Un’altra Catalonia: viaggio tra mare e cantine di vermut, da Tarragona a Reus

Miguel Angel Alvarez - Agencia Catalana de Turism

L’aeroporto è quello di Barcellona. La direzione da prendere è però verso sudovest, sull’antica Via Augusta romana, verso una Catalogna vivace ma senza le code e i ritmi febbrili della capitale della movida. Tarragona si annuncia con l’arco d’onore di Berà. È lì da duemila anni: oggi ci passa intorno la statale tra i due capoluoghi. A pochi passi, primo assaggio di sapori catalani al ristorante La Bota per i calçots alla brace, una cipolla allungata che si consuma fresca con salsa romesco: pomodoro, mandorle, nocciole e peperone essiccato. In campagna sono i protagonisti di grandi grigliate comunitarie – le calçotade, appunto – che da queste parti sono per tutti il segnale che il freddo è finito. E il primo bagno non è poi così lontano.

TARRAGONA: UN GIRO IN CITTÀ TRA APERITIVI E MONUMENTI

Giunti in città, il pranzo si smaltisce con una biciclettata, una passeggiata, o la siesta in playa El Miracle. La città sta tirando a lucido le infrastrutture e gli impianti sportivi in vista dell’evento dell’anno, i XVIII Giochi del Mediterraneo (22 giugno – 1° luglio), con atleti da 26 nazioni. Ma in questa stagione i lungomari iniziano appena ad animarsi e, sulla battigia, lontano dalle ciclabili, capita di non trovare quasi nessuno.
Solo il ritorno in porto dei pescherecci sveglia il vicino quartiere del Serrallo. Qui ci si infila nell’ex Confraternita dei Pescatori, oggi El Pòsit, per le tapas di pesce fresco. Di pomeriggio poi, quando la brezza marina sale tra i colori pastello e i brusii dei vicoli dell’acropoli, Patrimonio dell’Umanità, si attraversa l’anfiteatro romano, si passa sotto la Porta di Minerva e si arriva alla cattedrale del XII secolo per passeggiare tra le aiuole del chiostro. Nella piazza del municipio, sulla pianta dell’antico Circo massimo, i bar sono pronti per l’aperitivo. Un fritto di pesce azzurro, un vermut con le olive da Casa Matías, e si sale alla Torre del Pretorio romano, in tempo per il tramonto sulla Costa Dorata. È una delle esperienze più suggestive, qui. 

DA TARRAGONA A CAMBRILS

Si ritrova il silenzio sui sentieri verso la campagna e tra i villaggi costieri. Su tarragonaturisme.cat non mancano le idee per percorrerli a piedi, in bici o a cavallo, tra i profumi delle piante officinali selvatiche di stagione. A sudovest, Salou e Cambrils sono le gemelle diverse della costa. In comune hanno le acque trasparenti e le larghe spiagge. La prima, però, punta sull’adrenalina, con PortAventura, parco giochi dei barcelloneti dove lo scorso anno è arrivato anche Ferrari Land, spazio tutto dedicato al Cavallino Rampante, ottimo per coronare un weekend in famiglia.
L’altra è la cittadina del Parc Samà, labirinto di piante esotiche e architetture moderniste firmato dall’architetto Josep Fontserè (con il tocco di Antoni Gaudí). Qui si può fare un picnic tra pappagalli e pavoni. La sera però, gastronomicamente parlando, si fa sul serio. “Il nome di Cambrils esce sempre fuori quando si parla di cucina”, ha scritto il grande chef Ferran Adrià. Specie a primavera, quando il mare offre le canocchie e l’entroterra i carciofi. “Sono loro il centro dei nostri menu stagionali, sempre accompagnati dall’olio extravergine Siurana Dop, fruttato e con retrogusto amaro-piccante”, precisa Arnau Bosch, cuoco del pluripremiato Can Bosch.

REUS: TRA MODERNISMO E VERMUT

A dieci chilometri nell’interno, da percorrere in auto o in bici sullo sterrato tra vigne e uliveti, Reus si raccoglie intorno al campanile gotico del priorato di San Pietro, e ha due glorie: il Modernismo e il vermut. Al Gaudí Centre, museo interattivo dedicato al genio catalano nato e vissuto qui, risponde il Museo del vermut (il più famoso al mondo tra quelli dedicati a questo vino aromatizzato), con migliaia di memorabilia e un bar con 120 varietà da assaggiare; alle facciate Art Nouveau risponde l’ex fabbrica del Vermut Rofes, oggi ristorante. “Reus è una capitale del vermut. La mia famiglia lo produce da generazioni con vino bianco, spezie e radici in infusione”, racconta Salvador Rofes.
Per i dolci c’è la Confetteria Padreny, con le ricette vecchie di due secoli della famiglia Vicheto, a base di mandorle e nocciole locali. Sfuse, le nocciole di Reus Dop di varietà Negreta, da provare intere nel cioccolato o nel torrone, si trovano allo spaccio di Ester Gomis, tra i noccioli della vicina Vilallonga del Camp (Pere Virgili 46, cell. 0034.699.10.09.01).
E poi, il vino, che qui per secoli fu monopolio dei monaci. In poco più di mezz’ora d’auto ancora a nord si raggiunge da Reus il monastero cistercense di Santa Maria di Poblet, tra le colline alte di quella Conca di Barberá, dove, già nel XII secolo, si coltivava la vite. Oltre le sue alte mura, ancora oggi, i rossi della zona – da provare il Merlot Abadía de Poblet – vengono serviti sui sobri banconi del loro refettorio, o si acquistano nella bottega all’ingresso. Fuori, si possono ancora incontrare il bello del piccolo Museo del vetro e il buono delle “cattedrali laiche”, come lo scrittore Ángel Guimerá, che amava questi luoghi, chiamava le cantine. Le più belle, avendo qualche giorno a disposizione, si incontrano facendo a piedi La Ruta del Cister: il meglio della provincia tarragonese in una lunga, tranquilla passeggiata.

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