Germania: da Ovest a Est, un tour tutto di musica

Alla morte del padre Leopold, nel 1787, Wolfgang Amadeus Mozart prese i fogli su cui Leopold aveva scritto la sua musica. E li portò a riciclare. Non fu un gesto di precoce ecologismo, ma di ostentata indifferenza se non di acida rivalsa, come dimostrò il fatto che, nei giorni seguenti, mentre sua sorella Nannerl piangeva la morte del papà, lui organizzava una processione funebre per il suo storno. È uno degli aneddoti che riemergono attraversando le sale del nuovo museo multimediale da poco aperto ad Augsburg, Augusta, in Baviera (Germania), su Leopold Mozart.

Come raccontiamo nella guida della città, l’ex Mozart Haus, il piccolo museo che prima ruotava attorno alla figura dell’irriverente e geniale compositore di Salisburgo, è stata ora convertita in una moderna istituzione interattiva,  Leopold-Mozart-Haus, dove si racconta invece la storia, meno conosciuta, di Leopold, che ad Augusta era nato (nel 1719), che qui aveva frequentato il collegio dei gesuiti di St. Salvator (oggi la bellissima piccola sala dorata rococò, la Kleiner Goldener Saal, accoglie concerti) e che qui conservava amici e legami.

Street art nel tunnel della Frölichstraße, ad Augsburg-Augusta. Foto di Valeria Palumbo.

Il piccolo museo si presta come punto di partenza per un itinerario, tutto musicale, alla scoperta della Germania. L’idea nasce da quattro dati di fatto: primo, la Germania ha una rete unica al mondo di musei musicali, Musikermuseen.
Due: benché sia uno dei Paesi più ricchi di storia al mondo e benché vantasse, fino alla Seconda guerra mondiale, alcune delle città più belle, a cominciare da Dresda, i bombardamenti a tappeto (in un conflitto scatenato, non va dimenticato, dal regime nazista), l’hanno sfigurata e oggi, nonostante le ricostruzioni e restauri, che ancora continuano, molti luoghi storici sono segnati soltanto da targhe e lapidi.
Tre: la lingua, benché alla base della cultura e della letteratura europea, è ostica per i più. Soprattutto per noi “latini”.
Quattro: da Bach a Wagner, passando per Beethoven, Mendelssohn, Brahms, Liszt, Schumann, Schubert, e un discreto numero di ottime compositrici, come Fanny Hensel Mendelsohn e Clara Wieck Schumann, solo per citare alcuni nomi, vanta un gran numero di giganti della musica classica.

Dunque, farsi guidare dalle note è forse il modo più incantato e incantevole per fare un itinerario in Germania. Visto che permette, al tempo stesso, di goderne i tesori artistici. Ma anche le insuperabili conquiste della modernità: dai musei ultramoderni, alle città accessibili e pedonalizzate, dall’attenzione a parchi, giardini e acque, all’amore per lo spettacolo.

Cominciare da Mozart significa anche ricordare che la musica non ha confini: Leopold era di Augusta. Qui aveva vissuto la sua famiglia, come ricorda la targa per suo nonno Franz, maestro carpentiere arrivato da fuori e accolto nella Fuggerei, ovvero il complesso di case popolari creato 500 anni fa dal banchiere Jacob Fugger, imprenditore senza confini, la cui famiglia gestisce ancora il villaggio. Ma Wolfgang nacque a Salisburgo (che però allora faceva parte della regione bavarese), come sua sorella Nannerl, anche lei musicista, e viaggiò tutta la vita.

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A Ulm, sulle rive del Danubio

Per chi parta in auto dall’Italia (ma per questo itinerario è ideale anche il treno), una prima sosta, poco lontano da Augusta, può essere fatta a Ulm. Non solo per la bellezza di questa città sul Danubio, con il suo antico quartiere dei pescatori, il Fischerviertel, oggi perfettamente restaurato e fitto di caffè, ristoranti, negozi creativi e piccoli hotel (come Schiefes Haus, in una casa sull’acqua del 1406). Ma anche perché il suo duomo (Münsterplatz 1) ospita molti concerti ed accoglie un magnifico organo. Fra l’altro è la città natale di Albert Einstein che non a caso amava la musica e suonava il violino.

Ulm, Fischerviertel, l’ex quartiere dei pescatori. Foto di Valeria Palumbo.

