Marocco: trekking nomade

Oggi posto un articolo diverso dal solito: è un racconto di viaggio scritto da un ragazzo che ha creato una start-up per trekking, nel deserto del Marocco, lungo piste un tempo percorse dai nomadi contadini Saharawi, rigorosamente lontane da percorsi turistici frequentati. I suoi viaggiatori sono appassionati di sincerità e avventura, e ricercano il vero del viaggio. Stando a quanto mi racconta il progetto sta evolvendo molto bene e i clienti sono entusiasti. Quando mi ha mandato il testo mi è piaciuto sia per i ricordi che collego a Marrakech e alla zona di Ouarzazate, con annessa delusione, che per la capacità di farmi sognare e perché no, di desiderare di partire!

Il mio viaggio in Marocco da Marrakech ai confini dell’Algeria attraverso il deserto.

Marrakech

Il comandante annuncia l’atterraggio imminente all’areoporto di Marrakech. L’aria é calda, la gente é sorridente e porta ai piedi sandali di cuoio marrone. Le donne che qui portano il velo hanno occhi e sguardi fuggevoli. Hanno trasformato un obbligo con il genio femminile ed il velo diventa accessorio, moda colorata e multiforme. Pago il ticket dell’autobus. Mi volgo verso l’aeroporto. Mi stupisce la sua modernità e l’architettura. L’autobus attraversa la città e mi lascia nella piazza centrale, Jemaa El Fnaa. Raggiungo a piedi l’ostello dove pernotterò per due notti. Mi perdo in una folla di profumi nuovi e strade complicate e respiro l’oriente per la prima volta nella mia vita.

What do you eat?” Mi chiede un cameriere gentile e sorridente. “Tajin…merci”. Sollevo il tipico “cappello” di terracotta e le spezie sbuffano nell’aria un piacevole turbine di aromi nuovi ed invitanti. Mangio con la mano destra, a piccoli bocconi. Dall’alto della terrazza mi godo la vista di una delle piazze più esotiche del mondo.

Seduto nella mia stanza: molti viaggi iniziano così.

In Italia é ancora inverno. Clicco su compra. La transazione é andata a buon fine. Molti viaggi iniziano così.

Da Marrakech a M’Hamid – attraverso l’Atlante e Ouarzazate

Il grande sole del Marocco si leva ad est. Ascolto curioso il richiamo alla preghiera del Mouazin che risuona dalle cime dei minareti di tutto il mondo, in un unisono che non ha tempo, tanto in Arabia così in Marocco, da secoli.

Alloggio da due giorni in una riad del centro. Qui si respira l’oriente. Ogni elemento architettonico richiama lontani ricordi d’Oriente o un cartone animato tanto famoso per il suo tappeto volante ed un genio color puffo e l’orecchino. Tra un giorno sarò nel deserto. Prendo un taxi. Monto su un pullman della CTM diretto a Ouarzazate (dove visito la bella kasbah Taorite) e poi a M’Hamid dove mi attende Saïd ed il tour nel Sahara. Il viaggio procede senza intoppi. Dall’alta postazione del pullman si ha una vista eccezionale dell’Atlante, la catena più alta del Marocco. L’autista guida spedito verso il deserto.

Gennaio 2017 – Bivacco nomade

Aurish” mi risponde Saïd. Mi domando cosa possa voler dire. “Aurish” ripete. Rifletto un istante e capisco. É il nome del suo letto di sabbia. I beduini dormono così anche in inverno. Scavano una buca nella sabbia, ci dormono dentro e la chiamano aurish. “Moro fais pareil” insiste lui. Mi mostra come fare ed io mi lascio guidare. Intanto il cielo diventa color tramonto.

Ne approfitto una terza volta per rimanere in silenzio. É la terza notte nel deserto. “Ma questa notte dormirò sotto le stelle” mi prometto. Scavo il mio aurish. Mi addormento. Passano le ore. Mi sveglio d’improvviso. Sono le 4 di mattina. Tutt’intorno il silenzio della notte. Apro gli occhi e sopra di me il firmamento risplende prepotente. É uno spettacolo incredibile. I miei occhi viaggiano e scandagliano la volta celeste con avidità. Le stelle tanto brillanti ribadiscono a gran voce il loro posto nell’universo. Sono ammutolito. In poco più di dieci minuti ho contato una dozzina di stelle cadenti. Mi riaddormento felice.

