La Via Salaria è antica quanto Roma. Come spiega il nome, era la strada destinata al trasporto del sale, dal Mare Adriatico per i popoli che guardavano il versante orientale dell’Appennino, dal Tirreno per quelli della bassa Sabina. Partiva dalla capitale e si addentrava nell’entroterra: Rieti era la prima meta importante lungo il cammino. Capoluogo di quella parte del Lazio chiamata Sabina, la città è da sempre considerata il centro geografico del Bel Paese,“l’ombelico d’Italia”, come testimonia il monumento circolare in piazza San Rufo. I reatini lo chiamano caciotta o caciottone, a dimostrazione anche dello stretto legame con l’enogastronomia instauratosi nel tempo. Rieti offre un excursus nella storia, dall’epoca romana al Rinascimento, e in poco più di mezz’ora si possono ammirare il Palazzo comunale, quello del governo, la Cattedrale, la sede vescovile e il teatro Flavio Vespasiano. Immancabile la sosta lungo il Ponte Romano (monumento nazionale) con vista sul monte Terminillo e sul fiume Velino, che costeggia la città.
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A due passi da qui, in via della Verdura, sorge l’ultima reazione agli effetti generati dal sisma del 2016. È
Le Tre Porte, nuovo spazio enogastronomico e culturale, gestito dalla cooperativa sociale
Campagna Sabina: 600 metri quadrati su due piani con “il campo di gusto”, lo spazio-mercato dedicato alle eccellenze dei piccoli produttori dell’intera provincia, la caffetteria, una libreria tematica, e, al primo piano, l’osteria
Reati di Gola, con cucina rigorosamente tipica. Definirlo un “luogo gourmet” è limitativo. Le Tre Porte rappresenta molto di più, come illustra
Laura Ciacci, consigliere nazionale di Slow Food e presidente della cooperativa: “Nessuno pensa che qui si ricostruirà in breve tempo; siamo tutti consapevoli che saranno necessari anni, quindi sarà molto dura e il rischio dello spopolamento di queste zone c’è. Però allo stesso tempo sono tante le iniziative e i progetti che hanno portato a una nuova e diversa unione tra le persone. Tre Porte è uno di questi. A
Cittareale, per esempio, è nata
Ri-scossa, la prima cooperativa di comunità del Lazio; a
Borbona e
Posta,
Terre Attive, impegnata sulla riqualificazione sociale, urbanistica e ambientale; a Rieti abbiamo creato la cooperativa sociale Campagna Sabina per mettere insieme il paniere di tutti i prodotti del territorio, collegato alla distribuzione a domicilio su Roma e all’e-commerce”.
Lungo le stradine di Rieti vale la pena di programmare alcune
tappe gustose: al
caffè Faraglia, per una tazzina delle migliori miscele (v.le Matteucci 86-88-90); alla
Cioccolateria Napoleone, per gustare il
sabino, cioccolatino con l’olio d’oliva (piazza Oberdan 75); all’osteria
Da Antonietta, che serve i migliori pizzicotti con sugo di castrato della zona (via San Rufo 12).
Se si continua a percorrere la Salaria è possibile scorgere alcuni luoghi – in parte abbandonati – che compongono un paesaggio medievale di
città perdute e borghi fantasma: tra loro spuntano
Antuni, con le rovine circondate dal suggestivo
Lago di Turano, e l’austera fortificazione medievale di
Rocchettine. Giunti ad
Antrodoco, a una ventina di chilometri da Rieti, ci si immerge nelle sue tradizioni gastronomiche: qui il sisma ha provocato uno svuotamento momentaneo, creando notevoli difficoltà tra artigiani e commercianti (come del resto negli altri paesi vicini), ma anche in questo caso il gusto del buono sembra aver avuto la meglio, come dimostra la giovane artigiana
Cristina Costanzi, produttrice di squisite marmellate, composte, liquori della tradizione. Bisogna conoscere queste prelibatezze e provare i piatti nella sua osteria
Ianus. Antrodoco è conosciuta anche per il
marrone, una castagna particolarmente dolce e corposa.
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Si prosegue in direzione Amatrice con una sosta a
Cittareale, dettata da due realtà produttive degne di nota: il birrificio
Alta Quota, dove
Claudio Lorenzini produce le sue birre con il farro coltivato in loco, e l’azienda agricola bio
Melamille di
Andrea Feliciangeli, che a 18 anni ha deciso di occuparsi del recupero delle antiche varietà di mele con cui oggi produce marmellate.
Amatrice è stata purtroppo duramente segnata dal terremoto, ma le genti di questo posto meritano una visita e un sostegno concreto. Non c’è rischio di perdersi: basta chiedere di
Ernesto Berardi e del tendone da circo. All’esterno del suo ristorante,
Villaggio Scoiattolo, ora inagibile, si erge una vera e propria struttura circense. Qui la famiglia Berardi (già produttrice di salumi da capogiro, come la
mortadella di Campotosto, presidio Slow Food) ha svolto un ruolo importantissimo per la comunità, ricreando il ristorante. La carbonara o l’amatriciana (con il guanciale di casa) sono quelle di tutti i giorni, squisite e veraci.
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L’ultima tappa è alla cooperativa
Rinascita 78 di
Illica (frazione della disastrata
Accumoli): qui sono riusciti a mantenere viva la produzione dei loro fantastici pecorini. Visitare il caseificio vuol dire assaggiare un ottimo formaggio e riconoscere ai produttori forza e coraggio unici.
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