Ad Augusta, sulle orme di Mozart

Da Ulm ad Augusta il percorso è breve ( poco più di 80 chilometri). Ma il paesaggio cambia: dal Danubio si passa al Lech ( i fiumi segnano la storia delle città tedesche). Ma anche Augusta è una città d’acqua e il suo antico sistema di canali e fontane è tutelato dal 2019 dall’Unesco. Purtroppo la guerra ha distrutto l’organo e gran parte dell’antica Barfüßerkirche. Ma se nessuno può più toccare i tasti su cui si esibirono Wolfgang Mozart nel 1777 e il medico Albert Schweitzer nel 1929, tutti possono godere dell’attuale programma di concerti.

A Monaco, capitale della Baviera

Da Augusta a Monaco di Baviera il passo è ancora più breve. Resta solo una targa della casa in cui Mozart visse tra 1780 e 1781, dove compose l’Idomeneo. L’opera debuttò al Residenzteather, pesantemente rimaneggiato dopo la guerra ma ancora oggi al centro della vita culturale della vivace capitale bavarese. Monaco è oggi anche un centro importante per la valorizzazione delle compositrici. Vi ha sede per esempio l’associazione Musica Femina.

A Norimberga, tra musica e storia

Altra tappa breve ma necessaria a Norimberga, città imperdibile sia per il aspetto (ricostruito) medievale e turrito, sia per i musei sul nazismo e la guerra. Ma anche perché ospitò davvero nel Cinquecento quei Maestri cantori, Meistersinger, che hanno ispirato l’omonima opera di Richard Wagner del 1862-1867, molto legata alle sue (pericolose, va detto, e razziste) idee sulla “sacra Arte tedesca”. L’opera, I maestri cantori di Norimberga, fu però eseguita per la prima volta al Nationaltheater di Monaco, distrutto da un bombardamento nel 1943 e ricostruito identico.

A Norimberga lo Staatsthater ha dovuto molto ridimensionare per l’emergenza Covid il suo programma ma il solo edificio dell’Opernhaus vale una visita. E soprattutto, Tribunale a parte (funziona ancora ma è pure un bellissimo Museo sul Processo di Norimberga del 1946 e i successivi), Norimberga merita una sosta per la tribuna Zeppelin, da cui Hitler teneva i suoi discorsi, e per un museo sul nazismo tanto importante e innovativo quanto dal nome difficile: Dokumentationszentrum Reichsparteitagsgelände.

A Bayreuth, il “tempio” di Richard Wagner

Il nome di Wagner conduce da Norimberga a Bayreuth. La bella cittadina è il “tempio” di Richard Wagner. Ma sta cercando di emanciparsi e punta su altri gioielli, in particolare la musica Tardobarocca e Franz Liszt. Il motivo non è soltanto legato alla sospensione del celeberrimo festival wagneriano, sia per l’emergenza sanitaria sia per la malattia della direttrice, la regista Katharina Wagner, pronipote del compositore.

Ma perché la stessa Bayreuth ha voglia di svincolare il suo nome da un nume-padrone sempre più scomodo: per compensare il feroce antisemitismo di Richard e Cosima Wagner e le compromissioni degli eredi col nazismo, per esempio, è stata allestita una mostra permanente, davanti alla grandiosa Festspielhaus, che racconta la storia degli artisti ebrei che hanno avuto a che fare con Bayreuth ma sono stati anche perseguitati o costretti alla fuga durante il Terzo Reich. Fra l’altro vale senz’altro una visita.

In ogni caso la meta principale di Bayreuth resta la casa di Wagner, sulla Richard-Wagner-Strasse 48, a fianco della quale sorge un museo degli allestimenti operistici e nel cui giardino si trova la tomba del compositore. La villa Wahnfried vale una visita non soltanto perché conserva cimeli waghneriani di ogni genere, ma perché organizza importanti concerti.

Lo stesso vale per una storica casa di pianoforti, Steingraeber, ancora gestita dai discendenti del fondatore, che accolgono i visitatori con una gentilezza e uno stile d’altri tempi. A parte visitare l’edificio, bellissimo, e scoprire i preziosi strumenti e reperti conservati nel museo, per tutto l’anno si può assistere a concerti che esplorano anche la musica contemporanea ed elettronica. Spicca, nella sala, il Gran Piano di Liszt, che preferiva su tutti gli strumenti proprio gli Steigraeber. Nel museo è conservata anche la maschera funebre del bellissimo pianista compositore che trovò in Eduard Steingraeber, già dal 1846 il suo collaboratore ideale.

