Arezzo è un gioiello del Rinascimento, di cui è testimone di stile ed eleganza, con un’anima brulicante, quella delle prime domeniche del mese nelle quali le botteghe nascoste di restauro delle vie del centro storico danno vita al mercato dell’antiquariato, ma anche quella delle rievocazioni storiche come la giostra del Saracino, che fanno rivivere le atmosfere medievali. Nel suo DNA la città ha il nerbo di uomini illustri come Guido d’Arezzo, l’ideatore del tetragramma (ovvero il progenitore del pentagramma e della notazione musicale), il pittore e critico d’arte Giorgio Vasari, uno dei padri della letteratura italiana e dell’umanesimo, Francesco Petrarca, e uno degli artisti più illuminati del rinascimento, Piero della Francesca.
Giosuè Carducci disse, non a caso: “basterebbero gli aretini per fare grande l’Italia”. Noi però sul treno del Grand Tour delle donne in Toscana facciamo salire le protagoniste del territorio, che lo rendono grande ogni giorno con piccoli gesti quotidiani e amore per le loro città. Siamo alla quinta tappa del nostro viaggio al femminile in questa terra di accoglienza e lo facciamo questa volta con donne che toccano le corde più intime della città di Arezzo.
Grazia Frappi, rievocatrice storica per passione
Grazia Frappi è una donna raffinata e colta, svolge un lavoro nell’amministrazione pubblica, ma è da sempre mossa dalla passione per le rievocazioni storiche e per Arezzo, al punto da averla fatta diventare una missione della sua vita.
“Ho sempre avuto la passione per gli abiti storici, la storia, le rievocazioni e la storia dell’arte – racconta -. Nella mia città, Arezzo, la manifestazione rievocativa più importante è la giostra del Saracino, che ha però una componente quasi esclusivamente maschile e la presenza femminile è limitatissima e riservata solo a ragazze che fanno vita attiva nel quartiere o sono legate a persone che ricoprono ruoli al suo interno”.
Ma Grazia, donna tenace e appassionata, ha iniziato a studiare il mondo rievocativo aspettando l’occasione giusta per inserirsi in eventi interessanti . “L’occasione è arrivata attraverso una nota costumista veneta, Francesca Serafini, che organizzava delle uscite storiche con gli abiti dell’epoca legate ad eventi culturali o artistici. Così con lei, in occasione di una mostra su Vittorio Matteo Corcos, ho indossato un abito di fine 800. Da allora sono state tante le epoche che ho percorso come rievocatrice multi epoca, dal periodo romano alla metà del 900, escludendo i periodi bellici nei quali non mi sento a mio agio”.
La rievocazione si inizia per curiosità, ma poi ti travolge con il bisogno costante di andare alla ricerca di dettagli e particolari. “Gli abiti si fanno ogni anno sempre più complessi e filologici – spiega Grazia Frappi – e si cerca sempre di trarre spunto da opere d’arte per essere il più vicini possibile alla verità”. Il costo degli abiti può variare molto, dai più semplici e sostenibili abiti di epoca romana fino a quelli più sfarzosi e impegnativi del 700, nei quali a far lievitare il prezzo sono i tessuti pregiati.
“Ma incidono molto anche gli accessori e i gioielli”, aggiunge Grazia. “Per quelli rinascimentali, epoca che prediligo, faccio creare dei monili esclusivi appositamente alla Gioielleria Tharros di Firenze, atelier specializzato nella ricostruzione storica, che ha realizzato anche i gioielli per la serie tv I Medici. La mia fedelissima sarta di Arezzo si chiama Pia Bonarini, ma ne ho tante anche in altre città”. Grazie alla sua passione, Grazia si è esibita in tutta Italia, in particolare in Veneto, Umbria, Marche, Lazio, Liguria e Campania, incontrando rievocatori sia italiani che stranieri. Anche vicino a casa.
