Cambiare la prospettiva sull’Umbria… grazie a Giotto. Una mostra intitolata Gubbio al tempo del Maestro del cerchio è il punto di partenza ideale per un’esperienza rigenerante a contatto con la natura dell’Umbria, rimasta incontaminata proprio come in epoca medievale. Perdersi nei boschi a caccia di tartufi, ammirare la ceramica lavorata secondo tecniche rinascimentali, percorrere a cavallo i sentieri francescani, o sorvolarli con un deltaplano, sono solo alcune tra le esperienze più belle che ci si può concedere nella regione più verde d’Italia.
Gubbio al Tempo di Giotto
“Da anni a Gubbio non si vedeva una mostra così”, dice Elvio Lunghi, docente di Storia dell’arte medievale e curatore dell’esibizione. “Esponiamo circa 70 opere distribuite tra tre diverse sedi che abbracciano il centro cittadino, nonché l’intera storia eugubina: Palazzo dei Consoli, Museo della Cattedrale e Palazzo Ducale”. Il fine è evidente: riconsegnare alla città la rilevanza politica e culturale ricoperta nell’età comunale che si ritrova nelle pennellate dei vari Guido da Olderisi, Palmerino di Guido e Mello da Gubbio, le cui opere sono state finemente restaurate o richiamate in prestito per l’occasione. “Molti artisti eugubini dell’epoca recepirono il messaggio di Giotto -prosegue Lunghi- facendo di Gubbio un centro di produzione pittorica di primo piano a cavallo tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento”.
Attraverso il percorso della mostra (aperta tutti i giorni fino al 4 novembre) il visitatore potrà viaggiare nel tempo e ritrovare, nella Gubbio di allora, la fisionomia della città attuale: stessa pietra calcarea bianca, stesse volte ad arco disseminate per il centro storico e stessa devozione per Sant’Ubaldo che ancora oggi accomuna tutti e quattro i quartieri cittadini. Terminata la visita è bene cercare la complicità di un eugubino doc: solo grazie al suo ‘battesimo’ con l’acqua e ad un rituale che prevede tre giri di corsa intorno alla fontana del Bargello si potrà ottenere la Patente da Matto, una sorta di cittadinanza onoraria riservata a persone libere e in grado di pensare fuori dagli schemi. Gli ospiti più graditi da queste parti.
A caccia di tartufi
I tre monti che circondano Gubbio nascondono nel sottosuolo la più preziosa tra le peculiarità gastronomiche della città: il tartufo. Lecci, querce e pioppi sono gli alberi ideali per provare a riempire le catane (così sono chiamate le borse adibite alla raccolta), sempre che il fiuto del cane dia buoni frutti. Pochissimi i tartufai disposti a dare consigli in materia, tra questi il signor Francesco Cacciamani che quasi ogni giorno organizza spedizioni nei boschi per gli ospiti dell’agriturismo San Vittorino: le scaglie del tartufo raccolto potranno, a scelta, insaporire qualche piatto di pasta ideato dallo chef Alfredo Sebastiani o, perché no, accompagnare la pizza (o meglio ancora la crescia) cotta nel forno a legna a disposizione della struttura.
La ceramica a lustro di Gualdo Tadino
Chi vuole portarsi a casa un pezzo d’artigianato unico e originale può percorrere i 24 km che separano Gubbio da Gualdo Tadino, dove dall’800 si utilizza una tecnica rinascimentale -le cui origini si perdono però ai tempi delle civiltà mesopotamiche- per decorare la ceramica con sfumature iridescenti di oro e rubino. Fu il marchigiano Paolo Rubboli ad avere l’intuizione giusta: costruire dei forni particolari, detti muffole, per poter passare i manufatti in terza cottura e ottenere così una speciale forma di smaltatura . “E’ un procedimento particolarmente complicato che però produce pezzi irripetibili”, spiega la signora Fiorella Rondelli, titolare del laboratorio ‘Vecchia Gualdo’, tra i pochi a lavorare ancora secondo le regole tramandate di generazione in generazione. “Per decorare un piatto di dimensioni medio-grandi può volerci anche un mese: non è semplice controllare la temperatura delle muffole e, soprattutto, la direzione del fumo all’interno della cappa”. Un lavoro di cesello affidato alle sapienti pennellate del pittore Sergio Donnini, 73 anni, ultimo custode dei segreti del secolare lustro gualdese.
