Ha cambiato nome otto volte nella storia, è passata attraverso un numero imprecisato di imperi e ha vissuto due dittature. Nella stessa piazza riunisce una chiesa copta, le cattedrali ortodosse di Aleksandr Nevskij e la maestosa Sveta Nedelja, a poche centinaia di metri dalla “moschea dei Bagni” e, sull’altro lato della strada, dalla grande sinagoga monumentale d’Europa. Ce n’è abbastanza per fare di Sofia una delle capitali più sorprendenti d’Europa, dove religioni e culture si mescolano a un passato unico, con una lingua che già di per sé è un melting pot: la base greca si innesca sul glagolitico – il più antico alfabeto slavo – e nell’idioma, scritto a caratteri cirillici, ci sono termini arabi ed ebraici.
Così, se la travagliata Turchia di Erdogan ha fatto scivolare le prenotazioni turistiche su Istanbul, la capitale bulgara è la nuova meta da scoprire. La sua moschea Bania Bazi Dzamija non ha la miriade di minareti di quelle sul Bosforo, ma il disegno è simile, perché è stata ideata dallo stesso architetto, Sinan, il Michelangelo del Medioriente, dalle origini turco-greco-albanese-armena. Attorno, nel giro di qualche centinaia di metri, diverse trattorie propongono nel menu le meze, antipasti tipici della cucina ottomana. Non è un caso, perché cinque secoli di dominazione turca, giunta al capolinea poco più di cento anni fa, non si cancellano facilmente.
Sofia è anche una città di paradossi. Isole di bellezza, come la Carkva Sv. Nikolaj, una chiesa russa a due piani del 1913 dai caratteristici cipollotti dorati, o la Carkva Sv. Petka Samardžijska, di culto cattolico, oggi parzialmente interrata, convivono con uno stato frequente di degrado e di caos urbano. Persistono ombre della massiccia architettura sovietica che, per decenni, ha stretto la capitale bulgara in una morsa di grigiore e severità. Dalla caduta del muro di Berlino, però, la città sta subendo una metamorfosi che sembra non avere fine.
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COSA VEDERE A SOFIA
Per trasformare i sogni in realtà ogni scorciatoia è valida, a partire dal tentativo di convertire le tradizioni in business. Così qualcuno si lancia nella riproduzione delle icone: i modelli da cui prendere spunto non mancano, visto che la cripta della cattedrale-monumento di Aleksandr Nevskij, ideata tra il XIX e il XX secolo per commemorare la liberazione dal giogo turco da parte delle armate russe, ospita un’incredibile raccolta di icone provenienti da tutte le regioni del Paese. Altri recuperano gli antichi metodi di massaggio dei pastori transumanti (koracanè) e quelli, più ruvidi, dei briganti dei Balcani (hajdutzi) per avviare ruspanti studi di fisioterapia. Più di uno apre un ristorante a casa sua, proponendo rivisitazioni intriganti della cucina balcanica.
Se non si dispone di spazi adeguati, infatti, a Sofia non ci si arrende. L’ufficio per la tutela dei beni architettonici è di manica larga ed è ormai prassi riconvertire monumenti antichi in attività commerciali. Un anfiteatro romano dalla storia secolare è diventato la hall di un albergo a cinque stelle, l’Arena di Serdica. Un segmento della Biblioteca Nazionale è stato trasformato in discoteca. Si chiama Once upon a time Biblioteka: una volta si ballava tra gli scaffali dei volumi; oggi, dopo una ristrutturazione discutibile, ha persino un sushi bar. Poi c’è il club Hambara, tutto di legno, con le travi a vista e senza luce elettrica, illuminato solo da qualche decina di candele. In origine era una scuderia dove riposavano i cavalli che trainavano i tram, poi fu la stamperia clandestina nella quale Georgi Dimitrov (1882-1949), primo ministro della Repubblica Popolare di Bulgaria, editava un giornale sovversivo. Travagliata anche la storia dell’Art Club Museum: da chiesa fu trasformata in bagni pubblici dai turchi, quindi è diventato un museo archeologico, ora è un bar aperto 24 ore su 24. Il Palazzo dell’Esercito, tra broccati e tappezzerie antiche, ospita concorsi di hip hop e iniziative musicali che fanno rivoltare nelle tombe le mummie dei generali del Patto di Varsavia. Le pavimentazioni ultralevigate che circondano il monumento all’Armata Rossa, un’icona del passato sopravvissuta alla fine del socialismo reale, sono il campo di gara dei cultori dello skateboard.
