Sudafrica on the road: tutto un altro pianeta

Marco Santini

Il consiglio è di fermarsi spesso. Anche senza un motivo: almeno un paio di volte per ogni tappa, o in ogni momento in cui se ne avverta l’ispirazione. Nel nulla. Spegnere il motore e respirare il silenzio, rotto soltanto dai sussurri del vento e dal cigolio delle pale che pompano acqua nei pozzi. La regione dei Karoo somiglia per qualcuno all’Outback australiano, per altri al Far West. Questo è il Sudafrica meno battuto, dove è ancora possibile incontrare animali selvaggi e cittadine sperdute. Cieli immensi e rocce dalle forme aliene sono il premio per chi si stacca dalla spesso trafficata Garden Route e affronta un on the road a sorpresa che si sviluppa in gran parte sulla Scenic Route 62. L’itinerario provato da DOVE, poco meno di 1.400 chilometri, inizia da Città del Capo e ha lo stesso traguardo della celebre strada lungocosta, Port Elizabeth. Ma ritmi, colori e spazi sono del tutto diversi.

CITTÀ DEL CAPO: LA CITTÀ DEI DUE OCEANI

Merita almeno due giorni la “Taverna dei mari”, come i marinai della Compagnia Olandese delle Indie Orientali soprannominarono, nel 1652, il loro avamposto presso quel Capo di Buona Speranza toccato per la prima volta da un europeo, il navigatore portoghese Vasco da Gama, solo nel 1497. Da allora Città del Capo è un luogo di incroci. Mondana, moderna, dinamica, la metropoli ancora oggi mette insieme echi d’Europa e scenari che ricordano Sydney, o una San Francisco o una Hong Kong dell’emisfero australe. Basti pensare a luoghi ibridi come il Waterfront, il vecchio porto ristrutturato, senza però trasferirne i cantieri. Così sulle banchine a nord del centro convivono shopping center e officine navali, ristoranti e magazzini, i locali notturni e le stazioni delle unità di soccorso. Il nucleo storico del quartiere è lungo l’animato Victoria & Alfred Waterfront, che prende il nome dalla regina dell’Impero britannico e dal suo secondo figlio. In questo complesso di negozi, pub, mercati dell’artigianato, musei, cinema e teatri, alla fine di settembre inaugura lo Zeitz MOCAA (Museum of Contemporary Art Africa): nove piani di gallerie, aree educative e ristoranti, con un giardino di sculture sul tetto.
Anche a tavola convivono cucine d’ogni parte del globo. Un buon indirizzo è The Old Biscuit Mill, nel quartiere emergente di Woodstock, a est del porto: una fabbrica convertita in cittadella di negozi, farmer market e bancarelle di cibo di strada. Si può mangiare nel modaiolo Pot Luck Club, regno delle tapas creative dello chef Luke Dale-Roberts, o perdersi tra i banchi di formaggi locali, di ostriche, di biltong, carne essiccata di bufalo, di antilope eland o kudu, più pregiate. Tante le attrazioni in città, dalla Grand Parade, piazza dei palazzi istituzionali, alla colorata Greenmarket Square, enorme mercato delle pulci dove, ancora una volta, si mescolano Africa e ricordi del Vecchio Mondo. Da lì si arriva a piedi a Bo-Kaap, il quartiere malese, una città a sé, con le moschee, le case variopinte e una folla multietnica, per fare poi una pausa nel vicino Carne, per le bistecche delle fattorie dei Karoo, accompagnate da etichette eccellenti. Proprio alle porte della metropoli si visitano numerose aziende vinicole. Come Constantia, con alcune delle cantine più antiche del Sudafrica: si dorme nella storica tenuta Cellars-Hohenort, hotel de luxe e ristorante gourmet a prezzi sorprendenti.
Il Giardino Nazionale Botanico di Kirstenbosch, tra i più celebri e grandi del Paese, è invece un posto meraviglioso per conoscere la flora sudafricana; offre aree che ricreano i principali habitat, ma anche un parco di sculture, sia tradizionali africane, sia di artisti contemporanei internazionali. Da qui una rete di sentieri, percorribili a piedi e in bici, porta fino al Table Mountain National Park.

