Vetta Monte Disgrazia: cosa vuol dire arrivare in cima?

La segnaletica che indica Monte Disgrazia

La segnaletica che indica Monte Disgrazia

Vetta Monte Disgrazia: cosa vuol dire arrivare in cima?

La prima volta in cui sentii parlare del Monte Disgrazia risaliva a qualche mese prima…
Una sera su Facebook con una compagna del corso di alpinismo commentavamo foto varie dicendo che il cucito sarebbe stato più indicato per noi. Lei rilancia e propone quest’obiettivo: “Dai che quest’estate facciamo il Disgrazia, e da sole”. E io che da brava cittadina (modo grazioso per dire ignorantissima in geografia montana) chiedo: “Ma il Disgrazia cos’è?”.
Mi risponde: “Il Disgrazia è una montagna fantastica che si vede appena entri in valle, è molto difficile infatti si chiama cosi perché sono morte un sacco di persone”. Da qui la mia idea di non andarci, ma mai…

Monte Disgrazia: perchè si chiama così?

In realtà il nome del Monte Disgrazia deriva dal dialetto “desgiascià” e nulla ha a che fare con “le disgrazie”, ma significa “sghiacciare” probabilmente il termine è dovuto all’imponente quantità di neve o ghiaccio che si scioglieva dalla sua vetta e arrivava a valle in forma di acqua. Ho sentito diverse versioni sull’origine del nome. Sembra certo però che un tempo fosse chiamato “Pizzo Bello”. Versione decisamente più incoraggiante.

Monte Disgrazia – Ascesa via normale

Dove: Valmasino, provincia di Sondrio
Via: normale
Dislivello: 600 metri fino al rifugio, 1100 dal rifugio alla cima (totali 1700 mt)
Durata: 2 ore fino al rifugio; 4/5 ore dal rifugio alla cima a salire – 2,30/3.00 la discesa fino al rifugio
Difficoltà: PD/PD+

Come si arriva

Punto di riferimento da cui partire la cittadina di Filorera, in Valmasino. Lì si cercano i cartelli che conducono a Preda Rossa o al Rifugio Ponti e si imbocca la strada che porta al parcheggio Preda Rossa (strada diventata a pedaggio) a 1955 metri, e si lascia la macchina.

Piani di Preda Rossa

Piani di Preda Rossa

Week end organizzato dal CAI DI SONDRIO (è che sono bravi per davvero) in occasione del 150esimo anniversario della prima scalata sul Monte Disgrazia (1862). Siamo sulle Alpi Retiche occidentali. Il monte Disgrazia fa da spartiacque tra la Valmalenco e la Valmasino e si impone alla vista di chi arriva in Valmasino.

1° giorno
Trekking Piani di Preda Rossa (1950) – Rifugio Cesare Ponti (2559)
Dislivello: 600 metri
Durata: 2 ore

Trekking dai Piani di Preda Rossa al Rifugio Cesare Ponti (foto CAI SONDRIO)

Trekking dai Piani di Preda Rossa al Rifugio Cesare Ponti (foto CAI SONDRIO)

Questo è un trekking molto piacevole e senza grandi difficoltà (classificato E). La prima parte è varia con passerelle in legno e indicazioni molto chiare per il rifugio. Dopo un po’ iniziano i tornanti e si arriva ad un terrazza morenica. Alcuni tratti salgono un po’, ma nell’insieme basta sempre prendersela con calma e la passeggiata è quanto mai piacevole e anche di breve durata tutto sommato.

Arrivo al Rifugio Cesare Ponti (foto CAI SONDRIO)

Arrivo al Rifugio Cesare Ponti (foto CAI SONDRIO)

Rifugio Cesare Ponti
Illuminato da una giornata di splendido sole il rifugio si mimetizza perfettamente con l’ambiente circostante e io mi godo la parte serena di questi meravigliosi week end alpinistici…

Week end fatti di sfide personali, scenari in cui perdersi e silenziose immersioni nella natura, ma anche week end di condivisione con chi si incontra, con i compagni a cui si affida la propria totale fiducia e con chiunque voglia bere e mangiare e ridere.
Qui nessuno si sforza di essere qualcosa che non è.
(E pensare che un tempo odiavo la montagna, questo va sempre ricordato).

