Musei d’impresa: i 10 più originali d’Italia

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C’era un’Italia del Dopoguerra che, in pochissimi anni, diventò una delle economie più solide del pianeta. All’impegno, alla voglia di riscatto e alle competenze si unirono creatività e ingegno. Nacquero o si strutturarono aziende che divennero un punto di riferimento a livello internazionale per qualità dei prodotti, per design, per avanguardia meccanica. Oggi le cose sono un po’ diverse: la globalizzazione, la delocalizzazione, la robotizzazione – del lavoro come delle persone – hanno sparigliato scenari e primati. C’è tuttavia una memoria di queste imprese – intese come aziende e come gesti da ricordare – che resiste e che è anche un prezioso spunto per le idee di domani.
L’associazione Museimpresa – voluta da Confindustria e da Assolombarda – fa proprio questo, mette assieme archivi e musei di queste aziende – alcune attive, altre non più – e li rende fruibili in un circuito di visite, di appuntamenti e di incontri, insomma ne fa posti vivi. È il racconto di un Made in Italy di cui essere orgogliosi e che per fortuna non è finito tutto in una teca polverosa. Gli indirizzi sono tantissimi. Questa è una selezione tra i più interessanti e curiosi musei d’impresa, con qualche dritta turistica per completare la gita fuori porta.

A SAN SEPOLCRO, L’ABOCA MUSEUM

aboca particolare scatole2Da giramento di testa. Qui è tutto un odore: erbe aromatiche, spezie, fiori piante. È la botanica che diventa tangibile, così come l’omeopatia. Un percorso olfattivo e tattile in un bel palazzo rinascimentale di San Sepolcro, in provincia di Arezzo, il Palazzo Bourbon del Monte, per raccontare secoli e secoli di piante medicinali e della loro applicazione. Aboca è un’altra azienda toscana che, con quasi 40 anni di storia alle spalle, ha tirato le fila nel campo dell’agricoltura biologica. Gli appassionati del genere hanno a disposizione la Bibliohteca Antiqua con erbari che vanno dal ‘500 ad oggi; ricostruiti nei minimi dettagli gli ambienti di lavorazione delle erbe; esotica l’antica spezieria del XVI secolo; accattivante la cella dei veleni.
Curiosità: il libro Ritorno alle radici di Sandro e Maurizio di Massimo, pubblicato da Aboca, è un manuale di facile consultazione che vuole avvicinare i lettori alla conoscenza delle piante spontanee e commestibili. Nel momento del foraging (l’arte di raccogliere il cibo selvatico, ndr), questo testo è corredato di numerose immagini fotografiche a colori e propone le schede di circa 80 piante selvatiche. Alle descrizioni botanico-tecniche, gli autori affiancano “Storia, miti, leggende e usi particolari” delle singole piante, le modalità di raccolta e i loro impieghi alimentari e salutari.
Nei dintorni: tappa obbligata è il Museo Civico di San Sepolcro, con le opere più belle del suo importante concittadino, Piero della Francesca, come il Polittico della Misericordia. Altra forma d’arte è quella dei merletti delle sorelle Marcelli, secondo la tecnica dei fuselli e l’uso del lino. Per i cercatori di pace e silenzio, questi sono anche i luoghi del cammino di San Francesco, con diversi eremi in tutta la Valtiberina: il più suggestivo è quello della Verna.

