Sguardi profondi: le Galapagos viste da Steve McCurry

Steve McCurry

Il primo vero viaggio lo fece a 28 anni. In India, con una borsa di vestiti e un’altra di rullini. Immortalò quello che sarebbe stato eletto “lo scatto più riconoscibile nella storia del National Geographic” nel 1984: le iridi verdi di una giovane profuga afghana. Nel 2001, da un tetto di New York, ritrasse le Torri Gemelle che scomparivano “in una nuvola di polvere e cartacce”. Che si punti sulle vittime delle piccole e grandi guerre, su un paesaggio remoto o un dettaglio urbano, quello di Steve McCurry è l’occhio fotografico più premiato e ammirato del mondo. Le sue Galapagos, un racconto di acqua, roccia e creature del cielo e del mare, il suo Ecuador dei chagras, cowboy delle Ande che cavalcano soltanto con il poncho tradizionale, sono l’ennesima lezione di colore e poesia. Un capolavoro nato dalla collaborazione tra il fotografo e Silversea, compagnia di navigazione specializzata in crociere ultralusso.

Navigare tra i paesaggi spettacolari di queste terre, nate dal fuoco dei vulcani oltre quattro milioni di anni fa, a mille chilometri dalla costa centroamericana, è un’esperienza unica (un pacchetto all inclusive nelle isole dove Charles Darwin formulò la teoria sull’origine delle specie, seguendo le stesse tappe di McCurry, parte da 6 mila euro, silversea.com).
La danza di corteggiamento degli albatros, o le fregate in amore che gonfiano la sacca rossa sotto il becco, le testuggini che depongono le uova tra i leoni marini che si rotolano sulla sabbia dorata, rossa o nera, sono visioni che cambiano il senso del tempo e della storia. Una scoperta continua: qui ogni isola ha la sua geologia, le sue piante e i suoi animali.
Ogni giorno, con la formula Silversea Expeditions, lo sbarco in gommone sui piccoli moli dell’arcipelago, o direttamente sugli arenili, è preceduto da una lezione della guida naturalistica sull’isola del giorno e sul rispetto dell’ecosistema: vietato asportare anche solo un granello di sabbia. Dalla capitale dell’Ecuador, Quito, si vola fino all’aeroporto dell’isola di Baltra (o, a date alterne, di San Cristobal). Il tempo di trasferire i bagagli sulla Silver Galapagos (lunga 88.16 metri e larga 15.3, ha 75 membri di equipaggio e accoglie cento ospiti), e si salpa.
Circumnavigata l’isola Daphne Grande, a nord di Santa Cruz, per ammirare il volo delle sule dalle zampe azzurre che s’intreccia con quello dei gabbiani coda di rondine, si entra nella Baia di Darwin, nella piccola isola di Genovesa, in realtà la caldera erosa di un vulcano. Qui le prime iguane marine si crogiolano al sole, innumerevoli specie di uccelli riempiono il cielo e, nelle piscine naturali create tra le rocce dalla bassa marea, giocano cuccioli di leoni marini. A North Seymour si approda su corrugamenti lavici di straordinaria bellezza, mentre sulle rocce nere di Santiago, tra pieghe e bizzarre volute, spiccano centinaia di granchi colorati. Ogni passo, una sorpresa: pinguini, cormorani delle Galapagos, specie endemica che ha perso la capacità di volare, ancora iguane. La minuscola Rabida incanta per le scogliere e le spiagge rosse di ferro. Lo sguardo abbraccia l’intero arcipelago, mentre il sole scende tra i cactus endemici. Qui ci si può dedicare allo snorkeling scoprendo, anche a pelo d’acqua, iguane e tartarughe marine che strappano alghe dagli scogli sommersi, aquile di mare, piccoli squali e miriadi di pesci multicolore. Le rocce di Punta Pitt, sulla costa nord di San Cristobal, creata da due vulcani uniti, appaiono meno erose del resto delle Galapagos: in alcuni punti il magma ha solo qualche secolo. Dalla sua spiaggia si cammina tra lava basaltica e picchi scoscesi.
Española, la più meridionale, perennemente schiaffeggiata da onde oceaniche, è il solo luogo al mondo per vedere, tra ottobre e dicembre, quello spettacolare gioco di beccate e inchini che è la danza di corteggiamento dell’albatros marezzato. Tornati a Santa Cruz, a Puerto Ayora, principale porto delle isole, il Centro di ricerche Charles Darwin monitora dal 1959 il delicato habitat delle isole.
South Plaza, poco più a est, offre una colonia di iguane terrestri in una foresta di fichi d’India e, spingendosi all’altro capo dell’isola, un gruppo di maschi di leoni marini. Secondo la guida, sono esemplari scacciati dai leader di altre colonie. L’ultima visione del viaggio sono le acrobazie di questi giganti del mare sulle rocce vulcaniche impervie e spigolose, mentre i marosi frustano la scogliera in una nebbia d’acqua polverizzata. Oggi come migliaia di anni fa.

IN VIAGGIO CON STEVE: L’ESCLUSIVA PER DOVE

1985-the-afghan-girl-national-geographicSteve McCurry and Silversea è il progetto che lega dal 2017 la compagnia specializzata in crociere deluxe al vincitore di quattro primi premi World Press Photo, oltre che della Robert Capa Gold Medal e del National Press Photographers Award. L’uomo della “Ragazza afghana”, storica copertina del National Geographic Magazine del giugno 1985, ha già scattato, sulle rotte dei viaggi Silversea, in Africa e Giappone, a Istanbul e in Sicilia, in Papua Nuova Guinea e alle Isole Svalbard. Le foto realizzate alle Galapagos e tra i chagras, contadini-allevatori delle Ande ecuadoriane, compaiono su questo Travel Issue di Dove, allegato al Corriere della Sera. Il numero di Dove di agosto, in edicola dal 27 luglio, avrà invece in esclusiva il reportage di McCurry nelle steppe della Mongolia.

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