Vista che si gode dal rifugio Cesare Ponti

Vista che si gode dal rifugio Cesare Ponti

Il tempo vola in allegria tra chiacchiere, cibo e té (per chi preferisce non manca la grappa). Camerate miste con letti a castello, e le luci si spengono alle 22.

2° giorno
Rifugio Cesare Ponti (2559) – Cima Monte Disgrazia (3678)
Dislivello: 1100 metri
Durata: 4/5 ore a salire

Sveglia ore 4.30… ma alle 4.00 sono già sveglia e inizio a prepararmi al buio con la torcia frontale. L’agitazione la sento sempre prima di una cima, motivo per cui dormire tanto non è semplice.
E andando in bagno, la sorpresa che mi dà il buongiorno… Una sorpresa del tutto femminile?!
“Ma noooooooo, ma oggi proprio no. Ora capisco perchè ci sono poche donne alpiniste”.

Ci buttiamo sulla colazione ricca e abbondante, prepariamo le ultime cose, recuperiamo gli scarponcini e usciamo pronti. Torcia frontale (è buio, sono le 5), zaino in spalla e ramponi nello zaino, il primo pezzo prevede una morena (i ramponi non servono) e io non vedo l’ora che arrivi l’alba che con quella torcia fatico a vedere dove metto i piedi… (NB: ci ricordiamo vero che queste sorprese femminili prevedono leggeri sbalzi umorali).

Proseguendo iniziano una serie di sassi e prima che inizi la parte innevata ci fermiamo per mettere i ramponi e legarci in cordata.

Inizia scalata verso Monte Disgrazia prima dell’alba

Inizia scalata verso Monte Disgrazia prima dell’alba

E per fortuna nel girarmi mi distraggo dagli aspetti tecnici e mi godo l’alba..

Alba verso la cima del Monte Disgrazia

Alba verso la cima del Monte Disgrazia

A quel punto iniziamo a salire. Dopo una prima salita, eccolo lì il canale con una pendenza di 40 gradi  (per chi come me non ci capisce niente di gradi traduco: ma voi siete fuori, è quasi in verticale!).
Pendenza impegnativa e inizia a formarsi la coda consueta visto che tutti rallentano.
La neve non è ghiacciata, ma si sale con faccia a monte e picozza per aiutarsi. Mi metto in coda e inizio a sentire un freddo estremo iniziando a covare per la prima volta pensieri del tipo: “Ma io sono già distrutta, ma non mi riesce oggi”. Mi giro, guardo giù e mi rendo conto che da sola, non posso andare da nessuna parte. Non io. Anche per questo amo l’alpinismo, difficilmente concede dei cambi di idea!
 

Salita Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

Salita Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

 Nel mentre il mio capocordata (alpinista abile) decide che dobbiamo salire. “E’ pericoloso temporeggiare e stare dietro alla gente, andiamo” e dopo aver proferito queste parole parte a lato rispetto alla coda e inizia a superare tutti. E quando sei legato, non hai scelta e devi seguire.
Piccolo dettaglio il suo passo era tale che più che seguirlo, a tratti mi trascinava. Io totalmente senza fiato, cuore che rischiava di arrivare a 200 battiti al minuto, la mia compagna dietro di me che si faceva trascinare a sua volta… Sintesi: facciamo il canalone superando tutti ed evitando così rischi di sassi addosso, io ho creduto che il cuore mi scoppiasse, la terza componente non proferiva parola e il mio amico/capocordata mi ha pure cazziata perché mi facevo tirare.
La montagna non è accomodante, proprio no.

A quel punto iniziano i pezzi di arrampicata.
La parte di arrampicata è di II/II+ grado, quindi fattibilissima, ma ovviamente ai piedi ci sono i ramponi il che rende la salita più complessa.

