Palermo, l’integrazione si fa mangiando. Ex migranti diventati cuochi 10 e lode

ph: Getty Images

Palermo, quinta città più importante al mondo per il suo street food, secondo la celebre classifica di Forbes, è la meta perfetta per viaggiatori golosi e gourmet. Una città che da tempo si autodefinisce anche capitale dell’accoglienza, e se questo è vero lo si nota soprattutto nel cibo. Le abitudini alimentari dei palermitani sembrano essere cambiate negli ultimi tempi: panelle e crocchè, street food tradizionale, lasciano il posto a piatti etnici, preparati da immigrati e rifugiati politici. Esperienze culinarie  non  più percepite come esotiche ma  quotidiane.

La storia di Shapoor, arrivato sul barcone

shapoor

Foto di Umberto Santoro

Shapoor Safari è arrivato in Italia nel 2002 su una “carretta del mare”, con 150 a persone a bordo e rischiando la vita in una tempesta prima che una motovedetta salvasse il pesante carico umano. Oggi è il cuoco del ristorante multietnico più frequentato della città, MoltiVolti. Qui si possono assaggiare piatti della tradizione araba e mediorientale ma anche specialità siciliane, in cui Shapoor mescola ricette provenienti da aree diverse per comporre menù che mettono d’accordo il Mediterraneo e il Medioriente in un boccone.

«Quando sono arrivato a Palermo nel 2011», racconta, «ho avuto subito la certezza di essere in un luogo diverso da tutti gli altri. Ho trovato lavoro come lavapiatti e anche se all’inizio vivevo tra un centro di accoglienza e l’altro, mi sono sentito benvoluto. Adesso sono uno chef e mi diverto a preparare le mie ricette. Ai palermitani piacciono moltissimo, perché le ho adattate pensando a loro per ringraziarli di tutto quello che mi hanno dato. Quando si è seduti a tavola tutti insieme e si mangiano cose che vengono da parti diverse del mondo c’è più spazio per il rispetto e l’integrazione».

La guerra e la pace di Fateh

FatehAnche Fateh Hamdan è nato e cresciuto in un luogo di guerra, viene dalla Palestina, vive a Palermo da più di trent’anni ed è arrivato qui per studiare Architettura ma si è trovato a fare il ristoratore. Il suo ristorante “Al Quds” (Gerusalemme in arabo) è un punto di riferimento per tutti gli amanti della cucina mediorientale. Si trova a pochi passi da Piazza Rivoluzione, nel cuore della movida, e si possono mangiare i falafel più buoni della città. «Io a Palermo non mi sono mai sentito un immigrato, ho sempre accolto e rispettato tutti nel mio ristorante e sento che la gente fa lo stesso con me. La diversità è una cosa preziosa che arricchisce, non toglie niente e dà tanto. I palermitani amano la mia cucina. Ho cercato di migliorarla anno dopo anno, cercando di non usare troppe spezie o troppo aglio». Fateh è cittadino italiano da un paio di anni, si è anche candidato alle scorse elezioni comunali per dare un contributo alla città che gli ha dato tanto, ma sogna di andare a riposare in Palestina quando sarà vecchio, coltivando i suoi ulivi.

Il kebab di Mounir cancella il razzismo

A poche centinaia di metri si trova il piccolo ristorante da asporto di Mounir Bouzouita. Un “assaggio” di Tunisia in centro, tra zone frequentate da giovani e turisti durante tutto l’anno. Già sulla porta si sentono i canti e le preghiere del muezzin, una vecchia tv è sempre sintonizzata su un canale arabo che trasmette 24 ore su 24 immagini da La Mecca. Ma Mounir non è un integralista islamico. «Lascio la tv accesa su quel canale perché mi rilassa», dice, «non per fare proselitismo. Quando si è rotta tanti mi hanno chiesto di ripararla, nessuno mi ha mai chiesto di spegnerla. Sono arrivato qui per una vacanza con mio cugino, ma ho amato questa città fin da subito e adesso sono qui da più di 30 anni. I palermitani mi hanno voluto un bene straordinario. Il primo datore di lavoro che ho avuto mi trattava come un figlio e ho conosciuto persone generose e speciali. Qui vengono a mangiare tutti e quasi tutta la clientela è palermitana, vanno matti per il mio kebab che preparo solo con carne di tacchino fresca. Vengono a mangiare anche persone dichiaratamente razziste che hanno posizioni assurde sulla questione dell’immigrazione, ma quando escono da qui sembrano più calme. Secondo me quando mangi la cultura dell’altro sei più pronto per accoglierlo».

Gli indirizzi per un weekend multiculturale

A Palermo le tante dominazioni e la posizione geografica hanno fatto in modo che da sempre la città fosse abituata al diverso, stratificando sapori, ingredienti e culture gastronomiche differenti. Non è difficile immaginare che la stessa cosa possa accadere anche adesso grazie al contributo dei nuovi immigrati. Per chi volesse toccare con mano e assaggiare:  MOLTI VOLTI: Via Giuseppe Mario Puglia, 21. AL QUDS: Via Giuseppe Garibaldi, 66. MOUNIR KEBAB: Via Giovanni da Procida, 19

 

 

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