E così, grazie al Salone del Mobile, altre 500.000 persone hanno visto Milano, la megalopoli più minuscola del mondo. Un milione e mezzo di abitanti tra cui s’annidano i cittadini di una serie infinita di sottocapitali: moda e finanza, editoria e televisione, design e architettura, arte e alta cucina (da 7 al 13 maggio c’è il festival Food City), artigianato e industria. Una Parigi in versione modellino, ma senza le sirene continue delle camionette della polizia. Una Berlino con molti più giorni di sole l’anno. Una Londra democratica e con centinaia di eventi gratuiti, senza re né regine.
«Resta ancora la capitale dello chic, ma s’è svegliata e ha capito di poter essere anche molto divertente» ha scritto il The Times, tracciando una guida per chi scegliesse di esplorarla. Una media di dieci milioni di viaggiatori l’anno che rimangono stupiti per le mostre giganti in spazi piccoli come da DEPart (fino al 26 maggio c’è Alighiero Boetti), oppure enormi in posti enormi come Fondazione Prada (dove è stata inaugurata la torre di Rem Koolhaas) o Hangar Bicocca (imperdibile la performance sotto ipnosi di Matt Mullican il prossimo 26 maggio). Ma anche per aspetti inattesi, che chi vive a Milano non nota neppure più: «È una delle città più verdi che abbia mai visto» dice ad esempio Luis Contreras, imprenditore venezuelano ma di stanza a Miami, che ha inaugurato sul lago di Como il suo hotel Il Sereno, «l’idea della Biblioteca degli alberi sotto il Bosco verticale, ad esempio, è avanguardistica».
Una micromegalopoli che non finisce mai di offrire nuovi quartieri, anche grazie ai vari distretti del design che durante il Fuorisalone (gli eventi sono stati 2.500) hanno fatto sciamare le persone da una parte all’altra della città. Oltre NoLo, Lambrate, e a Isola Design District, dove si può bere un cocktail al Botanical, pranzare da Café Gorille o provare una delle pizze migliori della città da Berberè, ha appena debuttato in società anche Ventura Centrale, serie di viuzze tra la stazione e Città Studi che si stanno pian piano animando grazie al traino di FuturDome, in via Paisiello 6, palazzo liberty dove s’incontravano negli anni Quaranta gli ultimi futuristi milanesi e da poco ristrutturato per ospitare mostre e installazioni.
«E l’hanno prossimo, c’è da scommetterci, emergeranno nuovi quartieri» dice l’architetto Stefano Boeri, presidente della Triennale di Milano, annunciando la prossima “triennale” meneghina dal 1 marzo al 1 settembre 2019, «penso a zona Ripamonti ad esempio, oppure a Citylife». Proprio Citylife, quartiere di grattacieli ed eleganti dimore dell’Ottocento dove ha inaugurato il nuovo cinema Anteo, un centro commerciale di grandi firme e il ristorante di Alessandro Borghese (via Belisario 3), con un cocktail bar frequentatissimo anche per gli aperitivi. Il tutto, mentre alla minicapitale si aggiungono di continuo nuove sottocapitali: quella della stand-up comedy, in locali come Santeria Social Club e Zog. Quella del jazz, tutte le settimane al Bonaventura e al Masada.
Della prosa, grazie anche alla riapertura del teatro Gerolamo, una Scala in miniatura rimasta chiusa per trent’anni e da poco inaugurata. Delle terrazze panoramiche e del buon bere come Terrazza12 e LaGare Rooftop: «Milano s’è fatta un nome anche qui a Londra» dice Valentino Baù, bartender dello stellato Waterside Inn, «quando vengo in città i miei indirizzi sono Octavius, Carlo e Camilla in segheria e Bulk, all’interno del nuovo hotel VIU». Una città a cui manca solo il mare, si lamenta ancora qualcuno. Ma forse è meglio così: una spiaggia a portata di mano, col caldo che fa già da primavera, rischierebbe solo di distrarre da tutto il resto.
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via Milano si è svegliata (ed è bella assai)
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