Sognando California del Sud: itinerario a tappe da Palm Springs a San Diego

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In viaggio nella California del Sud. Fatta di parchi e deserti infuocati (Mojave, Colorado, Anza-Borrego e Joshua Tree); di una città in stile modernista, come Palm Springs; di una metropoli, San Diego, che vive e respira a ritmo lento. Un’America che si lascia alle spalle le luci di Los Angeles e si scopre seguendo una delle sue strade-mito, la Interstate 10: parte da Santa Monica, sul Pacifico, e finisce a Jacksonville, in Florida, sull’Atlantico, guadagnandosi il titolo di più meridionale delle freeway coast to coast del Paese.

CALIFORNIA DEL SUD: PRIMA TAPPA A PALM SPRINGS, TRA ARCHITETTURA E MUSEI

Palm Springs si annuncia dopo 170 chilometri d’asfalto. Strana storia, la sua. Che parafrasa quella di tante star di Hollywood che la scelsero come buen retiro: prima la fama, poi l’oblio; oggi il ritorno sulla scena ne rivaluta i talenti e la bellezza mai sfiorita. Qui, dove c’era un antico villaggio indiano, dagli anni Venti del secolo scorso furono costruite residenze magnifiche, commistione singolare fra stile ispano-coloniale e modernista, ispirato ai principi di Frank Lloyd Wright e a quella filosofia estetica, intellettualmente rigorosa e progressiva, che si affermò nella prima metà del XX secolo. Frank Sinatra viveva in una villa a Twin Palms, progettata da Emerson Stewart Williams. In quella stessa zona gli attori Liberace, Katharine Hepburn e Lucille Ball possedevano vere gemme moderniste, mentre il fotografo Slim Aarons immortalava regolarmente vip tra piscine e palme. La ricchezza dei nuovi arrivati attirò molti artisti, soprattutto grandi nomi dell’architettura, che progettarono numerosi edifici. Come la ex Enco Gas Station, oggi Palm Springs Visitors Center, disegnata da Albert Frey & Robson Chambers nel 1965; la Steel Development Houses (1962) e la Dinah Shore House (1964), firmate da Donald Wexler; la House of Tomorrow di William Krisel (1961), destinata a diventare il nido d’amore di Elvis e Priscilla Presley nel 1966-1967.
A metà degli anni Settanta iniziò la china discendente e la città visse più di un ventennio di oblio. “Ma la mecca del Modernismo in America non poteva morire. Anzi, oggi appare più intramontabile che mai”, dice Kurt Cyr, esperto di design. A Palm Springs, Cyr ha fondato Mod Squad, compagnia specializzata in tour architettonici. Sostiene convinto: “Il Modernismo trascende le tendenze per rimanere sempre attuale. Una rivalutazione evidente proprio a Palm Springs, oggi di nuovo la destinazione preferita dai protagonisti dell’arte, della cultura e della moda. Si registra sempre un grande successo in occasione di eventi quali l’International Film Festival, la Modernism Week, il Coachella Music Festival.”
Anche l’attore Leonardo Di Caprio ha contribuito alla rinascita della città californiana: nel 2014 ha acquistato la proprietà della cantante e attrice Dinah Shore per poco meno di cinque milioni di euro. L’ex presidente di Facebook, Sean Parker, ha speso 50 milioni di euro per uno dei gioielli modernisti più celebri: Brody House, dalle pareti in vetro, progettata nel 1949 da Archibald Quincy Jones. Ma Palm Springs continua ad attirare designer visionari. Così nel 2000 Jim Jennings ha costruito l’avveniristica casa Desert One, mentre Chris Pardo nel 2016 ha progettato l’Arrive Hotel.
Per catturare con uno sguardo lo spettacolo di questo miraggio nel Mojave bisogna salire alla Mountain Station della Palm Springs Aerial Tramway, la più grande funivia girevole del mondo. In dieci minuti si arriva a 2.600 metri, proprio sul confine del Mount San Jacinto State Park. Da qui partono circa 80 chilometri di sentieri, che conducono alla scoperta di una regione selvaggia. Non ci si deve per forza cimentare in un trekking per goderne le bellezze: alcune terrazze panoramiche regalano una vista incredibile, sia sul deserto, sia sulle montagne. E per i più arditi? Il volo con un biplano. Non uno qualsiasi, ma quello giallo che nei film sull’attacco a Pearl Harbour è il primo ad avvistare gli aerei giapponesi sulle coste delle Hawaii. Una volta atterrati, merita una visita il vicino museo dell’aviazione. Il pezzo forte: un B-17, conosciuto come Fortezza Volante, bombardiere costruito negli anni Trenta che, durante la Seconda guerra mondiale, divenne un’icona della potenza aeronautica degli Stati Uniti.

