La prima notizia è piuttosto sorprendente: il colosso olandese Booking.com ha messo in atto sulla sua piattaforma tecniche comunicative definite «manipolatorie» dalla Commissione Europea. Degli stratagemmi, per semplificare, che talvolta possono presentare le proposte in modo poco cristallino.
Fra questi ci sono le offerte a tempo. Succede, cioè, che alcune camere abbiano un prezzo vantaggioso solo per una finestra temporale. Terminata, ci si immagina che il prezzo debba salire; e invece pare che in alcuni casi non succeda. Una finta offerta temporanea, insomma. L’obbiettivo resta quello di stimolare il click dell’acquisto.
Da circa un anno questa e altre tecniche di comunicazione sono finite sotto la lente di ingrandimento della Commissione Europea. E dopo qualche mese, il 20 dicembre Booking.com si è impegnato, entro il 16 giugno 2020, a eliminare messaggi che potrebbero non apparire cristallini.
Un altro esempio pratico di questa comunicazione non specchiata è quello dell’ultima camera disponibile. Vediamo la scritta che ci informa sull’imminente scomparsa della camera a cui siamo interessati e ci viene un po’ di tremarella. Ne troveremo mai un’altra simile e a quel prezzo? Chi non è un po’ smaliziato, clicca e prenota. Però, ecco, manca un pezzetto di informazione. La camera di cui parla Booking in questo caso non è certamente l’ultima dell’intero hotel, ma piuttosto l’ultima fra quelle che la struttura ha affidato alla piattaforma. Ergo, di camere potrebbero essercene ancora, ma naturalmente occorre cercarle altrove: sul sito della struttura stessa, ad esempio, o attraverso altre piattaforme online. Tranquilli, anche questa informazione da giugno sarà resa più autoevidente.
Non sappiamo se i clienti di Booking.com si siano sentiti manipolati. Tuttavia episodi come questo mettono in crisi ciò che tutti i viaggiatori si aspettano – fin dalla loro comparsa – da piattaforme come queste: trasparenza ed efficienza prima di tutto.
Ma succede purtroppo di imbattersi in clienti che hanno rilevato discrepanze anche fra ciò che viene promosso sulla piattaforma e ciò che poi si ritrovano all’arrivo, soprattutto nel caso di host privati. E quando succede è un bel pastrocchio. Un ulteriore problema, infatti, è che in alcuni casi per risolvere un problema con una camera prenotata su Booking.com occorre rivolgersi a un call center con ragazzi senza dubbio disponibilissimi, ma che per contattare i quali spesso ci vuole un sacco di tempo. Può succedere così di trascorrere la prima giornata della propria vacanza rimbalzati da un operatore all’altro prima di risolvere la faccenda (non sono in contatto fra loro, sembra, e così occorre spiegare ogni volta tutto da capo). Insomma, non di certo un inizio di vacanza auspicabile.
Fra gli impegni che Booking.com che si è assunto volontariamente c’è anche quello di specificare con maggiore chiarezza di che natura è il proprietario della camera che prenotiamo. Già, perché potrebbe esserci una bella differenza tra un host avvezzo ad accogliere turisti ogni tanto e una struttura alberghiera magari con decenni di esperienza alle spalle. Non necessariamente tutti i viaggiatori preferiscono la seconda categoria, però quando prenotano dovrebbero capire immediatamente chi si prende cura della struttura in cui prenotano.
(Foto: Adobe Stock).
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via Booking.com e gli annuni ingannevoli: interviene la Commissione Europeea
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