Alta Via delle Dolomiti numero 1: il racconto tappa per tappa
Foto e articolo di Marco Lascialfari (Firenze)
Leggi anche: Alta via delle Dolomiti numero 1: miniguida |
1 tappa
21 luglio 2018
Da casa al Rifugio Sennes
Durata: 4h15′(dati indicativi … tempi comprese pause per il tratto “camminato”)
Dislivello: + 900 m (in salita)/ – 270 m (in discesa)
Con Andrea ho appuntamento alla stazione di Firenze Santa Maria Novella alle 6.30.
Saliamo sul treno e cambiamo a Bologna per poi giungere a Fortezza. Qui troviamo il trenino delle Dolomiti che ci conduce a Villabassa. Poi, con il bus, raggiungiamo, alle 14, il Lago di Braies.
Bellissimo, ma troppo, troppo affollato per tutti i turisti che, affascinati dalla nota Serie TV… cercano disperatamente Terence Hill.
A noi basta un caffè (facciamo la coda, è caro e neppure buono, come ovvio) e partiamo seguendo la sponda sud. Fatto mezzo periplo del lago basta salire 50 metri seguendo il sentiero che ci porta verso i rifugi Biella e Sennes e tutta la confusione scompare. Sotto solo l’azzurro dell’acqua, davanti a noi il sentiero che si fa sempre più accidentato, solitario e verticale.
Intanto il sole velato della partenza ha lasciato spazio a nuvole cariche di pioggia e comincia a piovere.
Il vento e il freddo cominciano a farsi sentire e quando scolliniamo e vediamo il rifugio Biella le mani cominciano a dolere e le cerate si arrendono. Un piccolo stop, al riparo di un ricovero, per mangiare una barretta di cereali e ripartiamo. Finalmente il Sennes. Bello, confortevole, e desiderato quanto mai.
Vorremmo farci una doccia e poi cenare ma dalle 6 la cena è iniziata. Sono le 6.30 e se facciamo la doccia rischiamo di sforare e trovare la cucina chiusa (alle 7.30 si chiude). La doccia si fa più tardi. Cena ottima, alla carta, doccia e alle 8.30 si dorme.
2 tappa
22 luglio 2018
Dal Rifugio Sennes al Rifugio Lavarella (Pian Fanes)
Durata: 4h20′
Dislivello: +500 m/-570 m
Fatta una splendida colazione partiamo, il tempo è bello.
Attraversiamo la piccola pista per aerei dove le marmotte hanno scavato le loro tane e procediamo sul sentiero. Abbiamo deciso di fare una piccola variante verso il rifugio Fodara Vedla (Vecchia Fodera). Da lì, una volta, passava un sentiero che portava al Fanes/Lavarella senza scendere al Pederù. Questo sentiero è purtroppo, da un paio di anni, franato e non percorribile ma, pur sapendolo, aggiungiamo volentieri questa piccola variante, abbiamo tempo, siamo in ferie.
Il Fodara riposa in una piccola conca meravigliosa. È bellissimo e costituisce comunque una valida alternativa al Biella o al Sennes, basta aggiungere altri 40 minuti di cammino da quest’ultimo.
Scendiamo verso il rifugio Pederù percorrendo i troppi tornanti che fanno perdere oltre 500 metri metri di altitudine da riguadagnare, poi, faticosamente. Si risale e finalmente eccoci al Pian de Fanes. Sembra di essere in una cartolina: la stradina sterrata, il fiumicello, il laghetto, il verde tutt’attorno, le casette di legno e pietra, il ponticello. Prima la Malga, poi il bivio Fanes/Lavarella e con 10 minuti di cammino arriviamo al nostro rifugio.
Ci assegnano due diverse camere a causa della prenotazione fatta in momenti diversi. A me tocca una camerata nel sottotetto e più volte mi spunto le corna sulle bassissime travi, ad Andrea tocca una camera con 3 Russe del tipo “ te spiezzo in due”, non so chi dormirà peggio! Cena sempre di ottimo livello e ‘notteeee!
