Una tartaruga, una lumaca, una testa di un coccodrillo: dalle spiagge di Alassio e di Albenga molti turisti hanno associato a diversi animali la forma di quell’isola che si scorge in questo tratto di costa savonese. L’isola Gallinara – così si chiama – tutti la guardano, molti ci fantasticano, ma pochissimi la conoscono davvero. È un luogo misterioso in qualche modo: sotto gli occhi di tutti, ma al tempo stesso remota.
Già, perché finora quest’isola è stata in parte un parco naturale della Regione Liguria, in parte rifugio estivo di un piccolo gruppo di privati che ora ha però ceduto per diversi milioni di euro, secondo quanto riporta il Corriere, le proprie residenze esclusive a un ricco imprenditore ucraino, Olexandr Boguslayev.
Noi abbiamo avuto la fortuna di fare un giro su quest’isola affascinante e piena di mistero che – chi lo sa – forse ora sarà ancora meno accessibile del passato.
ROMANI, MONACI E CONTI: LA STORIA DELL’ISOLA
È curioso come la storia talvolta ridisegni l’importanza dei luoghi che viviamo. La Gallinara, ad esempio, un tempo era più importante della stessa Alassio, oggi ridente meta turistica in grado di attrarre dapprima il turismo inglese – passato di cui ancora oggi si scorgono le tracce, soprattutto sulla collina della città – e poi quello piemontese e lombardo anche grazie ad eventi come il Festival della Cultura – che quest’anno vede la collaborazione del Torino Film Festival che “porta” nella cittadina ligure il regista Daniele Ciprì – e Un Mare di Champagne.
Secondo alcuni il nome dell’isola non sembra da ricondurre alle galline selvatiche che qui scorrazzavano, ma piuttosto al fatto di essere stata per secoli un punto di passaggio per recarsi in Gallia, la zona che nella geografia romana corrisponde grossomodo all’attuale Francia. Un antico approdo romano testimonia ancora questa centralità logistica.
Nei secoli successivi, la Gallinara prese vita soprattutto grazie ai monaci benedettini, che qui fondarono anche un monastero. E proprio su quest’isola si narra che approdò San Martino di Tours, che qui concluse asceticamente i propri giorni. Nel Settecento i monaci abbandonarono la Gallinara, acquistata anni dopo dal Conte Diana e poi nel Dopoguerra dagli attuali proprietari.
IL FASCINO DECADENTE CONTEMPORANEO
Non si può dire che la Gallinara oggi ispiri accoglienza. Avvicinandosi, si scorge una massa selvaggia di alberi che sovrasta coste rocciose piuttosto aspre. Non è possibile approdare, se non grazie al porto (attiguo a quello romano) che rappresenta un rifugio demaniale.
La fitta vegetazione include piante autoctone come gli olivastri e i pini marittimi, ma anche eucalipti, aloe e fichi d’India, eredità delle comunità che nei secoli hanno abitato l’isola. La fauna può essere, invece, riassunta in due parole: gabbiani reali. La Gallinara, infatti, è una zona protetta – da qui lo status di parco – per la nidificazione di questo uccello. Non mancano poi i falchi che nidificano nella zona dell’isola chiamata, per l’appunto, Punta Falconara.
Si contano sulle dita di una mano, invece, gli edifici: l’antico monastero di oltre 350 metri quadrati (che finora ha ospitato proprio le residenze estive degli undici proprietari privati), una torretta del ‘500 edificata per avvistare Turchi e pirati, una chiesetta voluta dal Conte Diana e qualche fortificazione tedesca. Sì, nel corso della seconda Guerra Mondiale, l’isola divenne un luogo strategico anche per i nazisti che qui scavarono diverse gallerie. E al di là di una strada asfaltata (percorsa da una sorta di golf cart), il resto dell’isola è attraversato da strade battute e sentieri sterrati.
Ciò che stupisce più di tutto è il fascino decadente dell’isola, un luogo effettivamente isolato. Non solo morfologicamente, ma anche per quanto riguarda l’energia. Tranciati da una nave, da 35 anni non sono più in funzione i cavi che qui portavano l’elettricità; e poiché sussistono severi vincoli ambientali, non è possibile installare pannelli solari, ci spiegano. Allo stesso modo non c’è l’acqua dolce, che viene trasportata via mare dalla terraferma.
IL TESORO SOTTOMARINO
Oltre a ciò che sta sull’isola, c’è qualcosa di notevole anche sotto le acque della Gallinara. Nascosti dal mare, intorno all’isola si trovano diversi punti di immersione piuttosto affascinanti. In uno di questi è possibile trovare un Cristo degli abissi, che non può non condurre la mente a quello di San Fruttuoso. E poco distante dall’isola si trova anche il relitto di una nave romana con tanto di anfore ancora intatte.
A pochi metri di profondità, potrete scorgere polpi, murene, cernie, scorfani e qualche bomba. No, non si tratta di un pesce, ma di ordigni bellici inesplosi che in passato hanno imposto lo stop alle immersioni. Oggi è nuovamente possibile immergersi, ma solo se accompagnati dalle guide locali dei centri autorizzati, come sottolinea anche Marino Agnese, Direttore del Porto di Alassio.
La Gallinara induce così il turista ad andare oltre ciò che appare. E non è un caso se qui c’è anche un percorso archeologico subacqueo dedicato a disabili e non vedenti. Targhe in alfabeto Braille e riproduzioni dei relitti e di alcune forme di vita tipiche di queste acque permettono così davvero a tutti di toccare con mano i tesori custoditi dalle acque di quest’isola misteriosa.
Se avete in mente un weekend ad Alassio o Albenga, nella gallery trovate i centri autorizzati per effettuare immersioni nelle acque della Gallinara e alcune foto dell’isola.
(Foto: Andrea D’Angelo).
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