Edoardo Leo: «Il magnete Favignana»

Edoardo Leo
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Qui un estratto di un articolo pubblicato sul numero 35 di Vanity Fair, in edicola fino all’1 settembre.

L’ultima volta che ho parlato col Raìs è stata l’estate prima che lui morisse. Seduto nella via principale del centro del paese. Tutti volevano sapere della tonnara e invece lui era appassionato di matematica. Si divertiva come un pazzo a dirti il giorno della settimana in cui eri nato. Tu gli dicevi la tua data di nascita e lui, nel giro di due secondi, esclamava: lunedì, o venerdì. E rideva. Sotto quella barba folta come un grappolo di alghe secche aveva dei denti bianchissimi.
Un metro e 93 per 140 chili di pescatore, anzi, come si definiva lui, un contadino del mare. Delle mani di tufo, enormi, e poi quell’eloquio strano. Non parlava siciliano. Ma uno strano italiano, gentile e démodé. Aveva sollevato tonni da 300 chili a mani nude nella mattanza e poi parlava come un bambino gentile.

Era una contraddizione vivente «il Raìs»: Gioacchino Cataldo. E mentre la gente passeggiava per il paese, lui guardava. Come a ricordare che sì le ferie, sì la gita in barca, sì gli aperitivi ma Favignana era l’isola della tonnara, del lungo, faticoso, serissimo lavoro della pesca. Favignana è questa contraddizione ancora. Meravigliosa però inaccessibile. Azzurra e pacifica e poi, spostando lo sguardo, le cave di tufo ti guardano a ricordarti che la casa in cui fai le vacanze è stata costruita così. E che ti stai tuffando da un luogo di lavoro e fatica. La contraddizione. Un’isola brulla a forma di farfalla.

Quando ho visto la prima volta Cala Rossa, ormai tanti anni fa, sono rimasto in silenzio, immobile. Un fiume di gente che, come formiche, scendeva per sentieri rocciosi e scomodi. Attirati come da un magnete per trovare posto su un sasso. E quel nome, apparentemente messo a caso. Cala Rossa. Di sangue. Per questo si chiama così. Per una battaglia vinta dai Romani sui Cartaginesi nel 241 a.C. Quel turchese era rosso sangue. Ecco, Favignana per me resta questo. Un magnete, contraddittorio, al quale da anni non riesco a sottrarmi.

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