A MILANO, IL MUSEO BRANCA

branca2Altro spazio fortemente aromatico e questa volta in una grande città, Milano. Chi ha una certa età non può non ricordare l’aquila dell’etichetta e soprattutto il carosello “Sopra tutto, Fernet Branca”. C’è il racconto della ricetta del famoso liquore di erbe provenienti da quattro continenti esposte nel Museo Branca, nel grande stabilimento ancora attivo e unico esempio di azienda ancora funzionante nella cerchia della trafficata circonvallazione milanese. Su prenotazione è possibile visitare anche le cantine con le botti di rovere di Slavonia e ammirare la grande Botte Madre che può contenere oltre 80 mila litri.
Curiosità: il logo Branca è di Leopoldo Metlicovitz, disegnatore triestino di metà ‘800 che nella sua vastissima produzione  ha eseguito anche i manifesti per le opere liriche di Giacomo Puccini.
Nei dintorni: edificio simbolo di Milano, la Torre Branca, ospitata all’interno del Parco Sempione, nei pressi della Triennale, è il luogo ideale per ammirare lo skyline milanese. Costruita nel 1933 dall’architetto Gio Ponti, in occasione della V Triennale della Arti Decorative, è stata a lungo chiamata Torre Littoria. Realizzata in tubi Dalmine ed alta 108,60 metri, è di poco più bassa del Duomo di Milano. Il suo ascensore panoramico consente di salire 99 metri in meno di un minuto. Se la giornata è limpida è possibile godere di un’imperdibile vista sulle Alpi e gli Appennini.

A PORTICI, LA FONDAZIONE FERROVIE DELLO STATO

Foto4_Pietrarsa_GalleryQui si divertono adulti e bambini, perché i treni sono da sempre una passione transgenerazionale. Sono oltre 200 i rotabili storici operativi, dislocati su tutto il territorio nazionale e che costituiscono un patrimonio unico al mondo che va dalle sbuffanti locomotive a vapore agli elettroteni, antesignani dell’Alta Velocità, passando per le littorine. Enorme anche la mole archivistica con biblioteche e materiale audiovisivo. Tra queste chicche c’è il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa nel comune di Portici, in provincia di Napoli. Costituito da 7 padiglioni per un’estensione complessiva di circa 36.000 metri quadrati, ospita locomotive a vapore, locomotive elettriche trifase, a corrente continua, a diesel, elettromotrici, automotrici e carrozze passeggeri. Il primo padiglione è stato destinato alla conservazione dei mezzi del passato, ad iniziare dalla ricostruzione storica del primo convoglio della Napoli-Portici, il primo tratto di ferrovia inaugurato in Italia.
Curiosità: il gioiello tra i gioielli è la carrozza-salone del treno dei Savoia, attualmente “Treno della Presidenza della Repubblica Italiana”, ma ci sono anche le imponenti locomotive mitteleuropee, lasciate sui nostri binari durante la ritirata degli Austriaci nel novembre 1918.
Nei dintorni: fino alla fine del 2017 è possibile viaggiare a bordo di carrozze d’epoca grazie a Pietrarsa Express, che dal centro città arrivano all’interno del museo e sono trainate da una coppia di locomotive elettriche E626.

A ROSSANO, IL MUSEO DELLA LIQUIRIZIA GIORGIO AMARELLI

Andiamo ancora più giù, questa volta a Rossano, in provincia di Cosenza, terra vocata, tra le altre cose, per la produzione di liquirizia. Qui infatti nasce l’Amarelli, una delle aziende storiche italiane che possono vantare diversi secoli di vita. Il Museo della liquirizia non a caso fa parte degli Hénokiens, l’associazione internazionale che riunisce le aziende familiari bicentenarie di tutto il mondo, della quale Pina Amarelli è vicepresidente. Quattrocento anni di liquirizia e 11 generazioni. La visita al museo (circa 40 mila presenze l’anno, secondo solo a quello della Ferrari) racconta di una Calabria che aveva nell’Ottocento un distretto industriale basato su questa pianta con oltre 80 aziende. La Piana di Sibari è il regno di queste radici. Usciti dal museo saprete tutto di questa erbacea perenne: dalla formula del 1731 attraverso la quale fu possibile estrarne il succo ai processi di lavorazione più moderni. L’edificio che lo ospita è di fine Quattrocento, ancora dimora della famiglia e stabilimento produttivo.
Curiosità: nel 2001 il museo ha ottenuto il Premio Gugghenheim Impresa e Cultura e nel 2004 Poste Italiane gli ha dedicato un francobollo.
Nei dintorni: la parte cosentina del Parco del Pollino racchiude comunità antiche, come quella Arbëresh, gli albanesi d’ Italia. Il paese di Civita (Cifti) è un luogo magico. Ogni casa ha un comignolo diverso e le facciate sono antropomorfe: sono le case di Kodra che hanno occhi e bocca, secondo i disegni cubisti del pittore italo-albanese Ibrahim Kodra.

