Abituata a trascorrerla sempre in famiglia, riempita di uova e ciciulì, con gli occhi colmi di processioni e sepolcri, l’idea di passare la Pasqua nel Biellese, dall’altro capo dello stivale, mi suonava sin dal principio piuttosto bizzarra. Come fare il bagno nella riviera romagnola per un siciliano. Paradossale. Ma non paradossale è la metafora, perché siciliana io lo sono. Curiosità e aspettative, dunque, per questo breve tour firmato ViaggieMiraggi.
Biella S. Paolo. La stazione è il punto di ritrovo e di arrivo per chi come me ama percorrere sentieri sui binari. Ci aspetta Enrico, incarnazione di ViaggieMiraggi e nostra guida. Ci raccogliamo tutti, puntuali come degli svizzeri, e il clima appare subito cordiale, riscaldato dalle festa di alcuni viaggiatori – Francesco, Marisa, Carla – che si ritrovano inaspettatamente dalle precedenti avventure in Armenia. Il sole fa il resto. Ci dirigiamo subito verso il nostro campo base, la Fondazione Pistoletto, riparo per viandanti occasionali ma soprattutto per artisti, rispettando le intenzioni di chi ne ha deciso il ritorno alla vita: Michelangelo Pistoletto, di Biella originario.
Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, ex lanifico Trombetta lungo il torrente Cervo, contiene non solo la personale dell’artista biellese ma offre anche spazi a idee e progetti che mettono in relazione arte e società affinché influenzino le trasformazioni del nostro tempo e rendano l’operato dell’uomo compatibile con l’ambiente naturale. Luoghi rinnovati si alternano ad altri simili ai parecchi complessi di archeologia industriale sparsi per l’Italia.
Approfittando del cielo sereno e dell’aria calda, decidiamo di andare subito all’agriturismo Ca’ d’Andrei che, a dispetto di numerosi casolari graziosi ma poco autentici, è il posto di chi con la natura e gli animali ci lavora davvero, dal 1996. Giornate lunghe e regole ferree: precetti bio per orto e animali. L’anima infatti è l’attività agricola dell’azienda ma, dopo aver gustato un abbondante e ottima cena, si può dire lo stesso della ristorazione. Annaffiati dal nebbiolo – grazie, Aldo, e ancora buon compleanno – e rimpizati da tutto quello che la campagna circostante poteva offrirci, iniziamo un po’ a conoscerci. I più temerari propongono un dopo cena al birrificio Menabrea a cui non potevo certo sottrarmi. Con Enrico, Francesco ed Emanuele ci si prende una media, tanto per dormire meglio.
Il secondo giorno lo si dedica a Biella, a quella che fu la sua storia industriale, al centro storico, al borgo del Piazzo. Una città da amare e che non si fa amare. Tante le case e i lanifici rovinati dall’abbandono e dalla crisi, forte il fermeto e il potenziale di un movimento resistente che ha a cuore il territorio e che scommette sulla sua rinascita economica e sociale. Perla della mattina l’incontro con il Conte Alberti La Marmora: una lezione di storia d’Italia tra le mura del Palazzo di famiglia ora diventato Museo.
Si cambia registro al pranzo pasquale, disteso e festoso come ogni domenica che si rispetti. Il merito va a Hosnara, incredibile cuoca bengalese, che ha preparato ogni ben di dio ospitandoci in casa sua. Un home restaurant da leccarsi i baffi. Pressappoco tutti superano l’ostacolo delle spezie e ci alziamo dopo un paio d’ore, proprio come si fa dalla nonna. Bisogna però digerire. Lo facciamo visitanto il Duomo e il Battistero prima, e il ricetto di Candelo poi. Prima che si faccia sera e che la pioggia ci investa, passeggiamo nella savana biellese: la Riserva delle Barragge di cui solchiamo estese praterie. Pioggia, pizza e nanna. Pasqua volata e si punta alla Pasquetta.
Ultimo giorno. Tutti sentiamo qualche chiletto in più. Fortuna che il piano è camminare per il Parco della Burcina, collina tra Pollone e Biella intitolata a Felice Piacenza, industriale e appassionato di botanica e per questo ideatore dello spazio verde acquistato a suo tempo dal padre. Si sale, la cima ci aspetta. Giuseppe scatta instancabilmente per catturare espressioni di luoghi e persone. Qualcuno si ferma prima come Stefania e Anna, il resto prosegue: a metà non ci si ferma e vogliamo risvegliare l’appetito prima dell’ultimo pasto da consumare insieme.
Conquistata la vetta, si riscende verso Piazzo, all’Osteria Due Cuori, angolo di pace e di piatti raffinati e freschi, un tempo forno di torcetti che vende ancora oggi seguendo l’antica ricetta. Mi siedono vicini Silvana, Emanuele, Carla, Aldo, Luisa, Maria. È con loro che scambio le ultime chiacchiere prima dei saluti, veloci ma calorosi. Siamo stati tutti bene ne sono certa ed è a tutti – Francesco, Marisa, Giuseppe, Stefania, Silvana, Emanuele, Carla, Aldo, Anna, Maria e Luisa – che vanno ancora i miei abbracci sperando di vederci in un nuovo viaggio. A Enrico va la gloria, quella di chi ha saputo ben condurre e fare appassionare di una Biella che può fare a meno della “i”.
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via A Pasqua la Biella che non ti aspetti
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