Rimborsi viaggi annullati per il Covid: chi può richiederli e come

Dal 3 giugno saranno consentiti gli spostamenti tra le regioni (a meno di specifiche per regione a più alto tasso di contagio) e nella stessa data l’Italia riaprirà le frontiere ma c’è anche chi, come la Sardegna, posticiperà l’ingresso dei turisti al 15 giugno e casi di Paesi come Austria e Germania che – almeno entro questa stessa data – impediranno l’accesso agli italiani. Inoltre fino a metà giugno resteranno chiusi i confini esterni dell’Europa. Dal mese prossimo ricominceremo perciò a spostarci, ma non con la libertà di sempre: questo vorrà dire anche rinunciare a viaggi prenotati prima che l’emergenza sanitaria bloccasse il mondo.

I VOUCHER
Il ministero del Turismo ha appena annunciato che allungherà da 12 a 18 mesi il periodo di validità dei voucher (buoni dello stesso valore del viaggio annullato) che tour operator, compagnie aeree e hotel devono garantire in alternativa alla restituzione del denaro a chi ha prenotato un viaggio di piacere prima del Covid ma non ha potuto o non potrà partire per via del lockdown o altri motivi (come le frontiere chiuse) legati al Coronavirus.  Una misura che va incontro alle richieste dall’Unione Europea che ha chiesto che i voucher assicurino flessibilità, come spiega Maria Pisanò, direttore del Centro Europeo Consumatori Italia che in Italia fa capo ad Adiconsum: «Le nuove linee guida della Commissione, che dovranno essere applicate direttamente da tutti gli Stati, prevedono che i voucher siano validi almeno un anno, assicurati in caso di insolvenza di chi li emette (per esempio anche se una compagnia aerea fallisce, ndr), utilizzabili anche per servizi alternativi (per esempio voli aerei se non si può usufruire di un pacchetto turistico, ndr), trasferibili ad altri e soprattutto che si possano trasformare in rimborsi automatici nel caso in cui il consumatore non li riscatti entro un anno. L’Italia, come gli altri Paesi, deve applicare queste norme per evitare un contenzioso». I voucher, però,  spettano solo in certi casi, e se richiesti nei tempi previsti.



RIMBORSI PER VIAGGI PRIMA DEL TRE GIUGNO
Il primo caso riguarda i viaggi per fini turistici con partenza prima del 3 giugno: viaggi che non si possono fare perché c’è ancora il divieto di spostarsi. «Fino a questa data – dice Maria Pisanò – diverse compagnie hanno già messo a terra i loro aerei proponendo voli alternativi o rimborsi. Lo stesso hanno fatto i tour operator. Dato che c’è impossibilità oggettiva a viaggiare, infatti, tutti i viaggiatori hanno diritto a essere rimborsati».  «Il rimborso – prosegue Pisanò – si può richiedere massimo entro 30 giorni dalla cessazione della causa che impedisce di viaggiare (come il lockdown, ndr) e entro altri 30 giorni il vettore dovrà restituire il denaro speso o emanare un voucher: a provare che tutto è stato fatto nei termini previsti è la notifica la ricezione della richiesta di rimborso che si può fare via mail o con gli appositi form on line messi a disposizione da compagnie aeree, strutture, o tour operator. Bisogna mettere nel conto ritardi nelle risposte: gli operatori in questo periodo sono oberati dalle richieste, e molti impiegati del servizio clienti sono in cassa integrazione». Nel caso di ritardi prolungati, però, si può anche procedere con reclamo, prima con una raccomandata o pec allegando tutti i documenti di viaggio e dopo – in caso dell’ennesima mancata risposta – chiedendo la consulenza di un’associazione di consumatori, del Centro Europei Consumatori Italia per i contenziosi transfrontalieri, o tentare la risoluzione stragiudiziale attraverso la piattaforma ODR se il viaggio è stato acquistato online.

