Traversata del Lamone in kayak: il racconto

traversata del lamone in kayak

Traversata del Lamone in kayak: il racconto dei due (eroi?) romagnoli

di Manuel Fabbri e Michele Malara

 

Partiamo dal presupposto che non abbiamo la più pallida idea se quanto abbiamo fatto sia legale o non, ma visto che siamo due giovani sprezzanti del pericolo e allergici alle regole, ce ne siamo fregati, rassicurati dalla nostra intensa preparazione e attrezzatura all’avanguardia. Infatti siamo saliti per la prima volta assieme sulla canoa il giorno prima per ben 20 minuti con un’attrezzatura tecnica di 20 € (a testa!), canoa a parte ovviamente.

traversata del lamone in kayak

(Manuel detto Mandu)

Ma una cosa è certa, non abbiamo badato a spese puntando tutto sull’alimentazione e idratazione.
Siamo quindi partiti a mezzogiorno con il sole a picco e 3 litri di birra che si è scaldata quando ancora non avevamo passato il primo dei 25 chilometri che ci attendevano per discendere il temutissimo e impetuoso fiume Lamone da Villanova di Bagnacavallo fino al mare aperto (per i più curiosi, wikipedia insegna).

traversata del lamone in kayak

Superata l’insidia più insidiosa (cioè quella di cadere in acqua nel salire sulla canoa), abbiamo dovuto fare i conti con la seconda insidia ancora più insidiosa: sbarramenti creati da un mix di rami, tronchi e rifiuti di ogni genere che occupavano l’intera larghezza del fiume. Tra questi spiccava un’allettante ruota da carriola che solo dopo un acceso dibattito sul caricarla o meno abbiamo lasciato in balia della corrente (peccato! Ci sarebbe servita in giardino).

traversata del lamone in kayak

Selfie nel corso della traversata (Michele detto Jimmy e Manuel detto Mandu)

Abbiamo deciso di affrontare questa serie di ostacoli sfruttando la potenza delle nostre pagaiate per sfondare letteralmente quel muro di legno, però sono stati molto più efficaci i nostri colpi di reni per scivolare oltre i rami.

Questi sforzi immani hanno prodotto una discreta voragine nello stomaco che abbiamo dovuto saziare con dei buoni taralli pugliesi (particolarmente indicati durante lo sforzo fisico) e birra rigorosamente calda per diluire il tappo creatosi.

Numerosa e variegata è stata la fauna incontrata durante la traversata del Lamone, tra cui possiamo ricordare rari esemplari di nutrie padane obese, ocarine rincoglionite con problemi di volo, squisite carpe saltatrici e altri volatili non ancora identificati dal WWF, con cui siamo disposti a collaborare ai fini della loro classificazione.

In modo scientifico abbiamo costantemente monitorato la profondità delle acque istituendo come unità di misura la “pagaia” . Possiamo con certezza affermare che il livello non supera mai la misura di una pagaia e mezzo braccio.

Per quanto riguarda la limpidezza dell’acqua, nei punti più chiari si può arrivare a max 3mm di visibilità.

La nostra inarrestabile marcia di è dovuta interrompere una volta raggiunta la diga nei pressi di San Romualdo. Qui abbiamo dovuto abbandonare l’acqua e superare l’ostacolo a mano, non prima di esserci rifocillati con qualche etto di taralli e una birra che oramai aveva raggiunto i 77° Fahrenheit. Appesantito da questo mix energetico uno di noi è caduto in acqua senza aver atteso le 3 ore previste per digerire e fare il bagno (vestiti da buttare!).

traversata del lamone in kayak

Più della fatica fisica della pagaiata è logorante il non avere idea di dove ci si trovi esattamente perché la vista laterale è occlusa dagli argini. Gli unici punti di riferimento sono i  ponti, in questa occasione chiamati ponti di riferimento.

L’ultimo tratto è chiaramente riconoscibile dalla presenza dei padelloni o anche detti capanni da pesca. È necessario mantenere alta la soglia di attenzione onde evitare di rimanere pescati assieme  a qualche cefalo puzzolente o granchio antipatico.

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(Michele detto Jimmy)

Superata anche quest’ultima insidia inizia la cavalcata finale verso il mare, dove il dolce si mischia al salato, l’argine diventa orizzonte, le nutrie lasciano lo spazio ai gabbiani e dove la nostra avventura si conclude circumnavigando gli scogli e raggiungendo il Boca Barranca. Qui finalmente ci siamo fatti una birretta ghiacciata con qualche problema di sollevamento dei bicchieri e tremolii vari.

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Nessuno aveva creduto in noi, ma dopo solo 6 ore la traversata del Lamone, anche detta stra-lamone, è completata!

 

(Questa storia, questa avventura, questa impresa (?)… è stata totalmente vissuta da Manuel Fabbri e da Michele Malara e solo loro sono gli artefici di questo testo, delle foto e del vissuto. Per chi li conosce: sembra incredibile eh, eppure è tutto vero!)

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