A pochi passi dalla casa di pianoforti, da non perdere l’Hofgarten, il giardino di corte, e il Neues Schloss, la residenza costruita nel 1753 per il margravio Friedrich von Brandenburg-Bayreuth. Federico fu un vero mecenate (mentre sua moglie Gugliemina di Prussia, pur colta, era la mente politica oltre che consigliera del fratello, Federico il Grande): fondò l’Accademia di Belle Arti e il nuovo teatro di corte di Bayreuth.

Oggi il Teatro dell’opera dei margravi è protetto dall’Unesco e ospita un interessante museo. Benché l’aspetto di Bayreuth possa far pensare all’inizio a una città fin troppo seria, scoprirete presto che la passione per il jazz, l’ironia delle piccole statue di Wagner sparse ovunque (e che raccontano anche gli aspetti meno piacevoli della vita e della personalità del compositore), le birrerie e i negozi di oggetti curiosi vi restituiranno alla fine un’immagine più gaudente. Anche se il momento migliore è dal pomeriggio: nei mattini di festa vi potrà capitare di passeggiare da soli.

A Zwickau, la città di Schumann

Lasciata Bayreuth per puntare verso Est, non trascurate una sosta a Zwickau: è la città natale di Robert Schumann e la sua casa è stata trasformata in museo. In più, per cambiare “musica”, non perdetevi l’August Horch Museum Zwickau, sulla Audistraße 7: in città aveva sede la fabbrica delle mitiche Trabant della Ddr. Oggi le automobilette dai colori improbabili, ma anche bellissime auto di inizio Novecento, fanno bella mostra nel museo. Un inciso: tornando in Italia, se il tema auto vi ha appassionato, non perdete a Bad Walsee, l’Erwin Hymer Museum, in Robert-Bosch-Straße 7: l’edificio, che sembra un’astronave rettangolare ospita un singolare e ricchissimo museo delle vacanze in campeggio.

Dresda, la città barocca ricostruita

Dresda è un colpo d’occhio, un capolavoro barocco disteso lungo l’Elba. E forse, nella sua bellezza, è ancora più struggente per la scelta di ricostruirla lasciando le pietre originali annerite dal fuoco, dopo i bombardamenti e gli incendi che la rasero al suolo verso la fine della Seconda guerra mondiale. Sotto la Ddr non è stato fatto molto: uscendo dalla stazione, subito dopo la Riunificazione tedesca del 1990, ci si trovava ancora circondati da una sorta di deserto urbano. Le pietre dell’oggi ricostruita Frauenkirche erano stese a terra, numerate, una accanto all’altro.

Il lavoro non è ancora finito: tra la cattedrale cattolica della Santissima Trinità, la Katholische Hofkirche, e il ponte di Augusto si allineano ancora le pietre per i futuri lavori. Ma la città ha ritrovato la sua vivacità culturale e, soprattutto, si sta rivelando con i suoi ampi spazi verdi lungo gli argini del fiume, una capitale ecologica. Dresda è letteralmente divisa in due dall’Elba: a Sud il centro storico monumentale con quell’incredibile Semperoper, l’edificio che serve da teatro dell’Opera e da auditorium, lo Zwinger, corte rococò oggi sede di preziosi musei, il castello e una pinacoteca di arte moderna e contemporanea con pochi paragoni al mondo, l’Albertinum.

Per inciso: la pinacoteca dei maestri più antichi, la Gemäldegalerie Alte Meister conserva capolavori come la Ragazza con la lettera di Vermeer che da soli valgono il viaggio. La particolarità di Dresda, però, è di offrire al visitatore quasi tre città in una: il centro storico rococò, i quartieri sempre più vivaci (soprattutto di sera) dall’altra parte dell’Elba, della Neustadt, e le zone verdissime verso Loschwitz. Quest’ultimo era un tempo un quartiere di vignaioli in cui si rifugiavano intellettuali e artisti. Oggi, restaurato, con le sue piccole case cinquecentesche, è un gioiellino. E qui, lungo la Friedrich Wieck Strasse (che più che una strada è una piazza con delle appendici nei vicoli), sorge la casa del papà di Clara Schumann, Friedrich Wieck, appunto.