“Faccio parte da molti anni della Giostra dell’Archidado di Cortona, dove sono anche stata eletta nel consiglio del quintiere Peccioverardi – racconta -. Ho sfilato al Palio dei Rioni di Castiglion Fiorentino, alla Notte di Baldovino a Monte San Savino, nel Gioco del Pozzo di Montevarchi. Ho avuto il piacere di essere chiamata in giurie di valutazione dei cortei storici come il Bravio delle Botti a Montepulciano (SI) o il Palio dei Ciuchi ad Asciano (SI). Ho collaborato alle due edizioni di Arezzo Back in Time, evento rievocativo multi epoca (periodo romano, medioevo e rinascimento) dove ho seguito l’area dedicata al Rinascimento”.
Da una decina di anni, Grazia Frappi ha dato vita a un piccolo gruppo di “Viaggiatori del tempo”: con loro crea dei “tableau vivant”, ovvero delle ricostruzioni della vita del passato, e si esibisce gratuitamente nei paesi dei dintorni di Arezzo come Foiano della Chiana, Giovi, Laterina: “Partecipo da anni anche al Carnevale di Venezia – racconta – portando spesso personaggi che si ispirano a quadri, come la dama del Liocorno di Raffaello o quest’anno Barbara Pallavicino di Alessandro Araldi. Pur prediligendo il rinascimento, amo molto gli abiti ottocenteschi perché offrono la possibilità di entrare in possesso di alcuni preziosi accessori originali. Tra i più ambiti ci sono le Chatelaine ovvero dei pendenti che le donne portavano attaccati alla gonna con appesi degli oggetti, spesso chiavi o accessori del mestiere. E io vado alla ricerca di queste chicche. Ne ho due originali di fine 800 e inizio 900, una più raffinata e decorata che serviva probabilmente per appendere le chiavi e una da sarta con forbici e un metro estensibile ormai non più funzionante. Ma mi diverto anche con bastoni da passeggio da donna e cappelli, mia altra grande passione”.
Nove donne con le “Mani in pasta”, ristorante di Roberto Lodovichi
Arezzo è una città dalle mille sfaccettature ed è semplice passare dalla rievocazione di antiche epoche alle antiche tradizioni culinarie. Come quella della pasta fatta in casa che si può assaggiare al ristorante Mani in pasta, guidato da ben 9 donne volute dal proprietario Roberto Lodovichi, presidente dell’Unione cuochi toscani, al suo secondo mandato e proprietario di due ristoranti gemelli (9 donne in ciascuno). A mettere le mani in pasta nel locale più centrale, di un’eleganza minimalista nell’arredamento ma molto caldo nell’accoglienza, c’è Paolina, signora con una lunga esperienza, che crea ogni sorta di pasta fresca: “dai pici, ai maremmani, i ravioli toscani ripieni di ricotta e spinaci, alle pappardelle, fino ai testaroli, una sorta di crespelle”.
C’è poi Lucrezia, la capo cucina, che guida un gruppo di ragazze preparate: “In cucina è importante l’armonia – spiega -. I ritmi spesso
serrati la richiedono. Nei periodi di maggiore affluenza è fondamentale che il lavoro di squadra funzioni correttamente. Il piatto forte sono le paste declinate con condimenti di mare o di terra, ma il menù è vario e il nostro lavoro in cucina dipende molto dal target di persone che frequenta il locale. I giovani preferiscono un piatto di pasta a piatti molto elaborati” .
In sala, altre ragazze sorridenti e professionali servono ai tavoli e si muovono intorno all’anima del locale, Sofia, figlia di Roberto, giovane ragazza dotata di un garbo fuori dal comune: “Dopo un’esperienza formativa a Berlino sono ritornata a casa – racconta -. Lavorare in uno staff al femminile è stimolante e piacevole. Sono figlia d’arte, tanto mio padre quanto mia madre lavorano nella ristorazione e per me è stato da subito un mondo molto familiare. Ma la cucina in sé non è il mio campo, io amo stare tra la gente”.
