Diario di un secondo viaggio a Cuba, in una Cuba più calda e umida, più nera, india e meticcia, più spirituale e vibrante, dove lo spirito ancestrale di questa terra sembra permeare tutto. Dove l’uragano Matthew ha lasciato devastazione ma non ha ucciso nessuno, ha abbattuto le palme ma non ha scalfito l’orgoglio di questa gente, alla quale neanche l’uragano Donald può fare paura più di tanto. Dove Fidel ormai è il passato, che non si deve dimenticare ma nemmeno santificare. È un padre amato ma ingombrante, che per tanti anni ha tenuto per mano il suo popolo, ma ora la stretta di quella mano grande e forte si deve allentare, perché il lutto è finito e il futuro è ancora tutto da costruire. Non ci crederete, lo so, ma ho trovato questa frase scritta su un cartello, sopra un calendario, in un bagno di una casa di Santiago, una casa qualunque di un quartiere popolare: “Si no sueltas el pasado, con què manos agarras el futuro?”. Se non lasci andare il passato, con che mani afferri il futuro?
23/01/2017 Giorno 1: Nel quale partiamo carichi, e il nuovo viaggio inizia
Un año despues, los yanquis todavia no llegaron. Non sono ancora arrivati. E chissà poi se arriveranno più, e quando arriveranno, e come. Con Trump alla Casa Bianca, chi può dirlo? Il futuro di Cuba, ma non solo di Cuba, si presenta più che mai pieno di incognite. Forse non ci sarà un’altra Baia dei Porci, ma il simpatico e folkloristico parruccone, tra le tante roboanti sparate di questi giorni, ha da poco annunciato una stretta nei rapporti con Cuba, in particolare riguardo al tema dei diritti umani. Che, detto da uno che aveva appena finito di dire che il waterboarding non è tortura, ma anche se lo fosse la tortura funziona, e non se ne parla neanche di abolirla, ci mancherebbe… be’, il ragazzo è un esempio di coerenza, bisogna dirlo.
Ma in fondo, a noi, che ce ne importa? Noi a Cuba ci torniamo, e non sarà un tipo buffo con un gatto in testa a impedircelo. Lo abbiamo deciso da tempo, fin da quando, poco più di un anno fa, siamo tornati dal primo viaggio e abbiamo capito che quest’isola ci era entrata dentro, e non se ne sarebbe più andata. È da allora che progettiamo il ritorno.
Ma andiamo con ordine. “Noi” siamo i viaggiatori di Radio Popolare e, per i pochi che non lo sapessero, questo incipit fa riferimento al viaggio che abbiamo fatto l’anno scorso, nella Cuba più “classica”: L’Avana, Viñales, Cienfuegos, Trinidad, Santa Clara. La parola d’ordine di quel viaggio era: “Andiamo a Cuba prima che ci arrivino gli americani”. Antes que lleguen los yanquis, appunto, che è anche il titolo del mio diario di quel viaggio.
Allora, nessuno di noi si immaginava quello che poi è successo in quest’anno. Il processo di distensione tra Stati Uniti e Cuba sembrava avviato, anche se il bloqueo, l’embargo, era ancora ben lontano dall’essere anche solo in discussione. Però Cuba non era più uno stato canaglia, erano state riallacciate le relazioni diplomatiche, aveva da poco riaperto l’ambasciata americana, il viaggio di Obama era alle porte, e poi addirittura i Rolling Stones!
Ora, un anno dopo, tutto è cambiato. Obama, con uno degli ultimi atti della sua amministrazione, ha posto fine alla politica denominata “Pies secos – Pies mojados”, cioè “Piedi asciutti – Piedi bagnati”, quell’assurda prassi per cui i migranti cubani intercettati in mare (pies mojados) venivano rimandati a Cuba, o verso un paese terzo, mentre quelli che riuscivano, al termine del viaggio della speranza, a poggiare i piedi sul suolo statunitense (pies secos) venivano immediatamente accolti con tutti gli onori e con molti diritti che qualunque altro migrante si sogna. Un ultimo gesto di distensione verso il governo cubano, che certo non gradiva che si incentivassero i viaggi su natanti di fortuna che tanti morti hanno causato. Ma ora? Che succederà? Trump tornerà indietro, su questo provvedimento, che per altro il Congresso non ha ancora approvato, e anche su altro? Devo dire che una delle più grosse curiosità che mi porto in questo viaggio è di sapere cosa pensano i cubani del clamoroso esito delle elezioni presidenziali americane. I cubani di Cuba, perché quelli di Miami lo sappiamo già cosa pensano. Li abbiamo visti abbondantemente festeggiare, come pochi giorni dopo hanno festeggiato la morte di Fidel. Immagini piuttosto tristi, comunque la si veda.
Come ho già detto, questo viaggio lo progettavamo da tanto. E ora eccoci qua, con un gruppo un po’ più piccolo, ma che annovera una buona parte degli effettivi dello scorso anno. Lo guida ancora, per la radio, Eddi Berni. Abbiamo conosciuto Eddi e Laura, la di lui consorte, proprio in occasione di quel viaggio; ci siamo frequentati parecchio quest’anno, e ora possiamo davvero dire di essere loro amici. Laura è stata la fondatrice e animatrice del gruppo chiamato, per ovvi motivi, Piña Colada, del quale hanno fatto parte fin dall’inizio anche le altre viaggiatrici che sono qui, in rigoroso ordine alfabetico Alma, Elena, Franca e Paola. Poi c’è Luciano, che anche lui ha già fatto il viaggio “classic” l’anno scorso, ma con un altro gruppo, e che sarà il mio compagno di stanza. E per finire, due gradite new entry: Marcello, che abbiamo già conosciuto e apprezzato a Belfast (lì è stato lui il mio compagno di stanza), e Alessio, il suo compagno, che invece lì non era potuto venire e che quindi accogliamo ora con piacere. Anche Alessio e Marcello sono già stati a Cuba, una quindicina d’anni fa.
Il nostro viaggio ha come destinazione l’Oriente cubano, che per mancanza di tempo non abbiamo toccato l’anno scorso: Santiago, Guantanamo, Baracoa, Bayamo, la Sierra Maestra. L’Oriente caldo e ribelle, culla di tutte le rivoluzioni cubane. […]
Il viaggio, come sempre, è organizzato dagli amici di ViaggieMiraggi. Partiamo da Linate verso Madrid e, da lì, dieci ore di volo transoceanico verso L’Avana.
[…] Con un sospiro di sollievo, mi dirigo verso l’abbraccio e il volto amico di David, che ci aspetta con i suoi dread e il suo sorriso aperto e solare. La sua risata contagiosa mi ritorna subito familiare mentre ci scambiamo i primi convenevoli e mi fa sentire la calda sensazione di essere a casa. In pochi minuti è come se quest’anno non fosse passato e non ci fossimo mai lasciati. Guardo i sorrisi dei compagni di viaggio dell’anno scorso e riconosco anche nei loro occhi, sia pure velati di stanchezza, questa stessa piacevole sensazione. Ad aumentarla ulteriormente, ecco che riconosciamo anche la figura dinoccolata di Carlitos, l’altro nostro amico cubano che sarà con noi per tutto il viaggio, che si avvicina e ci saluta con calore. Vedo Paola e mi accorgo che anche lei, che era scesa dall’aereo in condizioni pietose, ora che ha visto David e Carlitos è come rifiorita in un attimo.
Per continuare a leggere il diario del nostro viaggiatore Piero Maderna clicca qui. Aprirai il suo blog Macondo Express
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