SUDAFRICA ON THE ROAD: VERSO CAPO DI BUONA SPERANZA

Lasciata la città, si punta a sud e si affianca l’Atlantico, passando per Green Point, Clifton, Camps Bay, località che mettono in fila alcune dei tratti di costa più belli e celebrati del continente: da una parte l’oceano con le sue onde, ricercate dai surfer di tutto il mondo, dall’altra locali gremiti di giovani capetonian alti, biondi e statuari. Dopo aver toccato Hout Bay, dove gli appassionati una delle right wave – le onde più lunghe e potenti del mondo – si riparte lungo la Chapman’s Peak Drive, tracciato scavato nella roccia, sotto la scogliera dei Twelve Apostles, dai prigionieri italiani durante la Seconda guerra mondiale. Da percorrere con calma, sempre guardando il mare, la litoranea offre anche aree picnic e sentieri attrezzati.
La presenza del Capo di Buona Speranza si avverte distintamente negli ultimi chilometri di strada. Non è necessario consultare la cartina per rendersi conto di essere in un luogo del mito: una spiaggetta di ciottoli chiusa da scogli scuri e battuta dalle onde, con un nome di buon auspicio e una fama di terribili tempeste, mostri marini e vascelli fantasma. Lasciata l’auto, gli ultimi metri si percorrono su una funicolare o, ancora meglio, a piedi. Su un sentiero che, fra una terrazza panoramica e l’altra, porta al faro. Da lì il profilo della costa est si perde nella profonda insenatura di False Bay prima di regalare un colpo d’occhio sulle scogliere lontane di Capo Agulhas.

WHALE WATCHING E SQUALI

Di nuovo in auto, si scende verso l’Oceano Indiano, poco sotto Simon’s Town, dove si può visitare la colonia di pinguini africani che vivono tra le rocce di Boulder Beach. Circumnavigando False Bay, verso nordest, ecco il villaggio di pescatori di Kalk Bay. Proprio sul molo, la Harbour House è l’indirizzo giusto per gustare il seafood platter. Sono solo pochi chilometri fino alla famosa spiaggia di Muizenberg, culla del surf e dell’arrampicata sportiva; la schiera di cabine colorate, davanti alle quali i surfisti attendono l’onda giusta, è un’icona nazionale.
Hermanus, da settembre a dicembre, è invece la capitale del whale watching “da terra”: perfino dalla terrazza del proprio albergo si vedono spuntare dal mare le sagome delle balene. Il vero appuntamento con il brivido è qualche chilometro più avanti, a Gangsbaai, dove ci si imbarca per raggiungere la famosa Shark Alley, un fondale che vanta una delle più alte concentrazioni di squali bianchi al mondo. Sia che si scelga di rimanere a bordo per fotografarli, sia che ci si cali con la muta nella gabbia, con Marine Dynamics, le emozioni sono assicurate.
Dopo Gangsbaai le strade si fanno deserte. Da un lato l’Oceano Indiano, a nord le montagne che definiscono la regione dei Karoo (“terra della sete” in lingua Khoisan: identifica un ambiente naturale semidesertico). Prima di lanciarsi verso l’interno, ecco capo Agulhas. Poco frequentato, è il vero punto più a sud del continente, a differenza di quanto riporta ancora qualche enciclopedia. Sotto il suo faro, oltre una striscia di sabbia bianca e di scogli affilati, c’è solo il nulla. Fino al Polo Sud.