VIAGGI DOPO IL 3 GIUGNO
Scenario molto simile è quello che si prospetta per i viaggi con partenza dopo il 3 giugno ma in regioni o Paesi che non consentono l’ingresso ai turisti.
 «Anche in questo caso – dice Pisanò – dato che l’impedimento non era conoscibile al momento della prenotazione, vale la causa di forza maggiore: il viaggiatore non può viaggiare e ha diritto a essere rimborsato. Così sarà per molti mesi nel caso in cui dovessero esserci ulteriori restrizioni: la legge di conversione del Cura Italia stabilisce che il diritto al rimborso di viaggi che non si potranno effettuare a causa della pandemia si applichi fino al 30 settembre». Questo vuol dire anche che ora si possono prenotare viaggi con partenza dopo il 3 giugno con la garanzia di poter usufruire di un voucher nel caso in cui non si possa partire per via di nuove chiusure, assumendosi però il rischio di organizzare una vacanza che non si ha la certezza di fare. «In questo caso – fa notare Pisanò- il voucher mostra uno dei suoi maggiori svantaggi: chi vorrebbe viaggiare per anniversari e matrimoni, per esempio, non ha molta scelta. Peraltro le lune di miele sono particolarmente costose e accontentarsi di un voucher al posto dei soldi, per una coppia che ora magari è anche in difficoltà con il lavoro, può essere un enorme problema. Di fatto con i voucher è come se i consumatori finanziassero le aziende, nonostante i consumatori stessi abbiano subito ingenti perdite e versino in situazioni finanziarie difficili».

VIAGGI CHE SI PREFERISCE NON FARE
Ci sono però anche situazioni in cui ai consumatori non spetta nulla: i questi casi rientra chi in questo momento storico non se la sente di viaggiare per il timore di contagi. «Chi ha prenotato un viaggio prima della pandemia e in un periodo in cui non ci sono limitazioni agli spostamenti, ma ora non vuole usufruirne, non può chiedere rimborsi: in questo caso – dice Pisanò – si applicano le norme contrattuali, e normalmente bisogna pagare una penale per la cancellazione, a meno che non si sia stipulata una polizza con una copertura per questi casi di annullamento. Il consiglio, altrimenti, è aspettare il più possibile prima di annullare: la situazione potrebbe evolvere in meglio».

VIAGGI SENZA DISTANZIAMENTO
Si può pretendere un rimborso per voli prenotati prima della pandemia con una compagnia aerea che non garantisce il distanziamento sociale a bordo?
Questo è uno dei temi più caldi: per ora, fino al 2 giugno solo l’Italia obbliga le compagnie a garantire un metro di distanza tra i passeggeri per i voli domestici e da/per l’estero. Gli altri Paesi europei si rifanno alle raccomandazioni dell’Easa (European Aviation Safety Agency), che si limita semplicemente a consigliare ai vettori, quando possibile, di garantire la distanza di un metro e mezzo.

«Dato che non c’è una norma comune, questo vuol dire che non c’è tutela»
, dice Maria Pisanò. «Ad oggi – confermano dall’Enac –  per il mancato distanziamento sui voli il passeggero non può ottenere rimborso. Solo per volare da/per l’Italia e all’interno del Paese la misura del distanziamento è obbligatoria per tutti i voli e per tutte le compagnie, e per ora fino al 2 giugno. Se il vettore vola senza distanziamento è perché ha ottenuto una deroga (succede per i voli di rimpatrio). Altrimenti è passibile di sanzione da parte del Ministero della Salute una volta accertata la inottemperanza».

Quest’incertezza è un motivo in più per considerare l’opportunità di stipulare un’assicurazione di viaggio: «In questo momento – conclude Pisanò – dà una sicurezza ulteriore ma è anche molto importante badare attentamente alle clausole: se si paga per avere una garanzia, ora più che mai è fondamentale che un’assicurazione sia in grado di coprire qualsiasi danno». Inclusa un’inimmaginabile pandemia.

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