In sella, sulle orme di San Francesco
Non è certo l’automobile il mezzo di trasporto migliore per esplorare i tortuosi sentieri dell’Umbria medievale. Decisamente più saggio affidarsi ad agili zoccoli equini, magari lungo l’ippovia di recente inaugurazione che collega Gubbio ad Assisi passando per Valfabbrica. E proprio da qui si può partire in sella ad uno dei cinque cavalli che Camilla Antonelli, titolare del maneggio I cavalli delle Torracce, ha adottato salvandoli dal macello grazie al contributo dell’associazione Horse Angels. Il percorso, lungo 50 km, attraversa i verdi scenari della valle del fiume Chiascio ripercorrendo le orme del Santo e offrendo diversi punti di sosta nel circuito di abbazie incastonate tra cerri, uliveti e il profumo delle ginestre. Camilla, 23 anni di cui 18 dedicati all’equitazione, organizza diversi tipi di escursione: dalla passeggiata di un’ora (a partire da 25 euro comprensivi di assicurazione) all’escursione su più giorni alla scoperta dei borghi appenninici. I più romantici potranno anche richiedere espressamente i servigi di Tati, splendida cavalla dal manto bianco, per domandare la mano alla propria amata.
Prove di decollo tra farfalle e falconi
Scesi da cavallo, il divertimento può proseguire sulle vette del Monte Cucco, una delle poche località italiane dove si disputano campionati nazionali e internazionali di volo libero. La spianata di Pian del Monte, popolata da socievoli mandrie di asini e cavalli, è il luogo prescelto dall’istruttore Maurizio Tassinari, professionista dal 1986, per insegnare l’arte del volo in deltaplano (30 minuti a partire da 115 € con l’associazione Umbria in Volo) . Go Pro fissata sull’ala per riprendere l’avventura, caschetto e tuta d’ordinanza, ci si butta nel vento toccando vette di 2.000 metri per scoprire un mosaico di emozioni di cui i paesi a valle (Sigillo, Costacciaro, Scheggia e Pascelupo) sono i tasselli perfettamente incastonati tra le vette dei Sibillini.
Se si è fortunati poi, ci si può imbattere in una vera e propria nevicata di farfalle bianche, oppure incrociare il volo dei falconi tanto cari a Federico II impegnati in qualche battuta di caccia. Chi non vola può comunque percepire la maestosità del Monte Cucco da una diversa prospettiva: l’associazione Tra Montana (Tel. +39 331 82 59 762, sito internet in allestimento), composta da 15 giovani e appassionate guide tra escursionisti, speleologi e storici, organizza passeggiate in montagna a tema (in ottobre, ad esempio, si seguono le orme delle streghe nella valle del Riofreddo) e discese nelle grotte sotterranee del monte. Si può scegliere tra il percorso scoperta, che dura un’ora e prevede una passeggiata di 600 metri, e la cosiddetta traversata, un’ora e mezza per 800 metri di cammino. Quest’ultima opzione offre l’incredibile esperienza del buio: spente le luci che delimitano i sentieri ci si ritrova immersi nel silenzio e nell’oscurità che avvolgono le cave di calcare massiccio. Se si capita in luglio, il giorno undici si può anche assistere alla messa sotterranea celebrata dal vescovo di Gubbio in onore di San Benedetto di Norcia, protettore di tutti gli speleologi, anche di quelli improvvisati.
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