La guida utilizzata:
3 tappa
23 luglio 2018
Da Lavarella a Rifugio Col Gallina
Durata: 6h50′
Dislivello: +1.000 m/ – 600 m
Aspettiamo la colazione che viene servita alle 7.30 e poi ripartiamo.
Piano perché ad Andrea fa un po’ male un ginocchio sforzato nella lunga discesa al Pederù. Ma ha una idea geniale. Utilizza una fascia multiuso (cappello, para collo, passamontagna, costo circa 3-4 euro spesi benissimo), la raddoppia e ne fa una fascia elastica: una meraviglia. Il dolore si attenua e può procedere.
Così superiamo una breve salita e passiamo accanto al Lago di Limo, poi arriviamo alla Malga Gran Fanes. Ora un lungo pianoro e poi, sulla sinistra, parte il sentiero per Forcella Lech. Con un bel po’ di fiatone e arrancando sulle rocce arriviamo al passo: sotto di noi una vertiginosa discesa verso il lago Lech o Lagaccio. Davanti a noi, su in cima, il rifugio Lagazuoi che apparirà dopo i primi tornanti.
Scendiamo sul sentiero perfettamente tenuto. Tronchi e massi fanno da retta alle varie curve. Qui la manutenzione è quasi maniacale.
Passiamo vicini al Lagaccio e poi iniziamo a salire. Non dobbiamo arrivare al Lagazuoi, non vi abbiamo trovato posto. Dobbiamo prendere a sinistra appena sotto al rifugio e poi, dopo la forcella Travenanzes scendere al Falzarego tramite un sentiero che interseca una pista da sci. Se avessimo avuto più birra avremmo potuto salire al Lagazuoi e poi prendere un sentiero che entra dentro la galleria della guerra ’15-’18 da consigliare a tutti (necessari casco e lampada frontale, la conosco, l’ho percorsa due anni fa in un soggiorno a San Cassiano).
Comunque in breve raggiungiamo, dopo forcella Travenanzes, il Rifugio Col Gallina, 200 metri dal passo Falzarego e tappa per questa notte.
4 tappa
24 luglio 2018
Da Col Gallina a Malga Giau (sulla carta indicata anche come Casera Giau)
Durata: 4h30′
Dislivello: +590 m – 500 m
Partiamo assieme ad una ragazza Austriaca di nome Miriam. Per un po’ percorreremo una variante della Alta Via. Passeremo vicinissimi alla parete verticale Sud dell’Averau, minor saliscendi … ma un sentiero più emozionante e panoramico. Saliamo la prima rampa, durissima, poi ci inoltriamo in un sentiero roccioso e stupendo; quasi arrampichiamo – ho detto quasi, non esageriamo!
Poi giunti alla forcella Averau seguiamo il sentiero che, sul pietrisco immediatamente sotto la parete verticale, gira attorno all’Averau. Scorci mozzafiato con la Marmolada che, in fondo al panorama, brilla al sole.
Arriviamo al Rifugio Averau: bello, delizioso, quasi intoccabile poiché sempre completo e raggiunto da una comoda seggiovia. Passiamo oltre ma qui salutiamo Miriam. Lei scende verso i rifugi Scoiattoli, 5 Torri, Croda del Lago per seguire un percorso che si riunirà al nostro fra due giorni. Noi andiamo dritti, saliamo verso il Nuvolao. Questo rifugio, assieme al Lagazuoi sono i posti (dove dormire) più panoramici di tutto il trekking. Lo sguardo ruota attorno al piccolo e semplice rifugio e copre tutti i 360°. Solo gli occhi riescono a veder la meraviglia che circonda il posto. Si respira bellezza e anche semplicità. Ora di stellato, se si trova modo di dormire qui, non ci sarà il menù ma solo il cielo.
Due chiacchiere col guardiano e ci imbrachiamo. Un primo sentiero attrezzato ci fa scendere di alcune decine di metri, poi un sentiero ben segnalato e ancora la piccola ferrata Ra Gusella. Semplicissima e sicura.
