Andremo a sciare quest’inverno? (E se sì, come?)

Ottobre è il mese in cui la gente pensa di più allo sci. Lo dicono le statistiche: in ottobre, ai primi freddi, negli appassionati scatta l’ormone della neve e si comincia ad acquistare l’attrezzatura nuova, si prenota per Natale se non addirittura per il weekend dell’Immacolata, si fanno i piani per l’inverno con gli amici e si guardano le prime gare di Coppa del Mondo in TV.

Anche lo sci e le vacanze invernali hanno la loro parte in questo ottobre di follia. La capienza delle funivie è diventata argomento di discussione popolare quanto quella sulle metropolitane. Pare che la foto scattata lo scorso weekend a Cervinia, con una lunghissima coda davanti alla biglietteria abbia costretto il Governo ad aggiungere nell’ultimo Dpcm norme restrittive – peraltro poi attenuate – alle attività sulla neve fino al 24 novembre, cioè prima dell’apertura ufficiale della stagione sciistica. Oggi, nonostante la prima ipotesi di fermo totale (tranne che per gli atleti), le località sciistiche di sci estivo possono aprire solo con un protocollo adeguato.

Ma oltre alla contingenza attuale, le domande che ci facciamo sono di più lungo orizzonte: avremo la possibilità di andare in montagna, se non a Natale, almeno prima delle fine della stagione? O l’evolversi della situazione ci costringerà a cancellare ogni ambizione di sciare?

Per ora non c’è alcuna certezza sull’apertura ufficiale della stagione, e non trovando alcuna conferma, si reagisce in maniera incontrollata al panico. Nello scorso weekend, ad esempio, si è verificata una valanga di disdette a prenotazioni alberghiere per Capodanno effettuate solo pochi giorni prima. L’ansia è giustificabile ma quantomeno prematura.

«Per noi aprire è fondamentale, se chiudessimo lo sci, potrebbero chiudere di conseguenza anche alberghi, strutture ricettive, rifugi e ristoranti. In inverno, tutta l’economia delle Alpi gira attorno agli impianti di risalita», dice Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef, l’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari. «La nostra intenzione è quella di garantire l’apertura di tutte o quasi tutte le piste sui nostri comprensori. Nel peggiore dei casi non apriremo una di due piste che corrono parallele o un collegamento secondario. Il problema ovviamente non è battere le piste ma prepararle, sparando neve programmata anche un mese prima dell’apertura della stagione. Sono tutti costi che gli impiantisti coprono al buio». Va da sè infatti che in una stagione dove si attende sulla neve solo il 30% degli sciatori presenti lo scorso anno, gli impianti di risalita avrebbero più di qualche difficoltà a sostenere il 100% dei costi di gestione. Non è escluso che qualche comprensorio minore decida di rimanere chiuso e probabilmente anche alcuni alberghi non apriranno, non potendo coprire i costi per tutta la stagione, altri apriranno invece solo al termine della pandemia. È facile immaginare del resto che molti sciatori possano preferire i soggiorni in appartamento a quelli negli hotel, proprio per vivere la vacanza con maggior tranquillità e distanza da eventuali contagi.

Nell’attesa della stagione l’Anef ha stilato già da mesi un protocollo ancora da approvare dal CTS, il Comitato Tecnico Scientifico, con una serie di proposte per garantire la massima sicurezza per chi scia.

COME SCIEREMO
Per evitare le code alle biglietterie degli skipass
la soluzione ipotizzata dalle stazioni sciistiche è quella di incentivare l’acquisto online il giorno prima, con la possibilità di caricarlo su una card o di consegnarlo a casa o in albergo. Anche per la gestione delle code agli impianti i più grandi comprensori sciistici hanno attivato un sistema simile a quello che avevamo di alcuni supermercati: mentre si sta ancora facendo colazione in albergo, lo sciatore può prenotare il proprio posto sull’impianto di risalita grazie ad una app che gli dice esattamente a che ora arrivare e, nel caso non si voglia essere connessi, al parcheggio gli addetti agli impianti distribuiranno un numero di prenotazione.

Per quanto riguarda l’affollamento dentro gli impianti di risalita chiusi (una condizione che si verifica di norma solo il mattino presto nei pochi giorni di altissima stagione) l’ipotesi dell’Anef è quella di ridurre del 20% la capienza solo sulle funivie. Anche nel caso in cui il Governo obblighi a ridurre la capienza del 50%, non ci saranno problemi di coda: si allungheranno di poco (o per nulla) dato il minor numerio di sciatori presenti. Distanziamento e sanificazione degli impianti saranno la norma.

Anche la prenotazione online degli sci da noleggio verrà incentivata per ridurre l’interazione all’interno del negozio (che verrebbe limitata al momento di provare gli scarponi) e verrà forse anche limitato il numero di iscritti alle lezioni di sci collettive. Per quello che riguarda le mascherine, c’è chi ipotizza che possa bastare lo scaldacollo su naso e bocca, e c’è già chi ha pensato a un modello di scaldacollo con una tasca frontale dove eventualmente infilare la mascherina, opzione più semplice da gestire sotto al casco da sci.

Nei rifugi sulle piste, infine, le cui superfici saranno ridotte per posizionare i tavoli con il corretto distanziamento, il numero dei coperti sarà limitato e verranno fatti due turni dove la prenotazione sarà d’obbligo. Al banco del rifugio saranno mantenute le indicazioni date per i bar e i ristoranti «di città». Niente «apres-ski» come lo abbiamo sempre conosciuto, ma il panorama della montagna basterà. Almeno a chi la ama tanto.

Foto: Adobe.stock



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