Yacht, Casinò, Gran Premio, bollicine pregiate: Monaco è icona indiscussa del lusso. Ma non solo: Monaco è anche cultura scientifica, col Museo oceanografico che ebbe come direttore Jacques-Yves Cousteau ed è anche cultura storico-artistica grazie alla secolare dinastia dei Grimaldi.
Ma quello che nessuno si aspettava è che potesse diventare un polo del Rinascimento.
La rinascita del Palazzo dei Principi
Il Palazzo dei Principi – da castello medievale delle origini a dimora ottocentesca, come era nota a tutti – ha cambiato look: dal 2015 ad oggi, sono stati scoperti seicento metri quadrati di affreschi rinascimentali. Dipinti rimasti per cinque secoli nascosti e che hanno avviato una campagna di conservazione-restauro di notevole importanza sia dal punto di vista tecnico-scientifico che storico-artistico.
Una scoperta straordinaria che sta riscrivendo le pagine della Storia dell’arte. Alcuni cantieri del palazzo sono ancora in corso d’opera, ma il percorso è già visitabile.
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Principato di Monaco: innovazione e ambiente
C’è un cocktail di competenze eccezionale dietro questo lavoro: la numerosa squadra di restauratori, ci sono esperti in architettura, geologia, chimica, fotografia, storia dell’arte e infine un comitato scientifico a fornire consigli per gli interventi.
La parola d’ordine del Principe Alberto II dall’inizio dei cantieri è stata la sostenibilità ambientale e il progetto si è trasformato in un cantiere di tecnologie.
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Gli affreschi del Principato
La fase di pulitura avviene con sofisticati sistemi laser cleaning ablation per limitare l’utilizzo di composti chimici, i quali permettono anche di non aggredire gli intonaci e la salute generale della squadra. La reintegrazione pittorica degli spazi mancanti, invece, si basa sulla delicata tecnica a tratteggio. Si utilizzano pigmenti e leganti naturali.
Altro imperativo del Principe è il rispetto della Storia. Per questo le parti importanti che sono state rimosse per far emergere gli affreschi più antichi sono state conservate. E, al contrario, laddove si sia deciso di completare la parte di affresco mancante, esso è stato fatto su pannelli rimovibili, addirittura supporti di alluminio a nido d’ape, gli stessi che sono utilizzati per fare le ali degli aerei.
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Montecarlo: l’inizio della scoperta
“Tutto è avvenuto per caso”, spiega Julia Greiner, restauratrice responsabile tecnica. “Erano in corso i restauri delle facciate esterne, quelle che danno sul Cortile d’Onore, quando alcuni lavoratori, in virtù del fatto che erano anche affreschisti, avendo un occhio ben esperto, si sono accorti che, nella Galleria a fianco al loro posto di lavoro, c’erano volte e lunette con strane ombre. Si trattava di sollevamenti di colore e quello che in gergo tecnico è detto crettatura o in francese ‘craquelure’, cioè particolari linee di fratturazione”.
Intuizioni che presto furono confermate dalle analisi. Con grande meraviglia nella vicina Galleria d’Ercole – che collega il cortile agli appartamenti – e in ulteriori quattro sale interne, sotto ridipinture, rivestimenti o controsoffitti i restauratori hanno scoperto come un palazzo nel palazzo: affreschi del Cinquecento di stile manierista.
Principato di Monaco: la Galleria d’Ercole
Sono in tutto cinquanta metri di galleria nelle cui lunette si rivive l’epopea dell’eroe con le sue dodici fatiche.
Viene da chiedersi come mai proprio Ercole? Secondo la leggenda l’eroe nel tracciare la rotta verso la Grecia, avrebbe spaccato una montagna erigendo la Rocca monegasca e dando vita alla rada che tutt’oggi porta il suo nome, “Porto d’Ercole”.
“Ma oltre al legame che l’eroe greco ha con la fondazione della città e oltre al fatto che Ercole è simbolo di forza fisica e coraggio, quindi, ben si sposa con gli ideali rinascimentali relativi alla figura del principe”, racconta Greiner, “La scelta di questo personaggio ci riporta ad un’altra dimora della casa Grimaldi, Palazzo della Meridiana di Genova, dove ritroviamo proprio Ercole. Questo potrebbe aiutarci a fare luce sul mistero di chi siano gli autori”.
Il mistero degli autori
Per adesso gli studiosi non si sbilanciano su alcun nome, ad eccezione che per le grottesche che decorano le volte a crociera della galleria: “Sono le prime ad essere state scoperte e sono davvero simili a quelle di Villa Doria Centurione a Genova Pegli, realizzate da Nicolosio Granello”, precisa Greiner.
A rafforzare l’ipotesi che l’autore delle grottesche possa essere Granello, ci pensa un documento ritrovato negli archivi, datato 1547, nel quale, senza menzionare a cosa ci si riferisca, si dichiara di aver dato dei compensi a Granello per ringraziarlo dell’ottimo lavoro svolto.
L’autore del ciclo di Ercole è tutto un mistero, ma ciò che è sicuro è la stretta somiglianza con gli affreschi di un altro palazzo genovese: Palazzo Doria “Villa del Principe”, in cui troviamo le pennellate del grande allievo di Raffaello, Perin Del Vaga.
Questo permette di supporre che dietro i capolavori di Monaco ci siano maestri genovesi che hanno tratto ispirazione dalle novità raffaellesche di Del Vaga, un percorso di studi che è stato consolidato dal fondamentale intervento di Lauro Magnani, dell’Università di Genova, che da decenni affronta criticamente questi artisti.
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La camera d’Europa
Restaurando il primo appartamento, sul soffitto ecco riaffiorare un medaglione centrale ritraente il ratto della principessa Europa per opera di Zeus sotto le sembianze di un toro.