Incontriamo anche alcuni bambini che salgono verso di noi. Il sentiero scende ancora e poi gira decisamente verso destra verso il passo Giau. Noi invece proseguiamo dritto e in poco raggiungiamo Malga Giau dove abbiamo trovato da dormire. Ci accoglie la gentilezza della proprietaria, la signora Barbara, la bellezza del luogo, la pulizia del rifugio, l’ottimo cibo e, se non bastasse, lo splendido panorama che, al tramonto, arrossa le cime davanti a noi. Per non parlare dell’alba del mattino successivo.
5 tappa
25 luglio 2018
Da Malga Giau al Rifugio Sonino al Coldai
Durata: 8h30′
Dislivello: +850 m/-890 m
Oggi, quella che ci attende, è una tappa piuttosto lunga ed impegnativa.
Prendiamo un sentiero che, unendosi a quello proveniente dal Giau, ci porta a salire alla Forcella Giau dove asinelli e muli pascolano indisturbati. Ci raggiunge un ragazzo Australiano di nome Sam ospite assieme a noi alla Malga. Va troppo veloce rispetto a noi anziani. Farà un lungo giro e rientrerà alla Malga. Cosa ci faccia da queste parti … è un mistero. A dire il vero l’ha detto ma io con il mio scarso inglese non l’ho capito. Ci dividiamo e noi affrontiamo il possente Pelmo.
Vi giriamo attorno e arriviamo al rifugio Città di Fiume, ma prima incontriamo una “scolaresca” di bambini guidati dalla loro maestra…
Ci avviciniamo, qualcosa non quadra! Cavolo, non è una scolaresca: sono un gruppo di giapponesi preceduti dalla loro guida Italiana (donna).
Bando alle bischerate: ripartiamo verso lo Staulanza. Vi arriviamo, 500 metri di asfalto e giriamo verso Malga Vescovà. Abbiamo deciso di fermarci qui a mangiare un boccone. Abbiamo un nostro panino e nessuno obietta se mangiamo quanto abbiamo con noi. Poi chiediamo un dolce e un caffè. I piatti che ci passano davanti profumano di funghi; un vero peccato esserci fatti un panino alla partenza. Ci serve una ragazza che appena ci sente parlare ci dice: voi siete delle mie parti, io sono di Prato. Certo il mondo è veramente piccino. Lavora qui durante la stagione estiva … poi non sa cosa farà … si starà a vedere.
Riprendiamo il cammino saliamo, saliamo, saliamo. Dopo un pianoro arriviamo ad una malga … e poi comincia un sentiero veramente duro, specialmente dopo tante ore di cammino. Il lungo percorso verso il Coldai sale all’infinito ma finalmente arriviamo al Rifugio Sonino.
A cena si unisce a noi una ragazza tedesca, Catherine, che parla un buon Italiano. In camera nostra c’è anche una coppia tedesca che parla un italiano quasi perfetto … ma sono un po’ musoni e cenano da soli limitandosi a poche parole oltre il buonasera.
Poi dopo cena uno spettacolo di colori: il Pelmo si arrossa e da il meglio di sé. Foto, commenti ma poi si rientra: fa veramente freddo.
6 tappa
26 luglio 2018
Dal Coldai al Rifugio Tomè al Passo Duran
Durata: 9h50′
Dislivello: +960/-1.480
Se quella di ieri è stata una tappa dura, quella di oggi lo sarà di più . Sulla carta sarebbero circa 7 ore … ma noi siamo un po’ “agees” .
Dopo colazione salutiamo Catherine e la coppia tedesca e saliamo verso il Laghetto Coldai. Pioviggina ma non da fastidio. Arriviamo dopo poco al bivio che va verso il Rifugio Tissi (alternativa per il pernottamento … dopo il Coldai) e proseguiamo. Il Tissi, pur richiedendo un’ora in più di cammino, è su uno sperone di roccia inclinato proprio davanti al Civetta, una posizione veramente invidiabile.
Il sentiero che percorriamo è fantastico e per niente impegnativo così, scansando le numerose mucche che pascolano placide, proseguiamo lungo la parete del Civetta. Le sue torri svettano nel cielo diventato azzurro.
Mi ripeto: uno spettacolo che lascia senza fiato. Anche perché il poco fiato che abbiamo ci serve per andare avanti.