Tra le dune

Sembriamo proprio dei nomadi saharawi, le nostre teste avvolte dai turbanti. La carovana dei dromedari intanto procede al nostro fianco con le ceste, i viveri, gli zaini e le tende, in fila indiana, diligente. Mi guardo intorno ed é pace assoluta. Ogni tanto il vento rompe il silenzio. Lontano alte dune dalle creste così uguali eppur sempre diverse nascono da millenni, come figli nel deserto, di nascosto.

“Facciamo pausa?” – Dice Saïd. É il momento per rilassarsi un po’. Il sole di gennaio alto all’orizzonte é incredibilmente gentile. Ci mettiamo comunque all’ombra di un gran tamarindo. Accendiamo un piccolo fuoco per fare un té e come pranzo al sacco del pane con pomodori, insalata e sardine accendono le nostre papille gustative. C’é anche il dolce. Qualche dattero nomade, di quelli leggeri e meno zuccherati, un mandarino ed un sorso di té. Ne approfitto per sdraiarmi sulla sabbia e sento il dolce calore attraversarmi il corpo.

“Non avrei mai pensato che il deserto potesse essere tanto diverso e…colorato” – penso. Chiedo a Saïd cos’è questa pianta grassa che abbiamo di fronte che lui non ha esitato a cogliere e mettersi in bocca con un’aria alquanto soddisfatta. “Roquette” – dice. “Rughetta?…nel deserto cresce la rughetta?” – rispondo. Mi faccio per così dire coraggio e faccio lo stesso. Prendo uno stelo di questa rughetta selvatica e mastico. Il suo gusto vivo mi sorprende. É una sensazione piacevole e fresca. “Prendiamone per cena” – suggerisce Saïd. Lo guardo un po’ sbigottito ma eseguo con curiosità. La zuppa di rughetta della sera fu davvero ottima.

Occhietti curiosi. La carovana come attratta da una linea magnetica curva verso sud-est. Ci ritroviamo ai piedi di un leggero declivio. Saliamo con facilità; qui il terreno si presta particolarmente bene alla camminata. É un ambiente selvaggio e lunare di un profondo color carbone che i locali chiamano hamada. All’orizzonte una gruppo di dromedari, forse selvatici, forse scappati dal proprio pastore, cercano qualche giovane erbetta da ruminare. Avanziamo e d’improvviso sulla sinistra un grande uccello dalle piume maculate di grigio ci guarda curioso. Gli occhietti neri esprimono tutto lo stupore di un incontro inusuale. I nostri fanno stesso.

Ci lasciamo la città alle spalle. Il resto é solo deserto. É mattina, esco dalla mia stanza da letto nella casa degli ospiti, e trovo Saïd, Atman e Hassan che hanno finito i preparativi per il nostro viaggio nel deserto. Insieme a loro la carovana dei dromedari ci attende pazientemente. L’emozione é tanta e la voglia d’immergersi nelle infinità del Sahara travolgente. Scambio uno sguardo sorridente con due turisti appena arrivati da Ouarzazate. Ci presentiamo. I dromedari con uno scatto lento si alzano. Da adesso in poi ci guarderanno dall’alto con i loro sguardi placidi ed ironici. La carovana inizia il suo cammino. Ho il cuore che batte. Si parte.

Arrivo a M’Hamid.

“Moro?”
“Ehm, no…Mauro” – rispondo
“Ah, Moro! Bienvenu! Ça a été le voyage ? Come é viaggio? How the trip? ”
“Good…cioé very well..il viaggio é andato benissimo grazie!” Ma quante lingue parla questo ragazzo?”

Sceso dal pullman sono accolto da un giovane sorridente. Ho incontrato Saïd, la guida che mi avrebbe accompagnato nel deserto per 6 notti. Non lo sapevo ancora ma saremmo diventati amici. Mi guardo intorno, é già notte, ma questo Saïd emana vitalità e non sembra avere affatto sonno.

“On y va manger?!” mi chiede.

Ci avviamo verso la casa degli ospiti dove passerò la notte. L’accoglienza é delle migliori. La famiglia di Saïd ha preparato un tajin fatto in casa. Lo gusto in sua compagnia. Segue un té caldo ed un momento musicale. Il cielo limpido si riempie di stelle. Sogno la partenza.

Ringrazio Saïd per avermi fatto da guida e i viaggi di HarmonyDesert.com e dell’agenzia Melodie du désert.

Maggiori informazioni sui viaggi nel deserto sono disponibili qui.

Mauro

Be nomad!
HarmonyDesert.com

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