CALIFORNIA DEL SUD: AL PARCO DI JOSHUA TREE, UNA NATURA PREISTORICA

Il selvaggio Joshua Tree National Park è a ovest di Palm Springs e si raggiunge percorrendo la Yucca Valley lungo la Highway 62. Un’ottantina di chilometri che sono un cambio di scena repentino e scaraventano il viaggiatore nelle atmosfere del film Bagdad Café: un nastro d’asfalto senza fine, cactus, distributori di benzina che sembrano vecchie stazioni di posta, cespugli spinosi che rotolano spinti dal vento secco e rovente. Da qui ci si inoltra in una regione poco conosciuta, ma spettacolare. Parco Nazionale dal 1994 (dal 1936 era un National Monument), copre una superficie protetta di 800 mila acri e si trova a cavallo fra i deserti del Mojave e del Colorado, che a sua volta fa parte del Sonora. Deve il suo nome allo Joshua Tree, ovvero la Yucca brevifolia, e mostra con orgoglio curiose formazioni rocciose di oltre 100 milioni di anni fa. Il percorso più interessante attraversa il parco da nord a sud, fino al Cottonwood Visitor Center. I più sportivi possono lasciare l’auto nei parcheggi e, da qui, seguire i sentieri che si addentrano nel parco. Da non perdere? Quello che raggiunge la Hidden Valley, tutto pietre, giganteschi alberi di yucca e sabbia.
Nel cuore del parco si trova la celebre Skull Rock, il teschio, impressionante scultura di roccia scolpita dal vento, che si staglia nel paesaggio contorto. Poi si entra nella parte di parco che si allunga nel deserto del Colorado. Progressivamente lo scenario muta: le formazioni rocciose si diradano, gli spazi si fanno sempre più ampi e gli Joshua Tree lasciano il posto ai cespugli di ocotillo (Fouquieria splendens).

CALIFORNIA DEL SUD: TERZA TAPPA A BORREGO SPRINGS

Si esce dal parco e si ritrova la Interstate 10. Ci si dirige verso sud, costeggiando il fantasma del Salton Lake. In passato riserva d’acqua cristallina dove nidificavano migliaia e migliaia di uccelli, oggi è un pantano poco frequentato. La strada è come un proiettile sparato nel nulla: drittissima, infinita, non segna una curva fino all’incrocio con la H78. La meta: Borrego Springs, entrata dell’Anza-Borrego Desert State Park. Questo villaggio sperduto che sa di frontiera è circondato da tre lati dalle montagne ed è l’unico centro abitato nel raggio di miglia: se si vuole visitare il parco, qui ci sono hotel e ristoranti dove potersi fermare. E ne vale la pena, sia per scoprire la sua natura estrema, sia per andare a caccia delle celebri sculture di ferro che spuntano, a gruppi o isolate, intorno alla città. Sono 130 gigantesche opere in metallo, disseminate nel paesaggio senza un senso apparente, frutto delle fantastiche visioni di Dennis Avery, facoltoso proprietario terriero locale, e del lavoro dell’artista di origini messicane Ricardo Breceda. Offrono l’occasione per un safari inconsueto alla ricerca di animali preistorici, cavalli imbizzarriti, draghi, insetti ciclopici.
Le sorprese non finiscono qui. La regione è priva di inquinamento luminoso e le stellate che si ammirano fra queste montagne sono fenomenali. Di notte basta uscire dal centro abitato per rimanere incantati da un cielo dove la Via Lattea sembra palpabile. “Ancora meglio è fare un’escursione che si addentri nel deserto, dove il buio è assoluto” consiglia Dennis Mammana, una delle guide del Borrego Night Sky Tour che accompagnano all’incontro ravvicinato con il cosmo. Dopo le stelle, le fioriture delle piante tra le sabbie e le rocce. Attenzione, però: il periodo migliore per ammirarle è marzo.
Anza-Borrego Desert Park, con 2.420 chilometri quadrati di superficie, è il maggior parco statale della California e il secondo degli Stati Uniti continentali. Difficile scegliere che cosa vedere: vanta 800 chilometri di strade sterrate, una quindicina di oasi di palme, 180 chilometri di sentieri escursionistici con flora e fauna uniche, grazie alla sorprendente biodiversità. Qui si avvistano oltre 300 specie di uccelli fra cui l’aquila dorata e il roadrunner (il dispettoso Beep Beep dei cartoni animati), roditori, iguane, serpenti, mammiferi che vanno dal bighorn (pecora selvatica) al puma. Se si vogliono raggiungere le zone più remote, come Sandstone Canyon, 17 Palms Oasis e Split Mountain, è necessario avere una 4×4 e saperla usare. Altrimenti, meglio affidarsi alle proprie gambe e seguire i sentieri che risalgono la Blair Valley. In ogni caso, è imperativo chiedere consiglio ai ranger del Visitors Center e lasciare detto dove si va.