Siamo già stanchi e non siamo ancora a metà del percorso; ci fermiamo al rifugio Vazzoler per un caffè (ci vuole proprio). Sulla carta mancano ancora 4 ore al termine tappa. Ma quanto sono lunghe 4 ore !!!
La nostra meta è il passo Duran anche se poco prima ci sarebbe un altro rifugio: il Carestiato. Molto bello e accogliente … ma noi non vi abbiamo trovato posto. Poco male, ancora 40 minuti e arriviamo al passo Duran. Qui 2 rifugi, valide alternative al Carestiato: il Tomè e il San Sebastiano. Noi abbiamo prenotato al Tomè e così, letteralmente DISTRUTTI (abbiamo impiegato quasi 10 ore fra camminata, caffè, merendina, pranzo , un numero imprecisato di soste tecniche, invece delle 7 da manuale) ci buttiamo sulle brandine felici di aver portato a termine questa lunga giornata. Va bene, la doccia, il bucato, la cena … tutto questo come al solito. Buonanotte!
7 tappa
27 luglio 2018
Dal Tomè al Rifugio Sommariva al Pramperet
Durata: 5h15′
Dislivello: + 570 m/– 350 m
Partenza di buon ora. Dopo un pezzetto di asfalto si prosegue nel bosco. Andrea, accanito cercatore di funghi, spazzola con lo sguardo i lati del sentiero. Un paio di “gallinelle”, qualche porcino non commestibile, due grosse manine, uno strano fungo nero e marrone, alcune russole, pennenciole non buone, quattro magnifici porcini e zitti zitti… proseguiamo.
Senza fatica andiamo avanti mentre altri trekker ci precedono ed altri ci seguono. Che sorpresa!
Dietro a noi arrivano 4 ragazzi, tra loro la ragazza austriaca Miriam. Un caloroso saluto, loro sono più giovani e veloci e quindi un definitivo (?) “Bye Bye”.
Eccoci ora a Malga Moschesin, su un bel prato ci sono due baracche e davanti a loro una magnifica fonte di acqua gelida. In questo posto, con un po’ di spirito di avventura si potrebbe anche dormire. Nella baracca principale ci sono brande e tavolati. Un angolo per il fuoco e sicuramente qualche roditore messo li dalla pro loco. Poi sul sentiero incontriamo due Carabinieri Forestali. Quattro parole e la loro richiesta di portare un saluto ai gestori dei successivi rifugi. Lo faremo con gioia.
Si prosegue fino ad arrivare al Forte Moschesin: una vecchia struttura militare abbandonata.
Davanti a noi il gruppo montuoso del Pramper e del Pramperet fa da protezione al pianoro dove è stato costruito il Rifugio Sommariva, nostra prossima meta (nelle vicinanze anche un altro posto valido: Malga Pramper). A sud si comincia a vedere il gruppo dello Schiara. Oltre lo Schiara ci immaginiamo la vallata di Belluno, nostro punto di arrivo finale.
Si sale ancora sul sentiero panoramico e finalmente si scende verso il poco lontano rifugio. Siamo appena a 10 minuti dall’arrivo e o no ancora tu, Miriam!
Lei e i ragazzi stanno proseguendo verso quella che, domani, sarà la nostra meta. Noi NO. Ci fermiamo qui al Sommariva è già sufficiente per oggi.
A tavola un po’ di chiacchiere con un ragazzo di Belluno, i simpatici gestori, 4 Inglesi e tanti altri.
Dopo cena, mentre aspettiamo la luna rossa e la successiva eclissi, ci passa a trovare Antony. Chi è Antony? Ma è un magnifico e possente cervo che quasi tutte le sere viene a salutare e dare la buonanotte agli ospiti del rifugio.