Altre statue dell’epoca popolano un parco tematico dall’indirizzo ignoto a molti taxisti. È il Museo d’Arte Sovietica, nelle adiacenze dell’ispettorato della motorizzazione: un grande prato che ospita memorabilia del periodo comunista e opere d’arte bulgare realizzate tra il 1944 e il 1989. Busti di Lenin e Dimitrov, di anonimi operai stacanovisti e bronzi di contadine che coltivavano il sol dell’avvenire… I dipinti sono raccolti in un edificio.
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SOFIA: MERCATI E GRANDI MAGAZZINI
Tant’è, Sofia è la capitale del paradosso. Per averne conferma basta dare un’occhiata a negozi e megastore, dove da un lato si riproduce l’Europa clonando loghi, dall’altro sopravvivono vecchi mercati popolari. Il Sofia Ring Mall, per esempio, è una sfilata di oltre 200 punti vendita che commercializzano più di 400 marchi di moda. Ospita anche dieci cinema e la più grande pista di kart coperta del Paese.
Il contraltare sono i magazzini Tzum. Eredità socialista, furono costruiti tra il 1956 e il 1957 accanto al palazzo che, fino al 1990, fu sede del Comitato Centrale del Partito Comunista. Ovviamente a conduzione statale, erano la galleria commerciale più ampia di tutta la Bulgaria. Oggi i fasti antichi sono un ricordo: la hall ha marmi e scale mobili che, però, portano solo all’ammezzato, dove ci sono due negozi di articoli da regalo, mentre i piani superiori sono chiusi.
Agli amanti del vintage Sofia offre più di un’emozione. Vecchi murales pubblicitari su pareti scrostate e seminterrati di palazzi antichi trasformati in microdrogherie, dove per acquistare qualcosa è necessario piegarsi in due. Il cuore della Sofia più verace è ancora il Mercato delle donne, un susseguirsi di bancarelle che vendono soprattutto frutta e verdura: mele rosso fuoco, barbabietole e verze, noci sgusciate. Accanto ci sono oli ricavati dai semi più disparati, miele, lonza affumicata, paprica dolce, sale speziato e mazzi di erba di San Giovanni. Attorno: abiti venduti a peso, cinghie di trasmissione, cosmetici con essenze che arrivano dalla Valle delle Rose, saponette al catrame, pesce fritto. Articoli che, in parte, si trovano anche nel vicino mercato coperto della Central Hall.
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GUIDE IMPROVVISATE E COMMUNIST TOUR
La Bulgaria è il Paese più povero dell’Unione Europea e quello con la più alta percentuale di anziani, molti dei quali vivono sotto la soglia di povertà. I giovani sono costretti a emigrare. Secondo un’analisi del quotidiano 24 chasa, più di tre milioni di bulgari hanno lasciato il Paese negli ultimi 23 anni, ovvero il 40 per cento degli abitanti (circa 7,5 milioni). Per rimanere in patria, molti ragazzi il lavoro se lo inventano. Se alla mattina verso le 11 (o al pomeriggio alle 18) si passa sotto il leone di marmo che troneggia di fronte al Palazzo di Giustizia, si trova un capannello di turisti capeggiati da un paio di studenti. Sono le guide di Free Sofia, che accompagnano in percorsi informali per la capitale, incrociando chiese e monumenti, bar e negozi. I tour, in inglese, sono gratuiti, anche se una mancia, al commiato, è ben accetta. Non essendo guide ufficiali, i ragazzi non possono accompagnare dentro chiese e musei: si limitano a raccontarli dalle adiacenze. Per pochi euro ci sono tour culturali e per i nostalgici c’è il Communist Tour: un excursus sui luoghi del regime, come il Monumento della Fratellanza, ai piedi del quale non è insolito trovare fiori lasciati dai pensionati in ricordo del passato. Per chi preferisce la bicicletta, il Sofia Green Tour è un percorso di 20 chilometri tra i parchi della città. Come Borisova Gradina, a sudest, il più bello di Sofia, con sculture e aiuole, e lo Yuzhena, a sud di downtown: una distesa verde fitta di alberi e sentieri, attraversata da un torrente.