Nel 1817 Wieck aveva fondato una fabbrica di pianoforti a Lipsia e divenne un maestro sia nel suonare lo strumento principe del Romanticismo, sia nell’insegnarlo. Le sue più celebri allieve furono appunto le figlie Clara e Marie, che non raggiunse però l’abilità e la fama della sorellastra. Suo allievo, prima di rovinarsi la mano, fu anche Robert Schumann. Wieck si oppose con tutte le sue forze all’amore fra Clara e Robert che si sposarono contro la sua volontà. Le sue paure che Schumann avrebbe soffocato il talento della figlia non erano affatto infondate. In realtà contro Clara giocarono ancor più i pregiudizi nei confronti delle compositrici, che ancora non sono scomparsi.

La casetta gialla di Wieck, che morì a Dresda nel 1873, non si può visitare. Ma il quartiere vale la visita. Magari si può terminare con una fetta di torta dello storico caffè-pasticceria Wippler: dei suoi dolcetti di marzapane era ghiotto il compositore Carl Maria von Weber. E ancora oggi le sette “diaboliche” praline spirate alla sua Opera, Der Freischütz, Il franco cacciatore, composta tra 1817 e 1821, si chiamano Webers Freikugeln.

Dresda, l’ex quartiere dei vignaioli, Loschwitz. Foto di Carlo Rotondo.

Lipsia, nel regno di Bach

La storia d’amore tra Clara e Robert Schumann ebbe come sfondo la più interessante, dopo Berlino, delle città della ex Ddr: Lipsia. Non monumentale come Dresda, non bella come Weimar, ancora internazionale come Berlino, Lipsia o Leipzig è però una sorpresa. E una meta immancabile per gli appassionati di musica di tutte le epoche.

Prima di tutto è la città in cui operò Johann Sebastian Bach. La canonica in cui visse è stata incredibilmente distrutta a inizio Novecento, ma la chiesa di St. Thomas, centro della sua attività, è ancora il cuore delle sue celebrazioni e il luogo in cui convergono appassionati e curiosi. La tomba del grande compositore si trova accanto all’altare e tutti gli anni per l’anniversario della sua morte, il 28 luglio, si tiene un concerto speciale: quest’anno era per i 270 anni dalla sua scomparsa. C’è anche chi per l’occasione depone fiori sotto la statua di Bach, nel piazzale laterale della chiesa. Sullo stesso piazzale (Thomaskirchhof 15/16) si apre il Museo di Bach, davvero imperdibile, che ospita anche mostre temporanee come, per il 2020, quella dell’influenza di Bach su Beethoven.

A Bach è legata anche la Nikolaikirche che però va visitata anche per una ragione del tutto diversa: è stata il centro della rivolta pacifica contro il regime comunista alla fine degli anni Ottanta e ancora oggi accoglie un centro mondiale per la pace. Vi si tengono incontri e concerti di tutto rilievo. Accanto, sorge la Alte Nikolaischule, la scuola in cui studiarono anche il filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz e il compositore Richard Wagner.

Lipsia si gira molto facilmente a piedi e vale la pena farlo perché la città è disseminata di targhe, monumenti e ben più moderni totem musicali interattivi. Però si possono anche prendere i frequenti tram o la metropolitana. Un paio di stazioni, in particolare quella di vetro in Wilhelm-Leuschner-Platz, disegnata da Max Dudler, valgono la visita. Così come vale la pena arrivare in metro alla Bayerische Bahnhof, una vecchia stazione di testa di cui ora rimane solo una parte, trasformata in una magnifica birreria.

La stazione Bayerischer Bahnhof della metropolitana di Leipzig, Lipsia. Foto di Valeria Palumbo.

Appena fuori il nucleo più centrale della città si trova la casa di Clara e Robert Schumann, un museo che finalmente restituisce alla compositrice il suo importante ruolo e che sorge nel vecchio quartiere dei tipografi, Graphikviertel, ora tornato a nuova vita con scuole e atelier di musica, arte e grafica.

Non distante sorge la casa di Felix Mendelssohn (in Goldschmidtstraße 12), con un intero piano dedicato alla sorella, la compositrice Fanny Hensel. Imperdibile poi il vecchio cimitero, l’Alter Johannisfriedhof, che risale al Medioevo e oggi è un grande giardino: un tempo custodiva anche i resti di Bach. Oggi si visita la tomba della mamma e della sorella di Wagner, ma soprattutto se ne respira l’atmosfera antica. Accanto, c’è il Grassi Museum, che comprende anche un importante museo di strumenti musicali.

