Messico: viaggio nel Guanajuato, cuore della revolución

Paolo Giocoso

La luce filtra dalle persiane. In lontananza, il canto del gallo sovrasta la musica di una radio che gracchia per strada. Si è fatto giorno su Mineral de Pozos, antico villaggio di minatori nel piccolo stato messicano del Guanajuato – 30.460 chilometri quadrati – a tre ore e mezzo da Città del Messico. Incastonato tra i monti, il Guanajuato è la culla del movimento indipendentista, che da qui prese il via, nel 1810, per liberare il Paese dal dominio spagnolo. Un processo lungo, che si sarebbe concluso nel 1821.

ITINERARIO NEL GUANAJUATO: A MINERAL DE POZOS, TRA ANTICHE MINIERE E ATMOSFERE COLONIALI

Mineral de Pozos visse, dal 1576, tre secoli di benessere. I giacimenti d’oro, argento e mercurio attirarono dall’Europa spagnoli e francesi che colonizzarono il territorio e spodestarono le tribù nomadi Chichimecas, vissute qui fino ad allora. “Era la città più ricca di tutto il Paese, con oltre 360 concessioni minerarie”, racconta Isaías Álvarez, ex campione di mountain bike, che accompagna i visitatori alla scoperta del territorio sulle due ruote. “Poi l’inondazione delle miniere mise fine di colpo a tutta questa prosperità, trasformando in poco tempo una colonia di 70 mila abitanti in una ghost town con non più di 200 persone”. Basta visitare le rovine della vecchia miniera di Santa Brigida, a quattro chilometri dal centro abitato, con i tunnel di pietra e gli imponenti camini della fonderia, per rendersi conto della vitalità commerciale dei secoli d’oro.
Proprio al centro dell’abitato di Mineral del Pozos, La Posada de las Minas, dimora di un facoltoso gentiluomo spagnolo ai tempi della “febbre dell’oro”, accoglie gli ospiti nelle sei stanze di fine Ottocento, arredate con mobili di legno, letti di ferro battuto, caminetti di mattoni e bagni in ceramica.
Intorno, atmosfere coloniali e colori brillanti sono il filo conduttore di questo itinerario che si snoda in quota, fra i 1.700 e i 2 mila metri. Mentre ci si inoltra nel paesaggio aspro e semideserto, stretto dal profilo del Cerro del Águila, montagna sacra per i Chichimecas, ci si imbatte in un’improvvisa macchia viola: sono i campi del Rancho de la Lavanda, piccola fattoria che crea cosmetici bio a base di piante ed erbe. Il viaggio prosegue fino a quando una melodia attira il visitatore verso La Casa del Venado Azul, museo e scuola-laboratorio di strumenti preispanici. Muovendosi tra un teponaztli (tamburo) e un palo de lluvia (bastone della pioggia), i cui suoni richiamano la magia delle antiche culture tribali, si scopre che uno dei materiali utilizzati per costruire questi strumenti è il quiote, il cuore dell’agave.

SAN MIGUEL DE ALLENDE: GIARDINI, ARTE E SPIRITUALITÀ

In un’ora d’auto, la strada GTO 1 che porta a San Miguel de Allende inizia a salire, rivelando un panorama sempre più verde; un assaggio di questa città che, a circa duemila metri, è ricca di giardini ed è circondata da una maestosa riserva naturale, il Charco del Ingenio. Patrimonio Unesco, San Miguel de Allende regala la sensazione di un luogo senza tempo. In realtà c’è molto fermento. Merito anche di una scena artistica vivace, che ha uno dei suoi punti di forza nel Centro Cultural Ignacio Ramirez. In questa scuola di Belle Arti, in un ex monastero del XVII secolo, all’ombra di chiostri e portici si scoprono murales come quello, giocato sull’effetto ottico di forme geometriche, di David Siqueiros, pittore realista (1896-1974) dal forte impegno sociale e politico: numerose sue opere sono dedicate alla storia del Messico, soprattutto al tempo della rivoluzione. San Miguel de Allende vanta anche numerose gallerie, come Fabrica La Aurora. Ex azienda tessile, è un polo espositivo che accoglie opere di artisti contemporanei messicani e stranieri, accanto a boutique di antiquariato e interior design, caffetterie e ristoranti di tendenza.
Il fulcro della vita sociale è Plaza Allende, per tutti El Jardin, abbracciata da edifici coloniali e porticati sotto i quali ci si attarda per un caffè o una cerveza (birra). La gente del posto ama raccontare che tra queste mura, nel 1810, si svolsero riunioni segrete e si tenne il primo consiglio del Messico indipendente, con i leader Miguel Hidalgo e Ignacio Allende. La sera ci si dà appuntamento sotto gli alberi della piazza ad ascoltare i mariachi, i gruppi musicali caratteristici di questa zona del Messico. Fa da sfondo alle esibizioni la Parroquia de San Miguel Arcángel. La chiesa, del XVII secolo, è il simbolo della città, con la scenografica facciata neogotica di fine Ottocento.
Ci si perde poi in un reticolo di viuzze strette che conducono ora a mercatini chiassosi e coloratissimi, dove curiosare e bere un aguamiel (succo fresco d’agave), ora verso angoli caratteristici come Plaza de la Soledad, con i cori che richeggiano dal vicino oratorio di San Filippo Neri e gli anziani che osservano il viavai sonnecchiando sotto i sombreri; nei chioschi ambulanti si comprano le tacos e nelle vecchie osterie, come El Manantial, si ordina un bicchiere di tequila.
Bastano 20 minuti dal centro abitato per raggiungere il Santuario di Jesús Nazareno in Atotonilco, in collina, sito Unesco. Qui non è insolito trovare, sulle bancarelle degli artigiani, diversi strumenti per l’autoflagellazione. Una testimonianza di come, in queste terre, la devozione popolare spesso sconfini verso pratiche estreme che poco o nulla hanno a che vedere con la religiosità.