Sofia si muove con sicurezza tra la cassa del ristorante e il banco degli ordini take away: “Siamo innanzitutto un pastifico quindi la gente arriva qui spesso per acquistare la pasta fresca da cucinare a casa. In generale amo molto il contatto con la clientela. Mani in pasta è frequentato da tanti giovani che, piuttosto che andare al fast food, vengono qui per mangiare qualcosa di sano in un ambiente conviviale, ma ci sono anche gli habitué, le persone agé, tutto dipende dai giorni della settimana. E in quelli di maggiore afflusso mi unisco alla brigata delle cameriere di sala!”.
Barbara Lancini e il suo b&b tutto al femminile
In un palazzo risalente al 1200 l’accoglienza è donna. Barbara Lancini è la proprietaria di un b&b dal fascino autentico e dal nome evocativo, Antiche mura, che si ispira ai blocchi delle mura ciclopiche etrusche scoperti durante i lavori di restauro, insieme a una stanzetta etrusca nel sottosuolo visibile attraverso un pavimento trasparente.
“Questa è la nostra casa di famiglia , noi abitavamo al primo piano e al secondo c’erano le mie zie, Pierina e Italia, chiamate da tutti noi le zie anarchiche perché non si sono mai sposate e si sono sempre distinte per lo spirito indipendente, fuori dal comune per due donne classe 1917 e 1920 – racconta Barbara -. Ma per noi sono state due mamme, mi hanno trasmesso la cura per i dettagli. Quando le zie sono morte e ci hanno lasciato in eredità l’appartamento, 16 anni fa, abbiamo deciso di farne un b&b. Allora la ricettività extra alberghiera era la stanza del figlio che partiva per l’università e veniva riadattata senza troppi sforzi. Noi abbiamo invece pensato di ristrutturare tutto personalizzando ogni angolo, lasciando però che si percepisse il calore della nostra famiglia”.
Al piano terra, dove prima c’era la tipografia del padre di Barbara, ora c’è il desk della reception: qui regna incontrastata la cassettiera della tipografia. Le camere sono tutte intitolate a donne, alcune evocano personaggi femminili letterari come Emma Bovary, altre costituiscono la sezione Dive. C’è quella dedicata a Marilyn Monroe, oppure a Audrey Hepburn:“Mia madre regala il suo tocco personale alle camere delle nostre ospiti – racconta l’albergatrice -. Da 16 anni, ad esempio, realizza all’uncinetto dei fiorellini che poi dona come ricordo a ogni cliente: questo è il valore dei dettagli. Siamo ai piedi della cattedrale di Arezzo: piazza San Francesco è stato il salone di casa mia, il mio giardino. Arezzo è intima e ti ci senti a casa, e anche gli ospiti stranieri si sentono a casa loro”.
Ma c’è un tipo di clientela particolarmente a suo agio: “Qui arrivano tante donne e ciascuna porta il suo mondo valoriale con sé, soprattutto quelle che viaggiano da sole. La parte più massiccia la fanno le signore di più di 60 anni che vengono a studiare italiano e rimangono almeno 15 giorni. Loro vengono per imparare anche la cultura del posto e la lingua ma fare anche esperienze sensoriali, compreso imparare a fare la pasta in casa. Ma sono tante anche le ragazze giovani che cercano ospitalità per motivi di lavoro. Il fatto che noi abitiamo nel palazzo le fa sentire al sicuro e parte di una famiglia”.
Oggi, Barbara Lancini ammette con soddisfazione: “Ho fatto più amicizia con questo lavoro che nel resto della mia vita. Ogni volta che conosco un cliente mi sembra di viaggiare. Sono legatissima da 12 anni a una donna neozelandese, che ogni volta che viene ripercorre le tappe che un po’ di tempo fa aveva percorso la sua mamma, che aveva insegnato inglese a Perugia. Sin dal suo primo viaggio, appena dopo la morte di sua madre, porta un quaderno con tutti i suoi appunti e persino fiori secchi da lei raccolti”.