Tutto intorno si trovano le grottesche con personaggi metà uomini e metà animali. Con molta probabilità la sala doveva essere una camera da letto per signore. “Ci sono satiri, draghi che evocano un’atmosfera onirica e poi emergono elementi femminili come dei ciondoli, pettini, flaconi di profumo”, spiega Eleonora Cerra, restauratrice responsabile organizzazione équipe e pulitura laser. “Tutti gli affreschi erano nascosti da una decorazione Belle Époque oggi rimossa e conservata”
Come già visto nella Galleria d’Ercole la pittura trasmetteva anche messaggi ai visitatori e con questo affresco si lanciava un messaggio politico: Monaco desiderava crescere in Europa e rivendicava uno statuto sovrano, nonostante i suoi due chilometri quadrati di superficie.
L’ambizione a Monaco non è mai mancata: questa sala evoca il cosiddetto periodo spagnolo e il trattato di Burgos firmato nel 1524 tra Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Spagna e Agostino Grimaldi. Monaco resterà fedele alla Spagna rimanendo un protettorato fino al 1641.
Un fregio per capire i restauri
Sembra quasi un negativo di una fotografia o di guardare un documentario il fregio della Camera d’Europa: “L’affresco con la serie di elementi mitologici polimorfi non si è totalmente conservato, visto che sottostava ad una cornice di legno fissata da chiodi”, racconta Cerra.
“Per questo abbiamo pensato di completare le figure mancanti ma dipingendole in modo che rimanessero distinguibili. Il pubblico potrà quindi apprezzare le parti originali che hanno vari colori e quelle ricostruite che sono tutte rosse, riprendendo la tonalità dello sfondo del fregio. Questa scelta di restauro ha un intento didattico-divulgativo e al contempo rispettoso dello stato di conservazione dell’opera”.
Anticamera verde
Anche l’Anticamera verde è tornata rinascimentale. È stata rimossa la decorazione Belle Époque con boiserie in modo da lasciare il posto ad un fregio, animato da grottesche ed è stato tolto il pavimento di marmo per ricrearne uno nero coi rombi bianchi, tipico genovese.
Ulisse e la sala del trono
Toglie il fiato la Sala del trono. In corso di restauro ci sono i pennacchi con i segni zodiacali, i personaggi che rappresentano i lavori stagionali e le lunette con alcuni episodi della vita di Ulisse. Ma sul soffitto centrale domina il maestoso affresco riportato alla luce nel 2020. L’intervento di Giacomo Montanari, Università di Genova, ha permesso di riconoscere in questa scena – rimasta fraintesa per secoli – un episodio del canto XI dell’Odissea, la Nekyia di Ulisse.
“È un’opera monumentale”, spiega emozionato Christian Gautier, direttore del progetto di conservazione e restauro. “Su questo tema è di sicuro l’affresco più grande al mondo”.
Nei secoli le sovrastanti ridipinture e un restauro del 1862 avevano frainteso la vera scena decifrata solo grazie al ritorno dell’affresco. Infatti, la grande macchia rossa veniva scambiata per un mantello e non per il sangue di montone e di pecora nera, animali sacrificati da Ulisse affinché potesse evocare l’indovino Tiresia dall’aldilà e interrogarlo sulla miglior via di ritorno per Itaca.
L’autore degli affreschi resta un giallo ma l’interpretazione potrebbe essere: “Con Ulisse e il suo desiderio di tornare a Itaca, innanzitutto il principe manifesta il proprio attaccamento alla patria. In secondo luogo, c’è il tema del ricongiungimento con la famiglia. Ulisse nell’Ade incontra sua madre, scoprendo che è morta e non possiamo non pensare al sovrano Onorato I al quale a soli nove mesi assassinarono il padre”, spiega Gautier.
Viene anche in mente un terzo aspetto, Ulisse è l’eroe dalle mille astuzie e il fondatore di Monaco, Francesco Grimaldi, fu soprannominato “il Malizia”, quando nel 1297 conquistò la fortezza travestito da monaco chiedendo ospitalità. Il paragone è istintivo con Ulisse e l’inganno del “cavallo” per oltrepassare le mura di Troia.
L’ex sala di Luigi XIII
In fase di restauro, c’è un ultimo appartamento. È l’ex sala Luigi XIII, in cui un nuovo eroe domina il soffitto. “Si tratta di Bellerofonte, l’eroe che uccide la chimera, doma il cavallo Pegaso, ma diventa simbolo di vanità e orgoglio poiché, compiaciuto delle sue gesta, pensa da mortale di salire sull’Olimpo”, racconta Gautier. “Zeus lo rimette al suo posto, facendolo cadere da cavallo come possiamo osservare nell’affresco”.
Il messaggio è preciso: “Se non rispetti Dio e il principe avrai problemi – continua Gautier – come sempre le pareti rafforzano il tema centrale, qui troviamo dei putti con in mano l’alloro a ricordarci che se rispetti il messaggio del soffitto vivrai in pace e cultura. L’autore della sala è sempre sconosciuto ma i putti ancora una volta ci riportano decisamente a Genova Pegli”.
Le cinque sale tornate rinascimentali non esauriscono il percorso di visita del palazzo che mostra anche tanto altro, come il Salone Blu, il Gabinetto storico o la Galleria dei Principi. Ma permettono di tuffare i turisti in una dimensione inaspettata.
Come conclude Gautier: “In quanti altri posti al mondo si ha la fortuna di scoprire centinaia di metri di affreschi perduti per secoli e conservati così bene? Abbiamo di fronte la responsabilità di un patrimonio immenso”.
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