A VICENZA, IL MUSEO DEL GIOIELLO

Museo del Gioiello_Sala Simbolo_Credits by Cosmo LaeraIl primo in Italia e uno dei più ricchi al mondo, questo prezioso spazio non poteva che nascere a Vicenza, la culla orafa del Belpaese. Ed è uno scrigno  in uno scrigno più grande, la Basilica Palladiana, dichiarata Patrimonio dell’Unesco. Due piani: il piano terra dedicato alla didattica con un’importante libreria/shop di testi nazionali e internazionali; il secondo per le esposizioni e qui ogni sala ha un suo curatore. Nelle nove sale espositive bracciali, anelli e collier non vengono presentati in chiave temporale, ma tematica: il simbolo, la magia, la funzione, la bellezza, l’arte e così via. Capolavori etruschi e neoclassici fanno bella mostra di sé accanto a opere in 3D, la parure di Paolina Bonaparte fa pendant con amuleti apotropaici, la collana di “Colazione da Tiffany” accanto alla corona regale di Flora Sasson.
Curiosità: la Biennale 2017-2018 è ancora in corso e offre l’occasione di ammirare il nuovo allestimento ricco di circa 400 gioielli selezionati in base alla sensibilità dei nuovi curatori di livello internazionale coinvolti. Da Glenn Adamson, direttore del Museum of Arts and Design di New York, a Nicolas Bos, Presidente & CEO di Van Cleef & Arpels; dalla critica dell’arte e collezionista Helen Drutt English, all’antropologa Cristina Del Mare fino al pluripremiato Designer Odo Fioravanti.
Nei dintorni: dalla contemplazione delle pietre preziose all’escursionismo intriso di storia. È quanto promette il percorso della Strada delle 52 gallerie, una mulattiera militare costruita durante la prima guerra mondiale sul massiccio del Pasubio. Si percorre a piedi ed è identificata da diverse segnavie: è lunga quasi sette chilometri e regala panorami mozzafiato.

 A BOLOGNA, IL MUSEO DUCATI

Nuovo Museo Ducati 01Che si sia Ducatisti o meno, questo è uno spazio che racconta molto dell’Italia. Soprattutto dopo l’ultimo restyling della scorsa estate con l’aggiunta delle moto stradali. La storia del motociclismo si intreccia a quella del Paese in un percorso narrativo rombante. Sette sale multimediali che girano intorno al simbolo dello spazio, un casco rosso che è anche location di conferenze. Le moto da competizione sono oltre quaranta e seguono un andamento cronologico che porta il visitatore fino alle ultime Desmosedici. I percorsi del Museo Ducati sono tre: la storia delle moto Ducati di serie e il contesto socio-culturale in cui si inseriscono; la storia del racing attraverso l’esposizione delle moto da corsa e dei trofei vinti; l’ultimo percorso racconta i “Ducati moments” ovvero fatti, persone, innovazioni tecnologiche che hanno fatto la storia dell’azienda. L’impatto più forte però lo si ha in fabbrica: lo stabilimento di Borgo Panigale è infatti visitabile su prenotazione. Assemblaggi, test di collaudo, il mitico reparto corse, tutto sotto gli occhi dei visitatori.
Curiosità: in quanti sanno che il successo firmato Ducati non inizia dalle moto, ma dalla radiotelegrafia? La Bologna di inizio ‘900 era in gran fermento per le scoperte di Guglielmo Marconi e anche Adriano Cavalieri Ducati brevettò un trasmettitore a onde corte. Nasce così nel 1926 la Società Scientifica Radio Brevetti Ducati, l’antesignana di quella costruttrice di motori.
Nei dintorni: Bologna con i suoi portici e piazze è perfetta per visitare  mercati. Come il mercato di Mezzo in via Pescherie Vecchie, per fare acquisti di prodotti alimentari, il mercato dell’Antiquariato che si svolge ogni secondo fine settimana del mese in piazza Santo Stefano; a piazza San Martino invece c’è il “celò celò manca”, dedicato al collezionismo.

