Sulla neve in Basilicata: ciaspole, fondo e scialpinismo sul Pollino

Francesco Raffaele

Atmosfere nordiche al Sud. Sul Pollino, il massiccio con le vette più alte dell’intero arco appenninico meridionale. Coperto di foreste e pianori spesso innevati, dimora nel silenzio di lupi, grifoni, cervi, gatti selvatici. E di alberi dalle forme contorte modellate dal vento: i pini loricati, relitto dell’ultima glaciazione. Sono il simbolo di un Parco che con i suoi 192 mila ettari è il più esteso d’Italia e che dal 2015 fa parte parte della rete dei Geoparchi dell’Unesco.

Un angolo recondito, con borghi che si arrampicano sui pendii e paiono usciti da un libro di fiabe. Per lo sci, una manciata di chilometri di anelli per il fondo, un percorso più lungo per l’escursionismo, sentieri tra i boschi con le ciaspole, salite alle cime: quella del Pollino è l’altra neve, lontana dagli affollati caroselli della neve. Ma in armonia con gli ingredienti oggi ricercati dai turisti dei monti: natura, autenticità, relax, benessere. Questi elementi, individuati da Skipass Panorama Turismo – l’Osservatorio Italiano del turismo montano che traccia le tendenze del prossimo inverno – si traducono, da un lato, nella riscoperta delle piccole località montane, dall’altro nella scelta di solcare il paesaggio candido con le pelli di foca, le racchette e gli sci da fondo, attività in continuo aumento. A dominare il paesaggio di questo mondo a parte, non toccato neppure da Basilicata Coast to Coast, il film (2010) che ha acceso i riflettori sulla terra lucana, sono le alte quote del Massiccio del Pollino. I 2.267 metri di Serra Dolcedorme, che ricorda nel nome la forma di un gigante in sonno, con i capelli buttati all’indietro e i piedi nascosti, i 2.248 del Monte Pollino, così chiamato da Apollo, dio del sole, della luce e della salute, e i poco più bassi Serra del Prete (2.181), Serra delle Ciavole (2.127), Serra di Crispo (2.053). Si raggiungono, con le racchette da neve o lo scialpinismo, in escursioni di uno o più giorni, dal Colle dell’Impiso, da Piano Pedarreto, da Piano Ruggio, da Lago Duglia. Sono uscite impegnative, ma ricompensate dalla natura selvaggia e da possibili, fortunati, incontri con il lupo: qui l’animale non è mai scomparso. Anzi, è riuscito a riprodursi e a colonizzare le aree dell’Appennino italiano in cui mancava.
Sono selvatici e spettacolari anche i 22 chilometri per il fondo escursionistico tra Piano Ruggio e Valle Malvento, a quota 1.500 metri. Si ritorna alla civiltà nella vicina Viggianello, uno dei Borghi Più Belli d’Italia: l’abitato, appeso a strapiombo su un costone del Monte Serra, è dominato dalla possente sagoma del cinquecentesco Castello dei Principi di Sanseverino. Questo territorio vanta anche due Dop: la Melanzana Rossa di Rotonda e il Fagiolo Poverello Bianco di Rotonda. La prima ha forma tondeggiante simile a un pomodoro e arriva a pesare fino a 200 grammi; fu importata dall’Africa all’inizio del XX secolo. Durante il periodo del colonialismo, infatti, molte famiglie di Rotonda si trasferirono nei nuovi territori conquistati dal regime fascista per trovare lavoro. A una ventina di minuti d’auto da Rotonda, dove ha sede l’Ente Parco, si fila con le lamine strette sui due chilometri e mezzo dell’anello da fondo di Piano Pedarreto. È quasi ai confini con la Calabria, a Piano Giumenta, l’anello di fondo di Terranova. Immerso in un contesto naturale di grande suggestione, a 1.500 metri di altitudine, accoglie esperti e principianti, che qui, dalla primavera all’autunno possono dedicarsi anche al Nordic Walking. E infine cosa c’è di meglio dell’acqua calda per dimenticare le tensioni muscolari? Le Terme Lucane, a Latronico, sfruttano sorgenti che sgorgano a 750 metri di quota: si tratta di acque bicarbonato solfato calcica e bicarbonato calcica solfurea, le cui proprietà erano note fin dalla preistoria.

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