Per spaziare i più curiosi potranno raggiungere la Spinnerei (Spinnereistraße 7, ), un’antica filanda di cotone oggi sede di innumerevoli gallerie d’arte alternative. O raggiungere un centro sociale molto creativo: l’ex fabbrica Feinkost (Karl-Liebknecht-Straße 36), che accoglie anche negozi e mercatini. L’aperitivo si può prendere di fronte a Laboum nella Fischer-Art-Haus (Karl-Liebknecht-Straße 43), che merita una visita anche solo per le fantasiose decorazioni moderne della facciata.

Lipsia è una città giovane e la vita notturna lo dimostra. Proprio per questo vale la pena fare un salto nella modernissima università con la ricostruita chiesa di san Paolo, distrutta dalla Ddr nel 1968: l’originale era legata a Bach. Oppure andare a caccia di esempi di street art: dai più seri, come quello sotto l’edificio che sostituisce la casa dove nacque Clara Schumann nel 1819 (Preußergäßchen, all’angolo del Neumarkt), a quello, che copra un’intero edificio, che inneggia alla rivoluzione del 1989 sulla Brühl, antico viale lungo le mura, nei pressi della stazione centrale.

A Weimar, sulle orme di Goethe e Shiller

Lasciata Lipsia, la meta successiva per gli appassionati di Bach è la sua città natale, Eisenach. Ma sulla strada occorre senz’altro fermarsi a Weimar, la bella cittadina della Turingia che ha dato il nome alla Repubblica tedesca sorta dalle ceneri dell’Impero prussiano, alla fine della Prima guerra mondiale e fino all’ascesa di Adolf Hitler. Di quella breve e tormentata stagione democratica, Weimar conserva oggi un bel museo, Haus der Weimarer Republik – Forum für Demokratie, che ricostruisce anche il periodo di ribellione al regime comunista. La piazza antistante, su cui sorge la statua in bronzo creata da Ernst Rietschel come omaggio a Johann Wolfgang Goethe e Friedrich Schiller, è stata testimone delle manifestazioni dei cittadini di Weimar contro la dittatura.

Non distante è la casa-museo di Schiller (Schillerstrasse 12). Ma l’attrazione più importante di Weimar, quasi un luogo di culto come la casa di Wagner a Bayreuth (senza le sue pericolose implicazioni politiche) è la dimora di Goethe sulla Frauenplan (la stessa fondazione gestisce gli altri monumenti più celebri di Weimar). Il grande letterato, uomo dai tantissimi interessi, volle non solo ricreare nella sua abitazione la magia di quanto scoperto nei suoi tanti viaggi, soprattutto in Italia. Ma cercò anche di trasformarla in un salotto “perenne” in cui intellettuali, artisti e scienziati potessero mescolarsi e magari dar vita a nuove creazioni. Tutto è rimasto com’era e ritrovare anche la stanza da lavoro di Goethe è commovente.

Non manca nemmeno il pianoforte al quale, fra gli altri, si esibì un giovanissimo Felix Mendelssohn: Goethe aveva invitato anche la sorella Fanny, anche lei talento precoce. Ma Abraham, il padre dei due musicisti non volle far partire la ragazza, convinto che la musica non dovesse in alcun modo diventare per lei una professione e che il suo unico destino dovesse essere quello di donna di casa. Goethe ci rimase male e affidò a Felix dei versi perché Fanny potesse musicarli.

La successiva meta non può che essere l’Amalia Bibliotek: benché un incendio l’abbia distrutta nel 2004, resta una delle più scenografiche biblioteche al mondo, con la sua sala rococò. È intitolata ad Anna Amalia di Brunswick-Wolfenbüttel, che fu sovrana reggente della città tra 1759 e 1775. Come capo di Stato dilapidò fortune, ma fu una straordinaria mecenate e amò, anche lei, molto l’Italia, dove visse tra il 1788 e il 1790.

La sala rococò dell’Amalia Bibliothek, a Weimar. Foto di Valeria Palumbo

Passeggiare per Weimar è estremamente piacevole e quindi non è uno sforzo raggiungere altre due mete fondamentali: la casa di Franz Liszt . E, di tutt’altro genere, il museo della Bauhaus, la scuola di architettura, design e arti applicate, fondata da Walter Gropius, che ebbe qui la sua sede dalla fondazione, nel 1919, al 1925. Anche l’Università della città, centro di molte proteste anti-Ddr, prende il nome dalla Bauhaus. Per una pausa, si possono scegliere i tanti locali sulla Frauenplan, che ha conservato l’aspetto dei tempi di Goethe. O sulla Marktplatz. Un po’ più distante dal centro è la Haus am Horn (Am Horn 61), un prototipo di abitazione costruito per la mostra del Bauhaus a Weimar nel 1923.

