Era il 25 agosto 1916 quando il presidente Woodrow Wilson firmò la legge che istituì il National Park Service (Nps), agenzia federale nata “per conservare i più importanti siti naturali e lasciarli intatti alle future generazioni”. Oggi l’Nps tutela una superficie di 33,4 milioni di ettari, 59 parchi e centinaia di monumenti nazionali. “Sono l’idea migliore che abbiamo mai avuto. Assolutamente americani, assolutamente democratici, riflettono il meglio di noi”, scrisse Wallace Stegner, premio Pulitzer per la narrativa nel 1972.
Sono trascorsi esattamente 100 anni da allora e oggi, dopo mesi di eventi celebrativi, i festeggiamenti entrano nel culmine e, tra il 25 e il 28 agosto, tutti i parchi americani, dalla West Coast alla East Coast, saranno accessibili gratuitamente e saranno visitabili con tour guidati in bicicletta o a piedi (per conoscere il calendario di eventi, basta visitare i siti ufficiali www.nps.gov e www.park100.com).
Per quest’importante appuntamento, DOVE vi accompagna in un viaggio on the road, secondo la più schietta tradizione a stelle e strisce, lungo le highway desolate della Real America, dal Sud Dakota al Nord Dakota e dal Montana al Wyoming, alla scoperta di quei parchi americani dove il turismo di massa non è ancora arrivato. Guarda le foto del viaggio nella gallery. Qui, la linea dell’infinito e il senso dell’immenso, ancora oggi, come al tempo dei pionieri, spingono alla conquista del grande West americano. Scenari grandiosi e distese di nulla: un paesaggio potente che spalanca visioni assolute che l’America da un secolo protegge.
SUD DAKOTA: BUFALI E PIANURE
Si chiamano Great Plains, Grandi Pianure, e tagliano in due gli Stati Uniti: da una parte l’est, dall’altra l’ovest, un grande nulla che pare inghiottire ogni cosa. È l’enorme deserto americano che in passato solo esploratori e cercatori d’oro hanno avuto il coraggio di affrontare. In Sud Dakota, un territorio esteso due terzi dell’Italia, vivono poco più di 800 mila persone: non ci sono città, ma solo piccoli centri dalle case basse in mattoni rossi come Hills City, e chilometri di terre senza traffico, spazi per l’agricoltura, parchi e riserve indiane.
Cuore di questo ambiente sterminato e selvaggio sono le Black Hills, sentieri da percorrere a piedi tra foresta e laghi, guglie in granito e il Mount Rushmore National Memorial, con i visi dei presidenti scolpiti nella roccia: Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln. Poi il Crazy Horse Memorial, il volto di Cavallo Pazzo scavato nella montagna in onore dei nativi d’America, e il Custer State Park.
Il punto più alto delle Black Hills (2.200 metri) è l’Harney Peak e lo si raggiunge a piedi lungo un tracciato di poco più di cinque chilometri e mezzo. In auto, invece, la Needles Highway è una strada stretta circondata da pinnacoli (il più famoso, il Needle Eye, ricorda la cruna di un ago), formazioni granitiche che si alzano verso il cielo e si uniscono a formare cattedrali di pietra. Oltre, c’è il Sylvan Lake, un lago verdissimo circondato da boschi e massicci rocciosi, dove fare pesca e kayak.
All’interno del Custer State Park ci sono tracciati per il trekking e per la mountain bike e il Wildlife Loop, quasi 50 chilometri di guida lenta per un fotosafari al tramonto. Ma il vero colpo al cuore del Sud Dakota sono le Badlands National Park, centomila ettari di canyon, gole, fenditure, valli smeraldo e calanchi di roccia calcarea che al tramonto si tingono di rosso, giallo, viola e grigio.
NORD DAKOTA: L’ELOGIO DELLA STRADA
Dal Custer Park si punta a nord. Sono circa sette le ore di auto che servono per raggiungere il Nord Dakota, il meno visitato degli States, una terra dimenticata (o quasi), non convenzionale, dura, difficile da dominare. Eppure, dal 2012, è lo Stato con la crescita più rapida grazie al boom petrolifero.
Non fu certo il petrolio ad attirare nel Nord Dakota il giovane Theodore Roosevelt nel 1883, ma la possibilità di fare un bagno nella natura primitiva, svincolandosi dall’immagine di cittadino bon ton e avvicinandosi allo spirito della Frontiera: “Non sarei mai diventato Presidente se non fosse stato per la mia esperienza in Nord Dakota”. Ed è lo stesso bagno di natura selvaggia a rendere “fortunato” un viaggio in questo stato. A partire dal Theodor Roosevelt National Park, formato da due Unit (South e North) a 70 miglia di distanza una dall’altra e attraversato dalle scenic drive, le strade panoramiche. A nord, a un senso solo, sale una curva dopo l’altra fino all’Oxbow Overlook e allo Sperati Point. Il paesaggio cambia a ogni svolta, le Badlands si mescolano alle praterie, poi canyon, complicate formazioni rocciose e il Little Missouri, che solca la vallata sotto. Intorno, solo bisonti, bufali e cani della prateria.
