Tra vigne e cantine: ecco come cambia l’enoturismo in tempi di Covid

Il futuro del turismo italiano passa (anche) da una vigna. Già prima della pandemia, l’enoturismo registrava, nel 2019, una crescita del giro d’affari pari al 45% (fonte: Rapporto sul turismo enogastronomico), con un allargamento del pubblico interessato a degustazioni e visite in cantina (in forte aumento i giovani). Ora il segmento ha subìto una battuta d’arresto, come tutto il settore, naturalmente. Ma tra i filari c’è maggiore ottimismo rispetto alle prospettive non certo rosee dell’intero mondo Travel.

Perché il turismo del vino ha tutte le caratteristiche del nuovo modo di viaggiare, in tempi di Covid: soggiorni in Italia, spesso a pochi chilometri da casa, periodi brevi con frammentazione delle ferie in long weekend, maggior contatto con la natura e tante esperienze open air. Tutti requisiti che hanno portato Roberta Garibaldi, autrice del Rapporto, a concludere che “le aree rurali hanno una marcia in più, oltre al food in senso stretto: luoghi di grande fascino come vigneti ed uliveti potranno essere valorizzati e divenire location oper air per degustazioni, per attività sportive quali trekking, nordic walking, mountain bike, yoga o attività artistiche”.

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Potenzialità e previsioni di cui abbiamo chiesto conferma a Gianni Maccari, responsabile aziendale Società Agricola Ridolfi Srl, da poco premiata da The Wine Hunter: il Brunello di Montalcino 2015 “Donna Rebecca” di Ridolfi è stato inserito tra i 100 migliori vini della classifica.

Due le tenute dove l’azienda dà vita ai suoi “Nobili rossi di Toscana”: Tenuta Ridolfi a Montalcino, lungo la celebre Strada del Brunello, e Tenuta Rocchetto, nel Chianti Docg. Due territori che hanno visto nascere tra i primi in Italia il fenomeno dell’enoturismo, ormai qualche decennio fa.

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Ma cosa ha cambiato la pandemia Covid-19? Un primo impatto ha, naturalmente, investito la produzione e la vendita di vini. “Sul versante della commercializzazione, essendo il nostro un tipo di prodotto che si riferisce soprattutto ai canali horeca (ristoranti, enoteche, bar) il rallentamento c’è stato, legato soprattutto alla chiusura degli esercizi imposta dal lockdown”, spiega Maccari.

Ma il secondo effetto è stato la diminuzione delle visite in cantina: “È cambiato il flusso ed è maggiormente problematico ospitare turisti in cantina, causa protocolli Covid. Diciamo che per ora è cambiato anche il mix dei visitatori: ci sono ovviamente più italiani e meno stranieri, ribaltando le proporzioni pre-Covid”.

Una complicata fase di transizione in cui, però, si rileva una nota positiva: “Una novità è rappresentata dal pubblico più giovane, un buon segnale che significa l’avvicinamento al nostro mondo di un segmento importante in prospettiva futura”, prosegue Maccari.

Altra chiave interessante per un rilancio dell’enoturismo è l’avere a disposizione ampi spazi tra i filari e i campi delle tenute: “Concordo con le previsioni fatte da Roberta Garibaldi. Vanno valorizzate queste visite con degustazione all’aria aperta per far apprezzare ancora di più i nostri vigneti e il nostro lavoro. È sempre più vincente la strategia di far vivere un’experience che coinvolga direttamente il turista, facendolo immergere non solo nella realtà della cantina e dell’azienda ma in quella dell’intero territorio dove si produce il vino”.

Una delle strade che si possono percorrere è quella digitale, offrendo anche esperienze virtuali legate al mondo del vino: corsi e degustazioni online, visite da remoto alle cantine…
“Sì a degustazioni e ai corsi online che ormai sono un nuovo modo di avvicinare e fidelizzare il consumatore. No, invece, alle visite virtuali. Nulla può sostituire l’esperienza diretta, la magia che si crea quando si può raccontare ed assaporare di persona come nasce, matura e si evolve un grande vino. In questo senso il racconto va fatto tra i filari e le bottiglie, dove si può trasmettere con più calore la competenza, la storia, la filosofia e la passione di chi produce”.

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