8 tappa
28 luglio 2018
Da Pramperet al rifugio Bianchet
Durata: 7h15′
Dislivello: + 720 m/– 1.100 m
La tappa di oggi è relativamente breve. Quindi ce la prenderemo calma e faremo diverse soste senza preoccuparci molto. Inizialmente avevamo ipotizzato, dopo il passo Zita e il successivo rifugio Pian di Fontana, di salire i 1.000 metri verso il Bivacco Bocco al Marmol (in totale oltre 7 ore di cammino). Lì passare la notte. Poi ragionandoci sopra e facendo una seria riflessione sui pro e i contro abbiamo deciso diversamente. Aggiungeremo una giornata al nostro trekking ma saremo sicuramente più riposati per affrontare la Via Ferrata Piero Rossi (Marmol). Se avessimo deciso per la sosta notturna al Bivacco Bocco ci saremmo dovuti sobbarcare il maggior peso per cibo e acqua per la sera, la notte e la mattina successiva. Per questa ipotesi e per il timore di non trovare adeguati giacigli al Bocco, ci siamo portati sacco a pelo e materassino gonfiabile. Scopriremo domani che il Bocco è stato completamente ristrutturato e rinnovato, ma ne parliamo domani.
Saliamo quindi sul ripido pendio che porta allo Zita. Anche il sentiero, dopo la forcella, scende con una pendenza niente male.
Marmotte, fiori di tutti i tipi, stelle alpine.
E in fondo il Rifugio Pian di Fontana. Ci fermiamo più di un’ora a mangiare un boccone e a bere un caffè. Non vi abbiamo trovato posto per dormire e dobbiamo proseguire. Il gestore ci ringrazia per aver telefonato e aver deciso di andare al Bianchet e quindi non averli messi in difficoltà (pernottamento in locali invernali o all’esterno). Quattro chiacchiere con gli altri ospiti del piccolo ristorante e una piccola indagine per sapere quale ferrata prendere per scendere facilmente dallo Schiara e poi si riparte. Ancora quasi due ore ma, senza troppa fatica, arriviamo al bel rifugio Bianchet.
Bello e accogliente, è sul percorso che permette di raggiungere la strada provinciale e quindi evitare la salita allo Schiara e la successiva Ferrata verso il rifugio 7° Alpini. Molti fanno questa variante e, senza kit da ferrata, questo è praticamente un obbligo. Noi però non chiudiamo la nostra Alta Via così, domani torneremo indietro di mezzora e faremo il percorso originario salendo alla forcella Marmol e scendendo dallo Schiara.
Siamo arrivati col sole e presto. Più tardi arrivano altri clienti … e piove che sembra un diluvio.
La cena e il dopocena trascorrono in allegria con Tiziano, Annamaria e i rifugisti Enzo e Sonia. Canti, aneddoti, ricordi di montagna, sogni
9 tappa
29 luglio 2018
Dal Bianchet al Rifugio 7° Alpini
Durata: 8h30′
Dislivello: + 950 m/– 990 m
Tutti ci hanno consigliato la ferrata Piero Rossi (ex Marmol) più semplice e veloce delle altre.
Così, dopo colazione, ritorniamo sui nostri passi e, tramite un sentiero che fa da bretella, raggiungiamo facilmente la forcella Nerville.
Abbiamo già 300 metri di salita nelle gambe e ce ne aspettano altri 700. Davanti a noi l’imponente Schiara e la forcella Marmol che la separa dal monte Pelf. Su lingue di neve ghiacciata e pietre si sale. E poi dopo 3 ore dalla partenza si raggiunge la Forcella. Ci imbrachiamo, da qui inizia la ferrata.
La parte in salita è piuttosto mal ridotta con cavi tranciati e chiodi allentati. Ne ero a conoscenza. So anche che si tratta del solo tratto iniziale e certamente non pericoloso. Poi si comincia a scendere.
Ecco il Bivacco Bocco e lì sotto, appena 800 metri più in basso, il rifugio 7° Alpini.
Il bivacco Bocco è un piccolo container a botte di colore rosso. Ancorato al cemento su uno spuntone roccioso a strapiombo sul dirupo. Perfetto, al suo interno sei brande con materassi e coperte nelle loro buste di nylon, qualche accessorio, una pala da neve, un tavolino… niente più.
Tutto pulito e ordinato. Passare una notte qui deve essere bellissimo (tramonto e alba sicuramente da urlo), ma attenzione, anche per una semplice pipì notturna si esce LEGATI.
NON scherziamo siamo sulla verticale della parete e scendere di alcune centinaia di metri in un colpo solo non sarebbe piacevole.
