Non ha confini precisi, non si riconosce chiaramente sulla mappa. Più che una zona, è un’idea. Che affascina e attrae. L’East End di Londra è la grande, magmatica macchia di vite, storie e novità che pulsa oltre il vetro e l’acciaio della City. Un’area un tempo popolare, tra Shoreditch e Whitechapel (i sulfurei quartieri dove Jack Lo Squartatore cercava le sue vittime), da Bethenal Green fino a Hoxton e Hackney, da sempre considerata un laboratorio di mode, stili, piccole e grandi rivoluzioni sociali e culturali. Così, se è chiaro che anche quest’anno Londra sarà la capitale più gettonata per le feste (nelle ricerche delle mete di fine 2017 la supera solo New York, secondo il sito Expedia), non è obbligatorio però ritrovarsi nella folla davanti all’albero di Natale di Trafalgar Square o ai fuochi d’artificio di San Silvestro, sotto il London Eye. Né mettersi in fila per i veglioni più ambiti in centro, come quello nel The Yacht, la barca-ristorante di Embankment, o nello Sky Bar del grattacielo The Shard, disegnato da Renzo Piano.
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Ma è a Shoreditch, su Rivington Street e dintorni, che ci si perde davvero di a caccia di novità. Come quelle che si trovano da Edit.Tokyo, boutique aperta poco più di un anno come spazio per giovani firme del design giapponese; o da Labour And Wait, piccola, accogliente vetrina di accessori eleganti per la casa, il giardino e la cucina.
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Il Geffrye Museum, su Kingsland Road, asse della zona orientale, è una cesura di verde e silenzio nel ronzio della città. Il piccolo giardino, che sposa tulipani a piante officinali, cespugli di rosmarino a cascate di glicini, si intravede già dai finestrini della London Overground, la linea ferroviaria di superficie. Quello che fu, nel XVIII secolo, un pensionato per poveri, racconta con oggetti e arredi l’evoluzione della tipica casa del ceto medio, da Elisabetta I a oggi. Usciti dal museo, dopo una sosta piccante al BúnBúnBún (forse il miglior ristorante vietnamita di Londra) o un drink all’Happiness Forgets, delizioso, piccolo cocktail-bar in uno scantinato di Hoxton Square, basta spostarsi qualche centinaio di metri a nord per incrociare il Regent’s Canal, dove si procede lungo la banchina sfiorando per chilometri case galleggianti a volte convertite in accoglienti, rustici bar. A ovest si arriva fino a Camden Town, incrociando quasi a King’s Cross il nuovo complesso di Gasholder Park, con i gasometri ottocenteschi trasformati in case e negozi.
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In alternativa si prosegue, tra sentieri e prati, fino al villaggio olimpico dei Giochi del 2012, dove si può trascorrere una giornata tra bici, gite in canale e discese sul megascivolo ArcelorMittal Orbit (anche qui sono in programma party serali per le feste, con vista sulla città). Appena a sud del Victoria Park si incrocia invece il Museum of Childhood, sezione distaccata del Victoria & Albert Museum, che è oggi il più grande spazio sul tema dell’infanzia al mondo, con un’immensa collezione di giocattoli da ogni continente e un ricco programma di mostre. Qui, fino al prossimo febbraio si celebra l’universo di Michael Morpurgo, tra i più importanti scrittori britannici per bambini.
A nord, infine, lungo Lauriston Road, ecco Hackney, prossimo oggetto della gentrificazione dell’East End. I suoi isolati a sud sono già invasi da bistrot e aree residenziali, ma, addentrandosi nel quartiere, ecco atmosfere più popolari e multietniche. Là dove pochi anni fa c’erano squatter e scontri di piazza, gli affitti ancora abbordabili attirano i creativi, i loro banchetti di moda di seconda mano e design alternativo al Broadway Market – altra miniera di regali originali – e i loro locali per la musica dal vivo. Come la vecchia chiesa di St. John, che il mattino, anche per le feste, è aperta al culto, ma la sera si fa sala da ballo e concerti. Con stelle come la cantautrice scozzese Amy Macdonald. Succede solo nell’East End.
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