A BIELLA, IL MUSEO FILA

FILA 3Il Biellese è da sempre un distretto di eccellenza nei filati e qui, nel 1906, nasce la storia dei fratelli Fila – nomen omen – che in verità provenivano dal mondo della falegnameria. Gli inizi sono sulla biancheria generica  e bisognerà aspettare gli anni Settanta per vedere lanciata la linea sport con la famosa Effe rossa e blu. I capi White Line per il tennis lanciano nel mito la ditta di abbigliamento: gli idoli sono Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Bijorn Borg, Boris Becker, Monica Sales e Gabriela Sabatini. Ed è così nel calcio, come nel basket. Un racconto lungo 15 mila pezzi. Fila è salita anche sulle più alte vette: sua era la tuta “muflone” – tra quelle esposte – che indossò la figlia di Reinhold Messner per la prima delle sue spedizioni, oppure il brevetto “tela vela”, la giacca fatta con il materiale delle vele da barca. Una storia da scoprire al Museo Fila.
Curiosità: l’attuale proprietario è koreano, il signor Gene Yoom che ha rilevato l’azienda nel 2007 per 400 milioni di dollari. A lui si deve la nascita della fondazione e del museo. Pare che la sua scelta sia stata motivata dalla grande passione che c’è in Korea per le scarpe a marchio Fila.
Nei dintorni: dichiarato Patrimonio dell’Unesco nel 2003, il Sacro Monte di Oropa è inserito in un grandioso anfiteatro naturale a 1200 metri di quota, poco distante da Biella e, insieme al santuario, considerato il più importante luogo di culto mariano dell’arco alpino e, in particolare, è legato al culto della Madonna Nera. Il sacro monte è anche sede di un importante osservatorio meteosismico e non lontano si trova il lago del Mucrone, di origine glaciale, raggiungibile con una funivia che parte dalla chiesa nuova.

A LEGNANO, IL MUSEO FRATELLI COZZI SULL’ALFA ROMEO

museo fratelli cozzi 7Pietro Cozzi non distingueva la passione dal lavoro. La prima era tutto ciò che portava il nome Alfa Romeo; il secondo era la concessionaria che vendeva le auto con il simbolo del biscione. Questo signore di Legnano ha dato il suo cognome al Museo Fratelli Cozzi dedicato alla famosa casa automobilistica italiana e dalla metà degli anni ’50 ha collezionato un esemplare per ciascun modello. In principio era una collezione privata, poi per i 60 anni dell’attività e per gli 80 di Pietro, quello che era uno spazio privato è diventato un luogo aperto al pubblico. A Legnano, in provincia di Milano, oltre 50 auto della gloriosa fabbrica di Arese sono come in passerella. Tra di loro spiccano due esemplari unici al mondo: la 155 rossa che conquistò il record mondiale di velocità sul lago salato di Bonneville negli Stati Uniti e la Giulia 1600 TI Super quadrifoglio verde. Altre sigle mitiche sono la 6C 2500 Freccia Oro, detta “Gobbone”, il pezzo più antico del museo insieme alla 2500 Sport 105 Hp, carrozzeria Farina, anno 1950. Belli anche i trofei delle tante gare affrontate dalle Alfa Romeo, ideati da artisti del calibro di Gio Pomodoro e Lucio Fontana.
Curiosità: si diceva della Giulia 1600 TI Super. A renderla speciale è la sua colorazione “Fumo di Londra” creata come prototipo insieme ad un esemplare in rosso, ma poi prodotta solo in bianco, colore preferito dai piloti.
Nei dintorni: il Parco del Bosco di Legnano è più comunemente conosciuto come parco del Castello, rifacendosi al maniero di origine viscontea della città lombarda. 22 Ettari all’interno dei quali, agli inizi degli anni ’80, è stata creata una zona umida estesa per circa 1 ettaro dove è possibile osservare uccelli acquatici come oche selvatiche, moriglioni e volpoche, ma anche usare – o più tranquillamente guardare le esibizioni – la grande half pipe. Per gli amanti del jogging è stato installato un time point che consente di monitorare on-line i tempi dei propri allenamenti.

