Per Carnevale ci siamo lasciati alle spalle vestiti sontuosi e la gara alla maschera più bella e , con un piccolo gruppetto di viaggiatrici di ViaggieMiraggi Campania, ce ne siamo andati a Scampia, dove il Carnevale mantiene il suo significato originario: quello del sovvertimento dei ruoli e delle regole. Il Carnevale sociale del Gridas: Gruppo di risveglio dal sonno perché, come diceva Francisco Goya, il sonno della ragione genera mostri. E dunque Carnevale del Gridas, un’occasione per svegliarsi dall’intorpidimento. Sono 35 anni che il Gridas organizza il Carnevale sociale, dal basso. E’ nato da Mirella e Felice Pignataro, che, per la prima volta, nel 1982 portarono in strada colori, suoni e maschere colorate, per far vivere a bambini e adulti, strade e vialoni costruiti più per dividere che per unire e iniziare a creare una tradizione in un quartiere sorto dal nulla. Quello che abbiamo incontrato a Scampia con le viaggiatrici Onoria e Donata, è un Carnevale che parla di impegno sociale, del lavoro delle tante associazioni sparse in tutta Napoli. Il Carnevale del Gridas, infatti, è diventato il papà di tanti carnevali dal basso sparsi per la città. Ma è quando arrivi a Scampia, che l’energia di Mirella ti abbraccia: unica con la sua forza a dare il ritmo al Carnevale al suon del tamburo che tiene appeso al collo per tutti e 4 chilometri di sfilata. E tutti insieme a lei: tra Case dei Puffi, Vele, campo rom, il campetto di calcio dell’Arci Scampia, in una bellissima giornata di sole
Con Donata e Onoria, siamo andate anche ai Quartieri Spagnoli, per una sosta in Miniera. Si chiama così la bottega di un falegname del posto, Salvatore Iodice. Salvatore da qualche anno fa progetti di recupero e riciclo. Miniera perché tanti anni fa era un posto dove veniva stipato il carbone, e ora con il falegname Salvatore è diventato una miniera di idee. Da quando Salvatore ha iniziato il riciclo, nella sua bottega è un via vai di bambini del quartiere che, quando scendono in Miniera, tra pennelli, colori, tele e legno, ritrovano la spensieratezza che tutti dovrebbero avere a quell’età. In Miniera i bambini hanno imparato a far tesoro del bene comune. A partire dalle piccole cose, come i cassonetti per la differenziata che mancavano nel quartiere. Loro assieme al falegname Salvatore li hanno costruiti recuperando vecchi mobili, letti etc… E ne hanno fatto vere e proprie chicche di arte colorate sparse per i vicoli del quartiere.
Uno degli incontri forse più suggestivi che abbiamo fatto in questo viaggio è stato, con la signora Angela. L’abbiamo incontrata a Palazzo Sanfelice, grazie alla curiosità di Donata. Palazzo Sanfelice, è un palazzo storico e appartenuto alla nobiltà settecentesca napoletana. Bellezza antica e decadente rispetto a quello dello Spagnolo più noto e ristrutturato.
L’architetto Ferdinando Sanfelice scelse come dimora per la propria famiglia questo luogo allora più salubre, appena fuori le mura e lontano dal caos del centro storico. Oggi è il cuore del popolare Rione Sanità. Due sirene in stucco raffigurate sul portone di ingresso invitano a entrare. Ci lasciamo alle spalle il vicolo stretto e entriamo nel celebre cortile dove Eduardo ha ambientato Questi Fantasmi. Ogni pietra di questo palazzo, custodisce storie, racconti. Registi drammaturghi si sono ispirati alla sua architettura scenografica: Nanni Loy con le Quattro giornate, il maestro De Simone, per la sua Gatta Cenerentola. Più di recente, solo un anno fa, lo street artist francese Zilda agli abitanti del palazzo ha regalato un bellissimo dipinto. Di sera non c’era e al mattino al risveglio era lì, comparso in una notte.
All’ultimo piano del Palazzo Sanfelice, tutti da fare a piedi, salendo gli scaloni che lasciano intravedere un giardino con palme e aranci ormai abbandonato, la signora Angela. Sistemata sulla sua sedia, affacciata al ballatoio, quasi ad aspettare che qualcuno passi di lì, la signora Angela. ‘Signorì di dove siete?’, e da lì ha iniziato a raccontarci dei suoi quarant’anni trascorsi in quel palazzo, per lei il più bello della Sanità, di quando assieme ad altre famiglie occuparono quell’ultimo piano prima adibito a scuola pubblica e ora abitato da famiglie che non riuscivano a pagare l’affitto. Mentre lei parla, alzi gli occhi e vedi chiazze di umido e perdite di acqua che vengono dal soffitto. Poi Angela ci saluta e ci lasciamo alle spalle anche la fanciulla incatenata di Zilda e le sirene a guardia del palazzo.
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