Tutti i fantasmi d’Italia: dove cercarli e trovarli

Annamaria Ghedina, giornalista di Napoli, dopo aver seguito un servizio sui «gosthbusters» negli anni Novanta, si accorse che non solo i fantasmi c’erano, ma che poteva sentirli. «Ho sempre avuto delle capacità sensitive e mi è sempre piaciuto l’argomento, ho sempre amato i racconti di Edgar Allan Poe», dice «Ma da quel momento ho iniziato a silupparle e ad avvicinarmi ai fantasmi della mia città: a Napoli sono tantissimi, grandi storie del passato che scoprivo e ricercavo, a volte quasi per caso, come nel caso di Giuditta, il mio fantasma preferito».

Ci racconta di quando al Museo di Anatomia di Napoli, un museo del Seicento molto particolare, fu attratta da un teschio «appartenuto» a Giuditta Galtamacchia, bellissima donna, rea confessa dell’omicidio del marito, e impiccata in piazza. Non si sapeva di più, a parte il fatto che molti dicevano fosse lei il fantasma che vagava nella zona della Vicaria di Napoli, e che scompigliava la carte degli avvocati in tribunale. Gli atti del processo non si trovavano, ma fu la stessa Guiditta, ci racconta Annamaria, a suggerirle la sua storia: «Voleva essere ricordata» e decise di scriverne un libro (L’impiccata della vicaria). Seguirono molti altri libri, l’ultmo dei quali e quello ora in libreria, Guida ai Fantasmi d’Italia, una «raccolta» di fantasmi divisi per regione e provincia, alcuni famosi altri da scoprire, un libro che è anche un racconto storico di grandi vicende, di conti o alchimisti, principesse e pellegrini (nella gallery trovate alcuni dei luoghi più famosi d’Italia abitati da fantasmi).

Annamaria come si incontrano i fantasmi?
«Le anime di chi non vive più sulla terra sono tutte attorno a noi. Alcune sono più capaci di farsi sentire, alcuni hanno storie di grandi amori, grandi sofferenze, che li tengono più vicini alla terra. In realtà tutti in potenza abbiamo la possibilità di vederli o sentirli, ma solo alcuni hanno sviluppato queste capacità, come i medium naturali. Va detto che sono doti di pochissime persone, mentre molti di quelli che si professano tali sono dei millantatori».

Ognuno di noi può però provare a sviluppare queste capacità? E come?
«Innanzitutto bisogna crederci, non farsi offuscare dalla razionalità, rimanere con la mente aperte. Credo che ci si debba guardare dentro per entrare in contatto con sè stessi e con una spiritualità che purtroppo stiamo abbandonando. Bisogna rivolgersi ai propri cari, persone che conosciamo: anche i sogni sono un modo per incontrarli e comunicare con loro, sono gli spiriti che scelgono di entrare in contatto con noi».

E se ci si accorge di avere un fantasma in casa?
«Io dico sempre di lasciargli un fiore, e che apprezzerà».

Lei farà qualche rito per la notte dei morti?
«No, non credo a queste cose, la notte dei morti è una festa rituale ma le anime di chi muore sono sempre tra noi. Il loro è un viaggio verso l’alto, ma non sempre lo intraprendono subito. Ecco perché si dice anche di non piangere i propri morti, per non trattenerli. Poi ma man mano che passa il tempo dalla morte di una persona, più la sua anima si fa lontana, e torna raramente. Mi ricordo un racconto di un’amica che piangeva il figlio medico morto prematuramente. Lo sognò e lui nel sogno le disse: “Guarda mamma, ho più da fare quassù che quando ero lì”».

 

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