KLEINE KAROO: TAPPA NELLA VALLE DEL VINO E DELLE ROSE

Risalendo verso nord ci si immette sulla Scenic Route 62 in arrivo da Stellenbosch. Si passa dai campi di grano a un ambiente più arido e roccioso, con catene montuose solitarie, solcate da canyon tortuosi. È l’anticamera del Kalahari, deserto rosso che comincia poco più a nord. La regione si divide in Groot Karoo a nord e Kleine Karoo a sud. Questo territorio è percorso da strade sempre scenografiche, in parte sterrate, ma sempre accessibili. Tra ambienti lunari che è bello ammirare senza premere troppo sull’acceleratore.
Si resta spiazzati quando, fra le colline rocciose, si apre improvviso un paesaggio verdeggiante. Lo chiamano “la valle del vino e delle rose” questo piccolo paradiso agricolo, nuova frontiera dell’enologia, al centro della quale sorge la cittadina di Robertson, fondata nel 1853. Sorpresa nella sorpresa, tra le viuzze ortogonali del centro in stile edoardiano, circondate da vigne di Riesling e Sauvignon Blanc, Chardonnay e Pinot Noir: il Robertson Small Hotel, unico 5 stelle in zona, ha 10 camere, tutte con accesso alla piscina.
Partire da qui vuole dire gettarsi di nuovo in un paesaggio di vallate rocciose fino a Montagu, per poi seguire la Route 62 fino alla riserva privata di Sanbona, dove, accompagnati a piedi da guide professioniste, si possono incontrare gli animali dei Karoo. Con loro si seguono, a piedi e in auto, le tracce dei ghepardi e se ne avvista qualche esemplare (mentre nel caso di leoni, elefanti e rinoceronti si rimane sempre a bordo).
Di nuovo in viaggio, si passa da Oudtshoorn per risalire il passo dello Swartberg, una sterrata che corre tra pareti alte e rocciose, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Costruita da prigionieri ai lavori forzati, la strada venne inaugurata nel 1888. Dal suo punto più alto lo sguardo abbraccia due mondi opposti: a nord praterie a pascolo, a sud l’aria che arriva dall’oceano si condensa nelle tipiche nebbie che a Cape Town drappeggiano la Table Mountain. Qui le chiamano, non a caso, tablecloth, tovaglie.
Nei pressi del paese sperduto di Prince Albert, si riattraversano i monti Swartberg in direzione di De Rust. Merita una deviazione il Karoo National Park, poco lontano da Beauford West: un ambiente desertico che accoglie oltre 200 specie di uccelli. Qui il ricercatore tedesco Reinhold Rau ha ricreato il quagga, molto simile a una zebra, sterminato alla fine del XIX secolo.
A sud, verso Graaf Reinet, il paesaggio si fa più arido e piatto. In questa città di 30 mila abitanti tutto sembra rimasto come nell’Ottocento. Non solo l’architettura delle case colorate di Stretch’s Court, della chiesa riformata olandese e del Drostdy Hotel (1806), dove si dorme fra vecchi lampadari e trofei di caccia. Ma anche i ritmi e gli stili di vita. Come se il tempo si fosse fermato tra i massi della Valle della Desolazione, attrazione geologica a pochi chilometri dall’abitato. Il sentiero che ne costeggia l’orlo va fatto di primo mattino, con le luci radenti e pochi visitatori. La valle è parte del Mount Camdeboo National Park che, nei suoi 15 mila ettari, ospita oltre 220 specie di uccelli, 43 mammiferi e 330 specie vegetali: un tassello importante nel progetto di creare un’unica area protetta estesa fino al Mountain Zebra National Park, a est.
Per capire il valore e l’unicità di questa regione bisogna fermarsi, proprio fra questi due parchi, nella Samara Private Nature Reserve: 30 mila ettari di praterie e, soprattutto, montagne. Un patrimonio naturale che i proprietari hanno sottratto al latifondismo comprandone e riconvertendone i terreni, abbattendo steccati e consentendo il movimento libero degli animali. I viaggiatori trovano ospitalità in cottage colonici dell’Ottocento trasformati in lodge di lusso, alcuni nel complesso della villa padronale, altri sparsi tra prati e laghetti in un anfiteatro di colline. Poi, lasciata l’auto, i dintorni si esplorano su un 4×4, in un ambiente molto diverso da quello del solito safari di savana. Gli animali si vanno a cercare lungo piste che salgono o scendono vertiginose, con il ranger armato di fucile e rilevatore radio; ghepardi e rinoceronti sono al centro di studi e di progetti sperimentali di tutela. Quando se ne avvista qualcuno, si scende dall’auto e si prosegue a piedi, in silenzio, cercando il vento favorevole che disperda il rumore dei passi.
L’Addo Elephant Park è il giusto gran finale dell’on the road nei Karoo. Gli oltre 600 esemplari di elefante africano che popolano questo parco sono probabilmente i più studiati del mondo. Terza area protetta per estensione, dopo il Kruger e il Kalagadi Trans Frontier Park, al confine con Namibia e Botswana, la riserva vanta un paio di campeggi ben tenuti, con bungalow accoglienti, sicuri ed economici. Per un soggiorno di lusso, invece, si va al Gorah Elephant Camp, concessione privata all’interno del parco: 12 tende sulla collina, più una casa coloniale del XIX secolo per i pasti, a pochi metri dallo stagno dove, oltre agli elefanti che girano liberamente nel lodge, vengono ad abbeverarsi tutti gli animali della riserva. L’Oceano, Port Elizabeth e l’aeroporto sono a meno di un’ora d’auto. Ma sembrano un altro pianeta.

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