La cresta da arrampicare per scalata Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

La cresta da arrampicare per scalata Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

Alcuni tratti sono un po’ più impegnativi ed esposti.
Per il mio amico alpinista, una passeggiata. Per la mia amica, attimi di panico. La verità credo stia nel mezzo… Io ero ancora troppo presa dalla fatica del canalone, arrampicare in quel punto mi sembrava più sereno a confronto di quella salita fatta in tempi per me invivibili. 

Arrampicata cresta Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

Arrampicata cresta Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

 

Monte Disgrazia, 3678 metri: cima raggiunta.

 

Cima Monte Disgrazia

Cima Monte Disgrazia

 Cima! Siamo arrivati in cima e pure, ce l’ho fatta.
I primi attimi sono per riprendere fiato, quando poi ti siedi e inizi a renderti conto di dove sei, le emozioni prendono il sopravvento. “Sono sul tetto del mondo”, ecco la frase a cui pensavo.

Vista dalla cima del Monte Disgrazia

Vista dalla cima del Monte Disgrazia

Sulla cima c’è poco spazio, ma in quel momento eravamo solo in 7 e riuscivamo a starci comodamente. Goduto il momento appieno con tanto di merenda rifocillante, si torna giù.

Vista della cima del Monte Disgrazia

Vista della cima del Monte Disgrazia

La discesa dal Monte Disgrazia via Normale

Se la salita comporta fatica, in realtà la parte realmente difficile e pericolosa (per me, ma non credo solo per me) è la discesa. 
Nel mentre che ripercorrevamo le rocce scendendo mi rendevo conto che alcuni pezzi erano particolarmente esposti e che se il mio amico/alpinista era in grado di tenermi nel caso in cui fossi andata giù, io invece non lo ero. Mi avrebbe trascinata giù a mia volta.

Creste rocciose Monte Disgrazia

Creste rocciose Monte Disgrazia

E nel mentre faccio questi pensieri un tonfo e un urlo.
Si tratta dell’altra cordata dietro di noi di altri componenti del nostro gruppo. Cordata di due persone, e nel pezzo più esposto al precipizio uno dei due cade a causa di un pezzo di roccia che si stacca (?!)… Il suo compagno (alpinista capace) fa da contrappeso all’istante, e si getta con prontezza dalla parte opposta riuscendo a tenerlo anche se per farlo finisce in un incavo tra due rocce. Risultato: tutto a posto. Loro sono tranquilli, l’alpinista che ha saputo come agire è un po’ dolorante per la botta, mentre io lo guardo come si guarda un eroe!
Al mio amico capocordata dico: “Tu ti rendi conto che né io né lei saremmo in grado di tenerti se cadi? Tu lo sai vero???”. Lui, alpinista da sempre, spavaldo ma non stupido: “Stai tranquilla. Lo so. Non cado”. Adoro la capacità che ha di darmi serenità… fidarsi dei propri compagni di cordata è un elemento importante. Per me che sono ancora agli inizi, semplicemente essenziale.

Arriviamo al canalone di 40°
Vedo degli alpinisti che scendono con corda doppia e mi brillano gli occhi, ma mi sento dire: “No, non serve. Ti basta la discesa diagonale”. Diagonale? No, no. Ho optato per la discesa con faccia a monte diretta e punte avanti, visto che io la pendenza in discesa la percepivo tutta in termini di vertigini.

Discesa dal canalone Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

Discesa dal canalone Monte Disgrazia (foto CAI SONDRIO)

L’ultimo pezzo ha la neve leggermente bagnata e marcia, ma ormai non vedo l’ora di togliere i ramponi e aumento ancora di più il passo. La gioia mi esplode quando intravedo il rifugio in lontananza… Perché ormai, va detto, non ne posso più!

Rifugio Cesare Ponti in lontananza

Rifugio Cesare Ponti in lontananza

La fatica a questo giro è stata notevole per me.
La soddisfazione… non ha eguali.

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