Ad Eisenach: il museo di Bach e quello di Lutero

Non è tempo di essere stanchi: la vicina Eisenach (93 km, un’ora circa di macchina) è pronta a offrire i suoi tesori, oltre che la rilassante atmosfera di provincia. Qui sorge il museo di Bach, nella presunta casa natale (pare sia stata una frettolosa attribuzione ottocentesca) e in un collegato e modernissimo edificio. Vi si tengono anche lezioni-concerto. E tra i reperti è conservato anche il calco del cranio del compositore.

Se si ha poco tempo si può proseguire subito per il museo di Martin Lutero, che è anche una bellissima costruzione a graticcio. E poi salire a un luogo fondamentale per i tedeschi: l’arroccato e spettacolare castello di Wartburg, fatto costruito dal langravio di Turingia, Luigi il Saltatore, nel 1067, e da allora sempre rimaneggiato. Qui, nel 1521, Lutero, al riparo dal bando e dalla minaccia di arresto a Worms, voluti dall’imperatore Carlo V, tradusse il Nuovo testamento in tedesco.

Ma prima ancora, Ermanno I di Turingia (1555-1217), nipote di Federico Barbarossa, vi accolse una corte raffinata dove si ritrovarono i Minnesänger, ovvero i poeti itineranti, corrispondenti ai trovatori, che cantavano l’amore: furono fondamentali nello sviluppo della lingua tedesca e anche nella nascita della musica moderna occidentale. Chi avesse più tempo, dedichi una passeggiata al centro di Eisenach e magari una visita all’ottocentesca Brauerei Eisenach: la patria di Bach è stata anche una città della birra e le testimonianze di birrifici risalgono al 13esimo secolo. Oggi l’immenso birrificio ospita un parco giochi, un hotel e un caffè-bistro.

A Bonn, patria di Beethoven

Un tempo su Bonn, capitale della Germania federale, prima che la riunificazione non restituisse il titolo a Berlino, girava una battuta un po’ cattiva: che fosse grande il doppio del cimitero di New York e allegra la metà. Ammesso che sia stato vero in passato, oggi la città natale di Ludwig van Beethoven si può definire tutto tranne che triste. Anzi. Ha perso l’aria compassata che la rendeva così elegante e silenziosa: oggi ritrovate questa atmosfera se andate a visitare il bel museo di storia naturale, il Koenig Museum, sulla Adenauerallee, o passeggiate lungo il Reno, le cui sponde, però, a sera, si popolano di ragazzi.

Per il resto è una città multiculturale che ama vivere anche di notte. Non soltanto per i 250 anni dalla nascita, la meta fondamentale resta comunque la casa di Ludwig van Beethoven sulla Bonngasse. Vero che la famiglia vi abitò soltanto dal 1767 al 1774 e quindi fu la casa del genio del Romanticismo per quattro anni. Ma a cominciare dall’unico ritratto per il quale Beethoven accettò di posare da vivo, fino al suo ultimo pianoforte, ai suoi cornetti acustici (enormi) e all’originale della Sonata al chiaro di luna, il museo offre pezzi che manderanno in visibilio gli appassionati. In più, proprio per i 250 dalla nascita, la casa è la tappa fondamentale di un percorso di totem interattivi, distribuiti in tutta la città che permettono di ricostruire la vita al tempo del compositore, rivedere gli edifici scomparsi, ripercorrere le atmosfere e conoscerne i protagonisti.

Beethoven è ovunque in città, come e più di Wagner a Bayreuth: le sue statue e caricature scanzonate hanno invaso negozi, caffè e hotel, sfatando anche il mito del cattivo carattere del musicista (non era affatto scontroso ma soffriva terribilmente per la sua sordità).

Inevitabile la visita al vecchio cimitero, l’Alter Friedhof, sulla Bornheimer Str., dove è sepolta l’amatissima madre di Beethoven, Maria Magdalena, e si trova anche la tomba di Robert e Clara Schumann: lui in trionfo e lei inginocchiata davanti, peraltro.