A BENEVENTO, LO SPAZIO STREGA

Strega vecchia pubblicitaLo stabilimento della famiglia Alberti è sempre lì, vicino alla stazione di Benevento, fin dai tempi dell’Unità d’Italia e si continua a produrre liquore Strega dopo oltre 150 anni, non l’unico prodotto, ma di certo quello che ha reso famoso nel mondo il marchio. Il nome deriva dal luogo dove a Benevento andavano le streghe per convegni sabbatici. Lo Spazio Strega colpisce prima il naso e poi gli occhi, per le tantissime – e segrete – erbe officinali e spezie dell’Erboristeria in cui il visitatore può toccare con mano gli ingredienti che compongono la formula del liquore. Si sa che queste sono 76, ma non si conosce la giusta combinazione, custodita nella cassettiera – chiusa ovviamente – esposta nel museo. Si procede con la visita alla distilleria di alambicchi ancora in funzione e si finisce in cantina dove il liquore Strega affina in botti di rovere per sei mesi. Ovviamente non può mancare uno spazio dedicato al famoso Premio Strega, il più prestigioso premio letterario italiano con le tantissime copertine dei libri vincitori e alla comunicazione del marchio che si è sempre avvalsa di disegnatori e pittori di prestigio come Marcello Dudovich e Fortunato Depero.
Curiosità: di Liquore Strega ce n’è solo uno, ma la sala delle imitazioni dà l’idea di quanti abbiano provato a imitarlo o quantomeno a emularlo. Sono oltre 400 infatti le bottiglie contraffatte esposte rinvenute in ogni parte del mondo.
Nei dintorni: fare shopping per la casa nella Valle Telesina significa portarsi a casa ceramiche bellissime. Sono quelle di Cerreto Sannita e San Lorenzello, una tradizione che inizia alla fine del ‘600, grazie anche ai maestri della scuola di Capodimonte a Napoli. Caratteristici i colori che ornano le acquasantiere, i piatti e i vasi di ceramica. Le gradazioni tipiche vanno dal giallo intenso, all’arancione, al manganese, al verde con le loro varie sfumature, fino al blu turchino, che dalla metà del ‘700 si afferma soprattutto per i vasi da farmacia.

A LUCCA, IL FAPIM MUSEUM

fapim3Da Lucca al mondo intero. Fapim è un’azienda toscana continua a vendere in oltre 100 paesi. È leader mondiale nella produzione di soluzioni e accessori per serramenti. In pratica è grazie a lei che apriamo e chiudiamo porte e finestre. Per i suoi primi 40 anni si è regalata questo museo, contiguo agli spazi di lavoro, che è pieno di bozzetti, campionature di colori, tute da lavoro, brevetti di successo, pezzi di una fabbrica poi diventata industria affiancati ai momenti salienti di questi primi quattro decenni, perché – come dicono i tre fondatori della Fapim – il loro è innanzitutto un museo delle persone. Il museo stesso è pensato come un capannone industriale con linee gialle di sicurezza usate per  modulare spazi e contenitori di alluminio rivisitati come espositori.
Curiosità: Fapim partecipa ogni anno all’iniziativa “Bimbi in azienda” organizzata dal Corriere della Sera che porta i più piccoli a conoscere da vicino i materiali aziendali e che organizza una mostra con i loro disegni sul tema “mamma/papà al lavoro in Fapim”.
Nei dintorni: Lucca, che è città minuta e splendida, è a 10 chilometri, ma ci sono anche le colline di Montecarlo che danno il nome a una Doc del vino italiano tra le più misconosciute del panorama enoico; le terme di Montecatini e Monsummano. Ad Altopascio si va anche per assaggiare il suo famoso pane o per vedere le grandi ninfee del lago di Sibolla. Da non dimenticare che qui passa un tratto della via Francigena.

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