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DOVE FARE SHOPPING CREATIVO A SOFIA
La creatività dei giovani ha portato all’apertura di boutique e laboratori artigianali. A partire da Sklada, nel cuore del quartiere ebraico, in un’ex tipografia. Propone arredi e oggetti per la casa di designer locali e internazionali. Pezzi in vendita anche nella Galleria Testa, in Shishman Street, a due passi dall’Assemblea Nazionale. I cultori della street art trovano tutto il necessario da Slanchogled, incredibile cartoleria-colorificio-ferramenta in una palazzina con le pareti coperte da murales.
A pochi metri, Bagri è il primo ristorante Slow Food di Sofia, aperto nel 2015. Da provare il meurche, un insaccato preparato dalle donne del villaggio di Gorno Dragliste, sede di una comunità del cibo Terra Madre. Nella via parallela, per un aperitivo con vista c’è il rooftop bar del Sense Hotel. Affacciato sulla cupola dorata della cattedrale di Aleksandr Nevskij e sul monte Vitosha, offre etichette internazionali e ottimo Aligoté, un vino bianco della Valle Dobrudzhae. I piccoli cinque angoli sono uno scampolo di Sofia in cui si incrociano le strade dalle realtà più intriganti. Sabai, per esempio, è una gioielleria e galleria d’arte che espone splendide fotografie. Sull’altro lato della via, Milena e Maria, due intraprendenti ragazze, hanno trasformato un loft di 100 metri quadri in spazio multiuso. Gallery 2.0 è spazio espositivo, concept store, caffetteria, luogo per incontri e letture. Teya Troshanova, nel suo laboratorio, vende i monili di Nikolay Sardamov, un affermato designer di gioielli, e propone abiti impreziositi da disegni che rielaborano i segni dell’alfabeto glagolitico.
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SOFIA DOVE ANDARE DI SERA: GLI INDIRIZZI PER APPASSIONATI DI MUSICA
Per lo shopping musicale Dukyan Meloman è l’unico negozio in cui trovare cd nuovi e usati di artisti bulgari. Compresi i dischi di musica chalga, colonna sonora dei nuovi ricchi che hanno costruito fortune con il passaggio dal comunismo al turbocapitalismo, grazie a traffici illeciti, racket e altre attività criminali. Sono ritmi rom rimasticati in salsa elettronica. Le versione originali, proposte da band zingare armate di clarini, fanno da sottofondo in vari ristoranti. Per esagerare si va al Veselo Selo, in un parco: portate pantagrueliche e uno spettacolo dove una dozzina di rom passano in rassegna, con tanto di coreografie e frequenti cambi d’abito, il campionario della musica balcanica. Per il rock l’indirizzo è la Swinging Hall, locale stretto e lungo con due palchi: suonano almeno un paio di band a sera. Se si preferisce il jazz, la Tea House ogni mercoledì sera organizza concerti con musicisti locali. I cultori dell’house music scelgono invece al Club Chervilo, che propone una miscela di progressive house, tribal rhythms e smooth tech-house grooves. Per chiudere la serata: The Apartment, un’abitazione aperta al pubblico. In cucina si prende una fetta di torta, una tisana o un eldeberry, un digestivo a base di erbe di montagna. Comodamente assisi sui divani si chiacchiera fino all’alba, mentre il dj miscela vecchi standard pop e brani di intelligent house. L’ennesima proposta di una città bulimica che, anche per l’originalità di luoghi come questo, merita di essere scoperta.
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