Noi passiamo curiosi, diamo un’occhiata al suo interno e poi si riprende a scendere.
Tre ore con il dissipatore quasi costantemente ben ancorato al cavo d’acciaio.
Qualche scaletta e sentieri sconnessi.
Ora la ferrata Rossi si unisce alla Zacchi. Si continua a scendere e finalmente si atterra su un prato erboso.
Siamo al Porton: una strana formazione della roccia della parete. Una specie di enorme portone che segnala la partenza/arrivo della ferrata. Raggiungere il rifugio è, ora, solo questione di poche decine di minuti.
10 tappa
30 luglio 2018
Dal 7° Alpini a Case Bortot e poi … a CASA
Durata: 3h10′
Dislivello: +100 m/-800 m
Ieri sera abbiamo mangiato benissimo accolti dalla gentilezza di Marino e Lara, i gestori del rifugio. Vivono qui assieme ai loro figli, 2 gemelli di 7-8 anni, ed ai due cani: Tina un pastore del Caucaso di 11 mesi e Stella, un incrocio di mille razze.
Alle 7,15, dopo colazione, li salutiamo. Oggi non consideriamo questa una tappa; dobbiamo solo scendere lungo un torrente dalle acque di smeraldo fino alla “civiltà”. Non abbiamo tempo di fare un bagno che sarebbe sicuramente rinfrescante. Nè di andare a vedere lo spettacolare Bus del Buson, l’antico corso del torrente Ardo. Alle 11 abbiamo fissato un taxi a Case Bortot, dopo c’è solo asfalto fino a Belluno.
La nostra Alta Via 1 è finita.
Resta solo da farsi dare, dal Centro di Informazione Turistica il nostro meritato distintivo che attesta l’aver percorso l’Alta Via 1 delle Dolomiti e poi treno, treno, treno e CASA.
Quanto costa l’Alta via delle Dolomiti? CONCLUSIONI e note Finali
Costo complessivo attorno ai 600/650 euro comprensivi di circa 140 euro per il viaggio a/r da Firenze.
Costo indicativo per ciascun rifugio+cena+colazione fra 45 e 70 euro (sconti CAI per i soci nei rifugi a gestione CAI).
Attenzione: chiedere sempre se l’acqua del rifugio è potabile. In due casi è stato necessario usare acqua minerale a causa della dubbia potabilità.
E poi che dire?
Percorso fantastico per panorami, varietà del percorso, sentieri, cibo e accoglienza.
Se mi fosse richiesto di fare una classifica sicuramente metterei questa Alta Via ai primi posti fra i miei trekking, forse proprio al primo.
Pochi, purtroppo, gli Italiani incontrati.
Molti i Tedeschi che, in qualche caso percorrono questa alta via all’interno del più lungo percorso che unisce Monaco di Baviera alla nostra Venezia. Ma abbiamo incontrato anche Inglesi, Austriaci, Olandesi, Australiani, Israeliani… Giapponesi. Tutti con scarponi ai piedi, zaino in spalle, lo sguardo perso nella meraviglia dei posti e un sorriso sempre pronto per salutare chi si incontra.
Tantissime le possibili varianti al sentiero principale. Trovate il vostro sentiero senza preoccuparvi troppo della piccola o grande variante. Inventatevi la Vostra Alta Via, tutti i sentieri portano a Belluno.
Qui il racconto con le foto a video:
Marco e Andrea
Marco Lascialfari, nonostante non abbia la frangetta e non sia neppure una ragazza (ve ne siete accorti per caso?)… è l’autore di questo post e il protagonista di questa esperienza.
Se volete scrivergli: fringeintravel@gmail.com
Ogni giovedì appuntamento fisso con racconti o video di trekking, cammini o escursioni! Idee per nuove gite o consigli, trovate tutto qui: FRINGE IN TREKKING Se volete invece ess ere sempre aggiornati e non perdervi nessun post, iscrivetevi alla newsletter e indicate “trekking” negli interessi. |
L'articolo Alta Via delle Dolomiti numero 1: il racconto tappa per tappa proviene da Fringe In Travel.
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via Alta Via delle Dolomiti numero 1: il racconto tappa per tappa
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