Più ampia, la Scenic Loop Drive: nella sezione sud parte dal Medora Visitor Center. La strada taglia il paesaggio selvaggio e non si contano i punti di sosta su vedute inaspettate. Magico il Wind Canyon, da dove inizia una breve passeggiata che porta in cima a un promontorio.
Medora, con la sua allegra vivacità in stile western, è alle porte. La cittadina, un tempo abitata dai pionieri e oggi in parte ricostruita, vale una sosta. Per assaporarne l’atmosfera, la sistemazione più suggestiva e centrale è il Rough Riders Hotel, costruito nel 1885 e recentemente ristrutturato. Alla sera si prenota un posto a sedere al Medora Musical, il Greatest Show in stile western che si tiene nell’anfiteatro all’aperto affacciato sulle Badlands. L’ultimo drink è al Little Missouri Saloon.
MONTANA: LA TERAPIA DEL CIELO
Lo chiamano the Big Sky Country, il paese dal cielo grande: è una terra aspra, umile e potente il Montana. C’è uno spirito di frontiera, ma anche pace, la bellezza del paesaggio che rallenta il polso. Ci sono i grizzly, i bisonti e le alci. C’è il maestoso National Glacier Park, che tutti conoscono, e ci sono i tesori nascosti che solo gli insider frequentano. Come Bighorn Canyon National Recreation Area, considerato il canyon più suggestivo e grandioso delle Northern Rockies. Terra rossa attraversata da cavalli mustang allo stato brado, rocce a strapiombo e un canyon vertiginoso dove, in mezzo, scorre un nastro di acqua blu per lo sci d’acqua. Intorno, calma immobile. Nel Bighorn River, una delle più importanti tra il water del West, si può andare a pesca di trote fario e iridee. Le stesse che si assaggiano da Ten, ristorante del The Northern Hotel, a Billings. Una città a dimensione umana, vivace e sorprendente, anche dal punto vista gastronomico grazie a una nuova generazione di gourmet. Quella del giovane Ben Harman è una cucina che lui stesso definisce new american. Chef e proprietario di The Fieldhouse, serve ricette fresche e leggere con ingredienti a chilometro zero.
Billings è anche un insieme di boutique western chic, ottime birrerie artigianali (come Montana Brewing Company), loft che raccolgono il meglio del vintage Usa (Marketplace 3301) e botteghe. Un nome su tutti: Ritch Rand, uno dei più noti e apprezzati produttori di cappelli da cowboy.
Da Billings, in un paio d’ore, si raggiunge Miles City, piccola e antica cittadina dallo spirito western, meta dei primi mandriani che partivano dal Texas per raggiungere il Montana. Al piano superiore di Miles City Saddlery, un museo riunisce antiche selle lavorate a mano dai maestri sellai. Mentre al Range Riders Museum si concentra la storia del Montana, dai nativi ai pionieri.
WYOMING: VIVERE DA COWBOY
Sulla sua bandiera c’è la sagoma di un bisonte, ma il simbolo del Wyoming è un cowboy a cavallo con il cappello in mano. È l’emblema dell’uomo forte che si prende cura delle mandrie e sussurra ai cavalli con il copricapo Stetson, la camicia a quadri, il bolo-tie, la cravatta di cuoio. Lo si vede nei ranch al lavoro, scatenato al rodeo o, a volte, a fare shopping. Da Bits & Spurs, a Sheridan, trova speroni su misura, i più apprezzati d’America: li firmano Tom Balding e la sua équipe, artigiani della bellezza e della precisione, e li indossano cowboy e cowgirl quando, la sera, gareggiano al rodeo.
La prima esibizione a premi ospitata nel Wyoming fu dopo la guerra civile americana, nel 1872. Tra il 1890 e il 1910 divennero spettacoli pubblici, spesso associati al Wild West Show in cui si esibivano vere e proprie star come Buffalo Bill e Annie Oakley. Oggi, tra Sheridan, Buffalo e Cheyenne (che ospita il più grande rodeo al mondo) basta informarsi agli uffici del turismo per conoscere le date in calendario.