Il nonno di Ludwig, che portava il suo stesso nome, era stato maestro di cappella a corte. Oggi nel Kurfürstliches Palais, residenza del principe-arcivescovo dell’Elettorato di Colonia dal 1597 al 1794, sorge l’Università. Forse Beethoven prese lezioni dal successore del nonno, il maestro di cappella italiano, Andrea Luchesi. Di sicuro anche lui suonò nella Kurfürstliche Schlosskapelle, nella chiesa del castello.

Bonn, il busto di Beethoven nella sua casa natale, oggi museo. L’espressione imbronciata deriva dal fatto che, per farla, al compositore fu imposta una soffocante maschera di cera sul volto. Foto di Carlo Rotondo.

Per quanto assorbiti dal Beethoven-tour, a Bonn non bisogna perdere né una passeggiata di shopping nelle vie, tutte pedonalizzate, del centro. Né una visita all’Alte Rathaus, il vecchio municipio (Markt 2) che, visto il ruolo assunto da Bonn dopo la Seconda guerra mondiale, fu visitato da personaggi come Charles de Gaulle e John F. Kennedy.

A proposito di personaggi illustri: all’inaugurazione della statua di Beethoven (sulla Münsterplatz, la piazza del Duomo), finanziata soprattutto grazie all’interessamento di Robert Schumann e all’intervento di Franz Liszt, c’era anche la regina Vittoria. Era il 1845 e Beethoven avrebbe dovuto avere 75 anni, ma era morto a 52 e solo grazie alla dedizione dei colleghi musicisti la sua città natale si era resa conto della sua statura intellettuale.

Volgendo la prua a sud, verso l’Italia, sono necessarie almeno un paio di tappe. Il 2021 sarà l’anno di Worms perché il 1521 ha segnato la svolta della predicazione di Lutero e della riforma protestante, proprio qui. Ma la città ricorda volentieri anche il suo legame con i Nibelunghi.

A Treviri (Trier) si sentono ancora gli echi delle celebrazioni per i 200 anni dalla nascita del filosofo Karl Marx (1818): la casa natale ospita un museo.

A Heidelberg, forse la città più bella e meglio preservata della Germania, si ricordano i 250 anni dalla nascita del filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel che qui insegnò dal 1816 al 1818: non perdetevi una visita all’Università, aperta a tutti. Heidelberg aveva preparato grandi manifestazioni anche per i 250 anni dalla nascita del poeta Friedrich Hölderlin (anno speciale, il 1770), ma Covid-19 ha stravolto tutto: il programma però è ancora in piedi. E il poeta viene ricordato, assieme a Hegel, anche a Stoccarda.

A Baden Baden, sulle note di Brahms

Ma per chiudere degnamente un tour musicale della Germania, una tappa è d’obbligo scendendo verso sud: Baden Baden, nel Baden-Württemberg occidentale. La cittadina ha risentito in modo particolare dell’epidemia di Covid-19: il suo celebre festival estivo è stato sospeso, la grandiosa Festspielhaus, la sala dei concerti, è stata chiusa, gli eventi ridotti e sparpagliati per gli hotel. Anche le terme ne hanno risentito.

Ma Baden-Baden resta, con le terme del Friedrichsbad e il complesso della Kurhaus, con l’eleganza dei suoi palazzi e dei suoi turisti, un luogo fuori dal tempo. In più un suo museo interattivo molto speciale, dedicato ai ragazzi, Toccarion continua a organizzare iniziative: imperdibili se avete figli con il talento per la musica.

La casa di vacanza di Johannes Brahms a Baden-Baden, oggi museo. Foto di Carlo Rotondo.

Ma, soprattutto Baden Baden resta lo scenario della più commovente e intensa storia di amicizia amorosa della musica: quella tra Johannes Brahms e Clara Schumann. Furono legati per oltre 40 anni: dal 1853, data del primo incontro del giovane Brahms con Clara e Robert, alla morte di lei, nel 1896. Lui morì meno di un anno dopo, nel 1897, a 64 anni.

Per anni si ritrovarono a Baden Baden, in due case vicine: lui andava a trovarla tutti i pomeriggi. La casa di Clara è segnalata soltanto da una targa, per ora. Quella di lui, piccola e bianca sulla Maximilianstraße 85, è un preziosissimo museo, ricco di oggetti originali, dal letto alla poltrona alla maschera funebre, custodito con devozione e competenza. È un posto commovente, intimo. Romantico.

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