Arriva l’app del «teletrasporto» (dove vorreste essere ora?)

Un’app realizzata insieme agli ingegneri del Politecnico di Torino, che donerà a tutti il potere del teletrasporto, e dell’ubiquità.  Darà possibilità di viaggiare a chi non può permetterselo, o non ha tempo, o è impossibilitato a farlo. Offrirà a tutti una chance di impiego, reinventandosi con un lavoro da avatar. 
Si chiama Ubiatar, è già disponibile sull’App Store e su Google Play e sarà presentata ufficialmente al Ces 2018 di Las Vegas, la più grande fiera elettronica del globo. https://www.youtube.com/watch?v=dygaIFazzHY&feature=youtu.be

Qualche esempio pratico del suo utilizzo? In questo preciso momento natalizio vorrei vedere Tiffany a New York (o il suo nuovo bar?). Che faccio, prendo il primo aereo al volo? Se l’organizzazione diventa difficile la soluzione è Ubiatar: mi collego con un avatar, una persona in carne e ossa che proprio adesso si trova lì e ha con sé uno smartphone. Non appena il collegamento viene instaurato, il suo cellulare diventano i miei occhi e le sue mani le mie, e alla fine del collegamento lo retribuisco per il tempo che mi ha dedicato con una criptomoneta ad hoc, gli Ubiatar Coin, non soggetti a cambi di valuta e alla necessità di un conto corrente.

L’avatar e l’user rilasceranno un feedback per aiutare gli utenti successivi a scegliere quelli più professionali. E io potrò raccontare ai miei nipoti di essere stato nelle vie del lusso della Grande Mela senza essermi scollato dal divano.

Oppure: voglio provare il brivido di guidare un’auto sportiva. Vado nel marketplace e seleziono un avatar disponibile a farmi provare l’emozione di pilotare una fuoriserie. L’avatar posizionerà lo smartphone come si posiziona un normale navigatore, e guiderà seguendo le indicazioni del suo utilizzatore da remoto. In questo caso, il compenso sarà più elevato, perché includerà l’utilizzo della Ferrari o simile.

O per noi giornalisti: vogliamo essere, subito, nel luogo di un avvenimento di cronaca o di un evento. Ne ho facoltà: è sufficiente collegarmi con un avatar presente in loco, e spiegargli come e dove procedere (tra l’altro, il mio alter ego scatterà per me preziosissime foto in alta definizione e registrerà tutto su un file video). Ma serve anche per imparare una ricetta «locale» ed entrare nella cucina di qualcuno che la sta preparando, oppure, voglio visitare una casa da comprare, e così via…

In più non c’è bisogno di parlarsi, di cimentarsi in perigliose traduzioni da una lingua all’altra: l’app è imperniata sulle icone, mentre la domanda e l’offerta si incrociano su UbiatarPlay, una cartina che riproduce il pianeta e che nel futuro prossimo sarà popolata da avatar geolocalizzati, affittabili dai consumatori.

Dietro Ubiatar c’è l’incontro tra due uomini. Francesco Raco, un imprenditore torinese di 41 anni appassionato di tecnologie e Fulvio Dominici, un ingegnere di 50 anni appassionato di fantascienza, ultramondi e teletrasporto che alla tenera età di 16 anni produsse il primo videogioco italiano della storia, Specventure e negli anni novanta mise in piedi la più grande rete per chattare nei locali.

Racconta Francesco Raco a Vanityfair.it: «Un bel giorno io e Fulvio ci conosciamo, e analizziamo questo concetto: si costruiscono robot sempre più complessi che assomigliano agli esseri umani, quando al mondo ci sono miliardi di esseri umani inoccupati che sanno fare autonomamente cose complesse per i robot. Un robot deve essere programmato per salire una scala, per ricaricarsi, per superare un ostacolo. Un essere umano normodotato fa tutte queste cose da solo, senza bisogno di istruzioni, ed è molto più economico…».

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