Vivendo nella stessa struttura ricettiva, infatti, Barbara riesce a scandire tutti i momenti delle giornate degli ospiti e condividere tutto, anche le ricette delle zie: “Quando abbiamo iniziato non c’era internet, ma abbiamo avuto la fortuna di avere ospite un giornalista inglese arrivato per caso, appena dopo l’apertura. Il suo articolo sul nostro b&b uscito in tutti i paesi anglosassoni ne ha determinato la fortuna, e ora è immortalato in una cornice all’ingresso. Ma qui ognuno ci lascia un’eredità. Spesso mi lasciano un libro, perché, dicono, non entri più in valigia. Ma so che, in realtà, significa “tornerò a riprenderlo”!”.
Elisa Alunno e la nuova frontiera dell’oro
Elisa Alunno guida un’azienda storica di famiglia legata all’oro, Alunno e Marcantoni. Le botteghe orafe, che prima popolavano le vie del centro di Arezzo, hanno chiuso in buona parte i battenti. Ora la città si è trasformata piuttosto in un polo produttivo. Siamo andati nel quartiere dove tutte le piccole e medie aziende si sono installate e stanno facendo rete.
La crisi dell’artigianato e del mercato dell’oro ad Arezzo ha indotto la giovane proprietaria di una media impresa familiare da sempre dedita alla lavorazione di questo metallo a cambiare processo di produzione: “Dallo stampato inscatolato ci siamo concentrati sull’elettroformatura – spiega Elisa -. ll procedimento chimico è l’elettrolisi, che consiste nell’immergere l’oro in sali di cianuro. L’oro viene sciolto in bagni galvanici e si deposita in una matrice precedentemente realizzata. Con questo procedimento si ha la possibilità di creare forme tridimensionali e gioielli più grandi dello stampato. Il peso riesce ad essere più contenuto, con un impatto migliore sul mercato. Le forme e le dimensioni vengono adattate a seconda del cliente. Ci siamo dovuti rivolgere prevalentemente all’esportazione per le contingenze del mercato, ma vendiamo anche attraverso i social e il catalogo e personalizziamo i gioielli su richiesta. Abbiamo anche declinazioni di argento ma non è la nostra produzione principale, così come una piccola linea di bigiotteria”.
Alla domanda di quanto il fatto di essere nata e cresciuta nella terra dell’oro abbia influito sulla sua scelta di dedicarsi a questo campo, Elisa risponde: “L’esempio di famiglia è stato importate. Mia madre è sempre stata presente in azienda ed è stata sempre appassionata di arte, passione che mi ha trasmesso. Ho seguito altri studi, mi sono occupata molto di comunicazione, ho lavorato con le lingue, ma poi ho deciso di occuparmi dell’azienda di famiglia e di mettere in pratica ciò che avevo imparato fuori. Di aziende piccole come questa con grande potenziale ce ne sono tante ad Arezzo e portano numeri e potenzialità, riconducono al made in Italy. Esiste un’etica a livello di polo produttivo che andrebbe valorizzata. Ci sono tante aziende con alta componente femminile e cerchiamo di creare sinergie. Abbiamo appena concluso un progetto di associazione temporanea di impresa chiamata Precious Network: ciò che non viene prodotto qui viene reperito da chi lo fa, noi per esempio ci appoggiamo ad un vicino laboratorio dedicato agli smalti, gestito due ragazze che hanno un approccio molto più artistico di noi e che finiscono il prodotto in modo esemplare. La produzione, ancorché più industriale, si conclude sempre con un processo creativo, come quello per esempio della smaltatura”.
Il futuro? Riappropriarci – un po’ contro tendenza – del mercato italiano e anche per questo abbiamo aderito ad un progetto che si chiama Vivi Oro, un brand collettivo nato nel nostro polo produttivo perché insieme a Vicenza e Valenza, Arezzo è il terzo della produzione nazionale, e noi dobbiamo continuare a valorizzarlo attraverso la cooperazione.
Scopri di più: toscanapromozione.it – discoverarezzo.com – visitTuscany.com
Guarda anche: Grand Tour delle donne in Toscana, lo speciale
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