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Lo scorpione e il grillo: sono due delle 130 gigantesche sculture in metallo, dell’artista messicano Ricardo Breceda, che punteggiano il deserto californiano intorno alla città di Borrego Springs (ph: Marco Santini).

CALIFORNIA DEL SUD: ARRIVO A SAN DIEGO

Si esce dal parco percorrendo la S3, che regala splendidi paesaggi, e quindi le Highway 78 e 67. San Diego è vicina, a circa un centinaio di chilometri. La città si è guadagnata la fama di hot spot della West Coast. Grazie al clima sempre mite, alle dimensioni ancora umane, alla qualità della vita. Piace a chi cerca un nuovo posto dove trasferirsi e a chi ci viene in vacanza. Per iniziare a farsi un’idea della sua bellezza si deve attraversare il ponte ad arcate che porta all’isola di Coronado e raggiungere Coronado Central Beach, regolarmente scelta fra le 10 migliori spiagge d’America dal National Geographic: chilometrica, lambita dalle onde del Pacifico, è l’ideale per fare lunghe passeggiate e nuotare (difficile però che l’acqua, anche ad agosto, superi i 22 gradi…). Proprio qui si trova uno dei più celebri alberghi americani, l’Hotel del Coronado. Inaugurato nel 1888, è un tripudio di torrette rosso purpureo, che lo fanno assomigliare a un castello delle fiabe. A partire dagli anni Venti è diventato uno dei rifugi on the beach di presidenti, magnati e star di Hollywood, ed è stato protagonista di moltissimi film, primo fra tutti, A qualcuno piace caldo. Vale la pena di gettare uno sguardo nella hall, The Rotunda, nella Ballroom e nella Crown Room, capolavori interamente di legno intarsiato, e fare un giro nell’ascensore d’epoc. Un’esperienza. Fra i classici di San Diego da non perdere ci sono Seaworld, gigantesco parco acquatico, e Balboa Park, con gli spettacolari edifici e giardini che ospitarono l’Esposizione Internazionale del 1935.

DOVE MANGIARE A SAN DIEGO E DINTORNI

San Diego ha una marcia in più anche sul fronte gastronomico. Indirizzo imperdibile, il Liberty Station Public Market, vasto spazio dove si trovano prodotti di ogni genere, molti a chilometro zero, e vivaci commistioni fra mercato e tavole imbandite. Sosta obbligata: Fishbone Kitchen, insieme pescheria, sushi bar, ristorante.
Liberty Station si trova sulla penisola che culmina a Point Loma, a metà strada fra Shelter Island e Harbor Island. Sulla prima si trova Humphrey’s, il tempio dell’intrattenimento cittadino. Qui la giornata è segnata da ricche colazioni, leggendari happy hour a base di Margarita e gamberi, ottime cena a base di pesce; si finisce con i concerti dei migliori gruppi musicali del momento. Sulla seconda isola c’è invece Coasterra, elegante ristorante di cucina messicana moderna, che offre un’eccellente interpretazione dei classici cheviche, enchiladas, tacos.
Impossibile mancare una serata a Old Town, la parte più antica della città: edifici coloniali spagnoli, una bella missione e tanti locali. Per una fajitas di quelle epiche, l’indirizzo giusto è Cafè Coyote: ruspante, un po’ folcloristico, con murales, musica di mariachi in sottofondo e mamas con sombrero che preparano le tortillas al momento, accompagnate da alcolicissimi fresh frosty Margarita.
Per tornare a Los Angeles ci vorrebbero un paio d’ore lungo la H5, se non fosse per due tappe, proprio lungo la costiera, che da sole valgono il viaggio: la prima, Torrey Pine State Beach, a nord di La Jolla, una delle spiagge da sogno della California. Coronata da scogliere alte e lambita da un tratto di Pacifico meno inquieto che altrove, è una striscia di sabbia dove perdersi nei riflessi di cielo, che si specchiano nel bagnasciuga. Ed è forse il luogo più tranquillo per fare un tuffo. La seconda sosta chiude invece il cerchio dell’esperienza gastronomica di questa parte di America: Samurai, a Solana Beach, uno dei migliori ristoranti giapponesi della West Coast. Paradisiaci il tempura di aragosta e il Red Dragon roll (interno gamberone fritto, esterno tonno piccante e jalapeno).

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