Un viaggio in barca a vela, in navigazione solitaria nel Mediterraneo, facendo tappa solo nelle isole minori italiane. Alcune più note, come Pantelleria e Capri, altre sconosciute ai più, come San Domino e Sant’Antioco. Con uno scopo: immaginare il futuro di questi luoghi, spaccati tra tradizione e modernità, tra abbandono e riscoperta, tra asperità e dolcezza. A prendersi carico di questa missione è Lucio Bellomo, classe 1983, volitivo palermitano appassionato di salsedine e di avventura, talmente innamorato del “suo” Mediterraneo da volerne immaginare un destino più dignitoso di quello a cui sembra designato. «Questo mare culturalmente è mitico, ma sta morendo lentamente sotto i nostri occhi, sia a livello ecologico – e mi riferisco, per esempio, a una vera propria invasione della plastica – che culturale – e penso a Marsiglia, ex città di pescatori ormai “colonizzata” da ricchi parigini, che ci arrivano in tre ore di treno dalla capitale», spiega Bellomo. «Il Mare Nostrum sta perdendo le sue tradizioni più endemiche e profonde, la sua identità, che l’hanno caratterizzato finora».
Da questa riflessione, l’idea di partire, sostenuta da un progetto di crowdfunding: salperà da Palermo – data prevista il 15 aprile – completamente solo, sulla sua Maribelle, un ibrido tra una barca a vela e un gommone, per raggiungere Ustica, la prima isola della sua “collezione”. Per poi concludere il viaggio a Venezia il 2 agosto («secondo i miei calcoli», dice scherzando): 2.300 miglia nautiche, tre mesi e mezzo di navigazione e ben 33 approdi.
Non a caso, però: la scelta è per le isole minori italiane, escluse quindi Sicilia e Sardegna (ma non i loro piccoli arcipelaghi, come le Eolie e La Maddalena). Tutte, però, con una caratteristica in comune: devono essere abitate. «Sì, perché l’obiettivo del viaggio è scovare e intervistare giovani che, spinti da un forte senso di appartenenza alla propria isola, hanno deciso di crearsi qui un futuro seguendo idee ambiziose e innovative». Il tutto muovendosi su due fronti: il primo, «incontrando gli isolani, specie i ragazzi, per raccontare il viaggio e sensibilizzare sull’ecosistema marino», il secondo, «organizzando interviste a persone che raccontino i motivi profondi che li hanno spinti a fermarsi qui».
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Una laurea in ingegneria elettronica in tasca, un contratto a tempo indeterminato in Francia come professore universitario di elettronica e oceanografia fisica, Bellomo va controcorrente, non solo in mare: del posto “fisso”, non gliene frega proprio nulla. «In tanti mi chiedono senza troppi giri di parole chi me lo fa fare, che cosa farò dopo, quale sarà il mio, di futuro», racconta il giovane con i capelli schiariti dal sole. «So benissimo che la maggior parte dei miei coetanei sognano un lavoro sicuro, una casa, punti fermi. Ma io vedo la mia vita diversamente».
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Durante la navigazione, il giovane esploratore, che è anche istruttore di subacquea, posterà immagini e filmati sui social network (@33isole, su Instagram e Facebook ), aiutato da due persone che lo seguono via terra. «Uno è Donald, un signore peruviano che incontrai per caso a Firenze quando ho recuperato la mia barca. Eravamo in osteria, entrambi soli, ci siamo messi a parlare. E ho scoperto che è un regista di documentari: pensate che dal Perù è venuto fino a Ustica per girare il teaser del mio progetto». Poi ci sarà anche una fotografa, Elisa, «che mi aiuterà a gestire meglio la parte social». Ma, per il resto, Lucio sarà solo, dormendo ogni notte sotto le stelle (la barca non ha nemmeno una cabina coperta) cullato dalle onde del “suo” mare, a cui lui sogna di restituire dignità e speranza.
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