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La chiesa di San Miguel Arcángel, a San Miguel de Allende (Ph: Paolo Giocoso).

GUANAJUATO: TAPPA A DOLORES HIDALGO, NELLA CULLA DELLA REVOLUCIÓN

Il viaggio prosegue a Dolores Hidalgo, emblema del movimento indipendentista del Messico. Il 16 settembre 1810, il parroco Miguel Hidalgo incitò il popolo alla rivolta proprio dal sagrato della Parroquia de Nuestra Señora de Dolores. La campana, che chiamò a raccolta gli abitanti, non è più qui: trasportata a Città del Messico, è stata collocata sopra l’ingresso del Palacio Nacional.
Guanajuato, la capitale, appare dopo circa 60 chilometri (GTO 110 e 67), adagiata in una piccola conca protetta dalle cime delle montagne: una miriade di casette variopinte. Si inizia a esplorare la città dall’alto, osservandola dal belvedere del Mirador del Pipila; poi si continua senza meta, in un continuo saliscendi, fra piazzette e angusti callejones, i vicoli. A documentare la ricchezza del passato ci sono le vecchie miniere d’argento de La Valenciana, sui monti poco distanti, e le testimonianze artistiche conservate nella pinacoteca del Templo de la Compañía.
A Guanajuto non si respira solo la nostalgia del passato. Si guarda anche avanti. Il futuro qui ha il volto degli oltre 50 mila studenti che frequentano l’università locale. Per i corsi d’arte, innanzitutto. Non potrebbe essere diversamente nella città natale del pittore Diego Rivera (1886-1957), celebre per il suo impegno politico. La sua casa-museo espone opere giovanili e schizzi originali dei murales che decorano gli edifici pubblici di Città del Messico. A inizio ottobre, si tiene ogni anno il Festival Internacional Cervantino, intitolato allo scrittore e drammaturgo iberico Miguel de Cervantes: si tratta di uno degli eventi più importanti e prestigiosi dell’America Latina. Anche per questo motivo è divertente curiosare tra gli oggetti del Museo Iconografico del Quijote dedicato a Don Chisciotte, protagonista del romanzo-capolavoro di Cervantes, le cui statue fanno capolino ovunque nella capitale.
Ci sono tanti itinerari a piedi per scoprire questa città-patrimonio Unesco. Suggestiva, per esempio, la passeggiata che da Calle del Campanero, l’antico ingresso urbano, risale verso il centro per Calle De Sopeña. Si cammina fino a raggiungere, all’ombra di palazzi color pastello, il Jardin de la Union, cuore pulsante di Guanajuato e luogo di ritrovo a ogni ora del giorno, per chiacchierare ai tavolini dei caffè o ascoltare l’orchestra che si esibisce nel gazebo tra gli alberi. Di fronte, le risate dei ragazzi, seduti sulla scalinata del Teatro Juarez, si fondono con gli applausi del pubblico per gli artisti di strada. Vale la pena di spingersi in fondo a Calle Obregon e accomodarsi nel dehors della Tasca de la Paz per gustare un piatto di guacamole al cospetto della basilica di Nuestra Señora de Guanajuato: uno spettacolo barocco color giallo ocra.

IRAPUATO: TEQUILA E FICHI D’INDIA

Lasciata la città, ci si immerge nel paesaggio. Boschi, campi di mais e sorgo ben ordinati sfilano ai lati della GTO 45 che, dopo una settantina di chilometri, conduce a Irapuato. Il centro industriale, con la suggestiva Plaza de los Fundadores, è un’ottima base di partenza per esplorare il territorio.
Nella piccola comunità di Valtierrilla, per esempio, a 40 minuti d’auto, tutto ruota intorno alla coltivazione del nopal, il fico d’India: è la base dell’economia della zona, grazie ai molteplici impieghi in cucina, nella cosmesi e perfino in dietologia (le fibre vegetali del frutto è riducono l’assimilazione dei lipidi e degli zuccheri). Si visitano i campi, le cucine, i piccoli laboratori e si conclude con una tradizionale tavolata all’aperto a suon di musica e pencas rellenas (nopal con varie farciture).
E come perdersi un assaggio di tequila? A Pénjamo, solo un’ora d’auto da Valtierrilla, si ritrova il Messico dell’immaginario: cactus, strade polverose e distese d’agave accompagnano alla Tequilera Corralejo, in una tenuta cinquecentesca, dove è bello fermarsi per una degustazione delle quattro varietà del distillato (blanco, reposado, añejo, extra añejo, a seconda del grado d’invecchiamento). “Ancora oggi la raccolta dell’agave per la tequila è fatta a mano, come ai tempi di Miguel Hidalgo, il padre della patria, che nacque proprio in questa hacienda”, racconta Nohemi Murillo, 25 anni, che accompagna i visitatori.

ULTIMA TAPPA NEL GUANAJUATO: YURIRIA

Yuriria si raggiunge sulla 43 D dopo 94 chilometri ed è l’ultima tappa nel Guanajuato. In questa cittadina d’impronta spagnola, affacciata sulla laguna, i balconi addobbati con la bandiera tricolore e le mura, segnate dai graffiti Chichimecas, sull’ex convento agostiniano di San Pablo, sembrano condensare l’essenza di questo Paese. Natura, storia, senso di appartenenza, orgoglio nazionale e un sorridente approccio alla vita.

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