Danimarca: la magia del faro perduto tra le sabbie

Questa storia potrebbe iniziare come una favola. C’era una volta un faro bianco, costruito là dove comanda il vento. Come una sentinella, dall’alto della sua scogliera, teneva a bada il mare del Nord.

Era l’inizio del ‘900 a Rubjerg Knude, vicino alla città di Lønstrup. La penisola dello Jutland, baluardo continentale della Danimarca, è un piatto susseguirsi di foreste e campi, che proprio da qui in avanti si restringe lentamente, terminando in una striscia di sabbia abbracciata da due mari. Da Skagen, un po’ più a nord, si può camminare fino al confine della Nazione, arrivando sul sentiero dorato che separa il Baltico dal mare del Nord, con le onde che spumeggiano le une sulle altre da direzioni opposte.

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Rubjerg Knude è diverso, perché non conosce pace. La costa è alta e friabile, senz’alberi. Solo brughiera, fiori e animali al pascolo, mentre le nubi scorrono rapide nel cielo, come fossero trascinate dalla corrente di un fiume. Questo pezzo di Danimarca è terra di naufragi e spaventose tempeste. Il 6 dicembre 1808 la fregata britannica HMS Crescent affondò non lontano da dove sarebbe sorto il faro. Morirono in 200, poi sepolti in un piccolo cimitero. E c’era anche la chiesetta di Mårup, lì da 700 anni a sfidare le grida del vento, quando la riva distava oltre un chilometro.

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Il faro bianco entrò in funzione nel mese di dicembre. Era, ed è tuttora, una torre massiccia, alta 23 metri, con balcone e lanterna rossa. Attorno costruirono una serie di edifici, qualche aiuola e una stradina. Pare tuttavia che esistano luoghi che non amano essere colonizzati. Da subito il mare prese a martoriare la costa con imprevista energia, abbattendone interi tratti. Progettisti e costruttori non si diedero per vinti: gettarono cemento e sistemarono protezioni.

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Poi, a cavallo del vento, arrivò la sabbia. Proprio come nel Sahara o in Medio Oriente, l’area del faro cominciò a essere travolta da tempeste rosse che strappavano tegole e grondaie, ammassando cumuli di polvere attorno ai muri. La sabbia inghiottì le aiuole e l’accesso all’area, mettendo in pericolo la stabilità degli edifici. Nel 1968 il custode spense la lanterna e se ne andò, così il faro di Rubjerg Knude venne abbandonato al proprio destino. Tutti si aspettavano che sarebbe crollato di lì a poco, nell’abbraccio mortale di quelle dune alte quanto palazzi. Invece la sentinella bianca rimase al proprio posto, anche se ridotta a un guscio vuoto.

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Si sparse la voce di questo luogo straordinario. Arrivarono i turisti e qualcuno ebbe l’idea di allestire una piccola caffetteria e un museo ai piedi del faro. Sistemarono anche la scala all’interno della torre, per permettere alla gente di salire. Quella scala c’è ancora oggi e a proprio rischio e pericolo – come si dice in questi casi – è possibile raggiungere il terrazzino panoramico. Ma della caffetteria e del museo nessuna traccia, se non le migliaia di mattoni gialli, travi e pezzi di legno sparpagliati tra la sabbia.

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La chiesa bianca di Mårup venne smontata alcuni anni fa, per evitare che si sbriciolasse insieme alla scogliera. Il faro di Rubjerg Knude è ancora ostinatamente al proprio posto, col mare che continua a consumare la costa al ritmo di un metro e mezzo l’anno. Si stima che questa malinconica torre verrà inghiottita tra il 2020 e il 2025. Se volete vederla in piedi, intenta a sfidare le sabbie del mare del Nord, è meglio quindi non perdere tempo e andare.

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————— Alcuni suggerimenti

Come arrivare. Il faro si trova nel nord dello Jutland, tra le cittadine di Løkken e Lønstrup. Non servono grandi indicazioni, perché andando in auto dall’una all’altra lungo la statale 55, a un certo punto vedrete le dune che brillano in lontananza. C’è un minuscolo parcheggio dove lasciare l’auto. Da qui contate una mezz’ora a piedi per raggiungere le dune e altrettanto per scalarle in tutta calma e arrivare al faro. La scalata delle dune non è drammatica: i miei figli di sei e quattro anni si sono divertiti un mondo. Raccomandiamo un foulard per il viso e un paio di occhiali da sole per proteggersi dalla sabbia.
Un film da vedere: Il pranzo di Babette di Gabriel Axel (1988), Premio Oscar al miglior film straniero, che venne in parte girato nella zona della chiesa di Mårup.
Un libro da leggere: Il senso di Smilla per la neve di Peter Høeg (Mondadori).
Da non perdere: il confine estremo della Danimarca. La zona attorno al borgo di Skagen, sulla punta settentrionale dello Jutland, è una zona ricca di paesaggi affascinanti, con belle spiagge, pinete e dune. Raggiungete il Grå Fyr (“faro grigio”), che risale alla metà dell’800 e soprattutto il Grenen, una lingua di sabbia che si estende a nord-est e separa il mare del Nord dal Baltico, dove è possibile assistere allo scontro delle onde che arrivano da direzioni opposte. Dal parcheggio non lontano dal faro serve una mezz’oretta a piedi, ma se non avete voglia di camminare (o piove, cosa assai probabile!) c’è un simpatico servizio di autobus dove la carrozza è trainata da un trattore.
Torniamo un po’ bambini. Se avete pargoli al seguito (o se diluvia), potete passare qualche ora all’Oceanarium Nordsøen (Acquario del Mare del Nord) di Hirtshals, il più grande acquario marino nel Nord Europa.
Vale il viaggio: le bianche scogliere di Møn (Møns Klint). Ok, siamo da tutt’altra parte, ma se avete idea di trascorrere qualche giorno in Danimarca, magari facendo campo base a Copenaghen, non perdetevi questa meraviglia della natura. Siamo a neanche 150 km dalla Capitale, sull’isola di Møn. Le scogliere dell’isola affacciate sul Baltico, alte 120 m, sono fatte di candido gesso che brilla al sole, regalando all’acqua ai piedi delle falesie una straordinaria tonalità opalescente. Arrivati qui, vi chiederete: “Chi l’ha detto che la Danimarca è piatta?”

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