l’anno. Si comincia la prima settimana dopo Pasqua, in contrada Pedali, per continuare nell’ultima settimana di agosto nel centro storico – è quello il periodo della festa patronale dedicata a San Francesco di Paola – e terminare nel secondo fine settimana di settembre in località Zarafa. Protagonisti delle insolite nozze sono un albero di faggio o di cerro, l’a’ pitu, e un abete, la rocca, entrambi provenienti dai boschi del Parco Nazionale del Pollino. Le due piante vengono tagliate e trasportate da buoi in un corteo che si snoda lungo le strade del territorio di Viggianello per poi unirsi fra loro in un clima al tempo stesso goliardico e solenne.
Info: Basilicataturistica.it
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