Allenarsi alla sella? Si può vivere qualche giorno in un ranch e prendere parte a una vera e propria Cattle Drive, la transumanza delle mandrie, oppure galoppare nella natura con le uscite proposte dal Ta Guest Ranch. I proprietari organizzano anche escursioni storiche al Fort Laramie National Historic Site, la più importante postazione militare delle grandi pianure del nord, e alla Devils Tower, montagna considerata sacra dagli indiani Cheyenne e Sioux. La luce filtra tra gli alberi e si cammina in silenzio al cospetto di quel monolite che emana energia. La si accoglie, consapevoli che non si spegnerà, nemmeno quando si tornerà sotto il cielo italiano.
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Sono trascorsi esattamente 100 anni da allora e oggi, dopo mesi di eventi celebrativi, i festeggiamenti entrano nel culmine e, tra il 25 e il 28 agosto, tutti i parchi americani, dalla West Coast alla East Coast, saranno accessibili gratuitamente e saranno visitabili con tour guidati in bicicletta o a piedi (per conoscere il calendario di eventi, basta visitare i siti ufficiali www.nps.gov e www.park100.com).
Per quest’importante appuntamento, DOVE vi accompagna in un viaggio on the road, secondo la più schietta tradizione a stelle e strisce, lungo le highway desolate della Real America, dal Sud Dakota al Nord Dakota e dal Montana al Wyoming, alla scoperta di quei parchi americani dove il turismo di massa non è ancora arrivato. Guarda le foto del viaggio nella gallery. Qui, la linea dell’infinito e il senso dell’immenso, ancora oggi, come al tempo dei pionieri, spingono alla conquista del grande West americano. Scenari grandiosi e distese di nulla: un paesaggio potente che spalanca visioni assolute che l’America da un secolo protegge.
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Si chiamano Great Plains, Grandi Pianure, e tagliano in due gli Stati Uniti: da una parte l’est, dall’altra l’ovest, un grande nulla che pare inghiottire ogni cosa. È l’enorme deserto americano che in passato solo esploratori e cercatori d’oro hanno avuto il coraggio di affrontare. In Sud Dakota, un territorio esteso due terzi dell’Italia, vivono poco più di 800 mila persone: non ci sono città, ma solo piccoli centri dalle case basse in mattoni rossi come Hills City, e chilometri di terre senza traffico, spazi per l’agricoltura, parchi e riserve indiane.
Cuore di questo ambiente sterminato e selvaggio sono le Black Hills, sentieri da percorrere a piedi tra foresta e laghi, guglie in granito e il Mount Rushmore National Memorial, con i visi dei presidenti scolpiti nella roccia: Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln. Poi il Crazy Horse Memorial, il volto di Cavallo Pazzo scavato nella montagna in onore dei nativi d’America, e il Custer State Park.
Il punto più alto delle Black Hills (2.200 metri) è l’Harney Peak e lo si raggiunge a piedi lungo un tracciato di poco più di cinque chilometri e mezzo. In auto, invece, la Needles Highway è una strada stretta circondata da pinnacoli (il più famoso, il Needle Eye, ricorda la cruna di un ago), formazioni granitiche che si alzano verso il cielo e si uniscono a formare cattedrali di pietra. Oltre, c’è il Sylvan Lake, un lago verdissimo circondato da boschi e massicci rocciosi, dove fare pesca e kayak.
All’interno del Custer State Park ci sono tracciati per il trekking e per la mountain bike e il Wildlife Loop, quasi 50 chilometri di guida lenta per un fotosafari al tramonto. Ma il vero colpo al cuore del Sud Dakota sono le Badlands National Park, centomila ettari di canyon, gole, fenditure, valli smeraldo e calanchi di roccia calcarea che al tramonto si tingono di rosso, giallo, viola e grigio.
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Dal Custer Park si punta a nord. Sono circa sette le ore di auto che servono per raggiungere il Nord Dakota, il meno visitato degli States, una terra dimenticata (o quasi), non convenzionale, dura, difficile da dominare. Eppure, dal 2012, è lo Stato con la crescita più rapida grazie al boom petrolifero.
Non fu certo il petrolio ad attirare nel Nord Dakota il giovane Theodore Roosevelt nel 1883, ma la possibilità di fare un bagno nella natura primitiva, svincolandosi dall’immagine di cittadino bon ton e avvicinandosi allo spirito della Frontiera: “Non sarei mai diventato Presidente se non fosse stato per la mia esperienza in Nord Dakota”. Ed è lo stesso bagno di natura selvaggia a rendere “fortunato” un viaggio in questo stato. A partire dal Theodor Roosevelt National Park, formato da due Unit (South e North) a 70 miglia di distanza una dall’altra e attraversato dalle scenic drive, le strade panoramiche. A nord, a un senso solo, sale una curva dopo l’altra fino all’Oxbow Overlook e allo Sperati Point. Il paesaggio cambia a ogni svolta, le Badlands si mescolano alle praterie, poi canyon, complicate formazioni rocciose e il Little Missouri, che solca la vallata sotto. Intorno, solo bisonti, bufali e cani della prateria.
