Leila Alaoui, nata nel 1982 a Parigi da una famiglia marocchina, non era solo una fotografa. Con i suoi scatti cercava di documentare l’umanità in tutti i suoi molteplici volti e in tutte le sue identità. I suoi lavori erano un lavoro di testimonianza della dignità umana attraverso l’arte e un’estetica indipendente.
È morta nel 2016 in seguito a un attentato terroristico a Ouagadougou, mentre lavorava per una commissione di Amnesty International sui diritti delle donne. Il suo impegno umanitario è diventato la sua eredità, raccolta dalla Fondazione Leila Alaoui che oggi in collaborazione con Galleria Continua ha portato al Fondaco dei Tedeschi di Venezia la mostra Leila Alaoui – Storie invisibili.
L’esposizione, aperta fino al 27 novembre in occasione della Biennale d’Arte di Venezia, è divisa in due parti: Les Marocains e Crossings.
La prima è una serie di gigantografie (alcune delle quali inedite) che dipingono ritratto corale del Marocco e dei suoi abitanti e che scavano nelle origini dell’artista stessa. Crossing, invece, racconta il viaggio intrapreso dai migranti subsahariani per raggiungere il Marocco e le coste dell’Europa attraverso un mix di immagini e video che incorpora frammenti di realtà e immagini fittizie con effetti sonori derivati dalla registrazione di narrazioni vere.
Una “doppia” esposizione che è un vero e proprio viaggio esperienziale, inaspettato e sorprendente.
L’ingresso è gratuito. Tutti i dettagli sul sito del Fondaco dei Tedeschi di Venezia
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