A piedi nella selvaggia Valle Cervo

Pietro racconta il weekend del social walking nella Valle Cervo, una piccola valle nell’entroterra montano biellese. Buona lettura!

Che parole useresti per descrivere la natura della Valle Cervo?

La Valle Cervo si mostra subito rigogliosa, dalla vegetazione imponente che ne testimonia lo spopolamento. Fitte e generose faggete dominano i versanti alternandosi ai antichi castagneti mentre, tra massi millenari coperti di muschi e licheni, danzano roverelle e betulle. A punteggiare d’un verde più scuro ci pensano invece gli abeti rossi, atipici di queste zone. La crescente presenza di fauna selvatica si è fatta sempre più importante; gli ungulati sono di casa e piacevoli sentieri narrano di corteggiamenti e piccole migrazioni. La nidificazione stabile di rapaci notturni e non, unita al ritorno di qualche predatore (non citiamo quale, shhh!), rende il territorio meta ideale per gli amanti di una natura aspra, forte e generosa in ogni stagione.

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Che cosa si intende per “Bursch”?

La Valle Cervo è da sempre crocevia di popolazioni di frontiera. Così la parola Bürsch è da sciogliere con lentezza, abbracciando significati ancestrali legato alla terra. Lo chiedo a Maria Chiara Fiorina, amica che impersona perfettamente il ruolo di testimone di un’eredità importante. “Bürsch è l’antico nome che si dà alla nostra alta valle del Cervo e significa patria e casa, nel senso pregnante che gli inglesi danno alla parola home. Casa della nostalgia, in verità, perché è più il tempo che si vive fuori; non si può vivere sempre dentro né sempre fuori di essa, che è solo un cantuccio del mondo. Tornando, si porta dentro un poco del mondo di fuori, ma tutta la Bürsch vien via con noi, uscendo. Ogni valët non può parlare della sua valle senza parlare del mondo e viceversa; infatti sono tutti girovaghi e scriverebbero dei libri curiosi se credessero che valga la pena di scriverli o ne avessero il tempo.” – Massimo Sella, “La Bürsch” (1945); Centro studi biellesi , 1964.”

Che incontri faremo nei borghi attraversati?

Con VeM diamo importanza a coinvolgere i residenti e, scegliendo di collaborare con residenti giovani e meno, radicati da tempo o “trapiantati”; alcuni con radici profonde, ed altri frutto di un potpourri di popoli, erede di flussi migratori bidirezionali.
Stiamo creando una rete aperta alla contaminazione ed ai “forestieri”, allo scambio con il prossimo; capace di raccontare le sfumature di vita in una valle resiliente. Tra antichi aneddoti e convivialità, non sarà difficile fare un balzo nel passato; tra l’aroma del caffè e il rumore dei campanacci in lontananza.

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Cosa ci puoi raccontare degli abitanti della Valle Cervo?

Da sempre abili a lavorare la pregiata pietra locale, ragazzi e uomini cercarono fortuna anche altrove; dapprima nelle valli torinesi, seguite da Francia, America e Africa. Padri salutavano moglie e prole, destinati a vincere inverni rigidi con il duro lavoro; la donna assunse un ruolo importantissimo ma il distacco creò scismi famigliari, segnando le generazioni successive. I borghi godono di un campanilismo che lentamente lascia posto ad una rinnovata voglia di comunità. Segnali positivi, ma occorrerà lavorare moltissimo. Vi si trovano persone affabili e altruiste, contraddistinte da una durezza naturale da bonificare con il tempo.

Quali sono le attività economiche che caratterizzano la Valle?

Sono molte ed è difficile definirne una prevalente. Almeno due le aziende nell’edilizia, e tanti i mestieri legati alle professioni artigiane. Messaggio incoraggiante arriva dall’imprenditoria giovanile, che ritorna ai mestieri della terra con la nascita di filiere produttive che cercare di lavorare in sinergia; una scommessa emotiva per tutti.
Vi si avvicinano anche artisti; liutai, pittori, musicisti e persone che cercano nella Valle Cervo un eremo per fuggire dalla ridondanza. Un nuovo sentimento rende più inclini a collaborare, e anche le poche strutture ricettive locali cercano di rinnovarsi, ricreando nuovi luoghi di aggregazione.

 

 

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