Più ampia, la Scenic Loop Drive: nella sezione sud parte dal Medora Visitor Center. La strada taglia il paesaggio selvaggio e non si contano i punti di sosta su vedute inaspettate. Magico il Wind Canyon, da dove inizia una breve passeggiata che porta in cima a un promontorio.
Medora, con la sua allegra vivacità in stile western, è alle porte. La cittadina, un tempo abitata dai pionieri e oggi in parte ricostruita, vale una sosta. Per assaporarne l’atmosfera, la sistemazione più suggestiva e centrale è il Rough Riders Hotel, costruito nel 1885 e recentemente ristrutturato. Alla sera si prenota un posto a sedere al Medora Musical, il Greatest Show in stile western che si tiene nell’anfiteatro all’aperto affacciato sulle Badlands. L’ultimo drink è al Little Missouri Saloon.
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Lo chiamano the Big Sky Country, il paese dal cielo grande: è una terra aspra, umile e potente il Montana. C’è uno spirito di frontiera, ma anche pace, la bellezza del paesaggio che rallenta il polso. Ci sono i grizzly, i bisonti e le alci. C’è il maestoso National Glacier Park, che tutti conoscono, e ci sono i tesori nascosti che solo gli insider frequentano. Come Bighorn Canyon National Recreation Area, considerato il canyon più suggestivo e grandioso delle Northern Rockies. Terra rossa attraversata da cavalli mustang allo stato brado, rocce a strapiombo e un canyon vertiginoso dove, in mezzo, scorre un nastro di acqua blu per lo sci d’acqua. Intorno, calma immobile. Nel Bighorn River, una delle più importanti tra il water del West, si può andare a pesca di trote fario e iridee. Le stesse che si assaggiano da Ten, ristorante del The Northern Hotel, a Billings. Una città a dimensione umana, vivace e sorprendente, anche dal punto vista gastronomico grazie a una nuova generazione di gourmet. Quella del giovane Ben Harman è una cucina che lui stesso definisce new american. Chef e proprietario di The Fieldhouse, serve ricette fresche e leggere con ingredienti a chilometro zero.
Billings è anche un insieme di boutique western chic, ottime birrerie artigianali (come Montana Brewing Company), loft che raccolgono il meglio del vintage Usa (Marketplace 3301) e botteghe. Un nome su tutti: Ritch Rand, uno dei più noti e apprezzati produttori di cappelli da cowboy.
Da Billings, in un paio d’ore, si raggiunge Miles City, piccola e antica cittadina dallo spirito western, meta dei primi mandriani che partivano dal Texas per raggiungere il Montana. Al piano superiore di Miles City Saddlery, un museo riunisce antiche selle lavorate a mano dai maestri sellai. Mentre al Range Riders Museum si concentra la storia del Montana, dai nativi ai pionieri.
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Sulla sua bandiera c’è la sagoma di un bisonte, ma il simbolo del Wyoming è un cowboy a cavallo con il cappello in mano. È l’emblema dell’uomo forte che si prende cura delle mandrie e sussurra ai cavalli con il copricapo Stetson, la camicia a quadri, il bolo-tie, la cravatta di cuoio. Lo si vede nei ranch al lavoro, scatenato al rodeo o, a volte, a fare shopping. Da Bits & Spurs, a Sheridan, trova speroni su misura, i più apprezzati d’America: li firmano Tom Balding e la sua équipe, artigiani della bellezza e della precisione, e li indossano cowboy e cowgirl quando, la sera, gareggiano al rodeo.
La prima esibizione a premi ospitata nel Wyoming fu dopo la guerra civile americana, nel 1872. Tra il 1890 e il 1910 divennero spettacoli pubblici, spesso associati al Wild West Show in cui si esibivano vere e proprie star come Buffalo Bill e Annie Oakley. Oggi, tra Sheridan, Buffalo e Cheyenne (che ospita il più grande rodeo al mondo) basta informarsi agli uffici del turismo per conoscere le date in calendario.
Allenarsi alla sella? Si può vivere qualche giorno in un ranch e prendere parte a una vera e propria Cattle Drive, la transumanza delle mandrie, oppure galoppare nella natura con le uscite proposte dal Ta Guest Ranch. I proprietari organizzano anche escursioni storiche al Fort Laramie National Historic Site, la più importante postazione militare delle grandi pianure del nord, e alla Devils Tower, montagna considerata sacra dagli indiani Cheyenne e Sioux. La luce filtra tra gli alberi e si cammina in silenzio al cospetto di quel monolite che emana energia. La si accoglie, consapevoli che non si spegnerà, nemmeno quando si tornerà sotto il cielo italiano.
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