Donne in cammino sulle antiche strade della lana

Un pomeriggio, un piccolo gruppo di donne siede intorno a un tavolo coperto di matasse di lana di ogni colore, le teste chine sul proprio lavoro, le dita veloci tra il ferro e l’ago, le voci ora sommesse ora alte in risate che esplodono mentre fuori infuria la tempesta di fine estate. E’ l’ultimo giorno di agosto e, dopo una lunga siccità, la pioggia cade a frustate sull’Abruzzo, sui rovi seccati, sui prati ingialliti, sulle pietre bollenti. C’è vento forte, i tuoni rimbombano tra le montagne rincorrendosi l’uno con l’altro, ma la piccola casa nella pagliara di Fontecchio è salda. E’ lì da secoli, non teme nulla.

 

Le donne – sconosciute fino a tre giorni prima, ma già così vicine – sono arrivate con i loro zaini e le loro storie, percorrendo insieme tratturi e mulattiere che per secoli hanno portato altre storie, altre vite, passi su passi, piedi e zampe, uomini e animali. Nuove voci risuonano ora tra le pareti spesse della pagliara, il fuoco crepita nel camino, mentre la cena cuoce lentamente. Non c’è fretta, ogni cosa arriva a suo tempo. Così, mentre i fili si intrecciano e nuove forme vengono create dalle mani che lavorano, fuori smette di piovere e la luce dorata del tramonto fa brillare le foglie lavate.

Siamo arrivate che era estate, e nel giro di poche ore è autunno. Domani partiremo, ognuna riprenderà la sua strada ma portando con sé qualcosa dell’altra, e negli occhi ancora il calore della pietra di Navelli al tramonto, il cielo cupo sulla rocca di Bominaco, la distesa gialla dei campi mietuti nell’arrivare a Peltuinum. E una piccola macchia nera che sempre ci precede, la dolce labrador Luna che scodinzola a ogni passo, facendoci strada.

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